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Cushlamochree*! Gloria a Barnaby, a Crockett Johnson, alla rivolta mistica
> Il primo uomo è il primo visionario… Che cosa sono i bambini se non i primi > uomini? > > (Novalis, Frammenti magici) Ogni bimbo dovrebbe aver conosciuto qualcosa come un fato padrino. Lode a Peter Lamborn Wilson/ Hakim Bey che ce l’ha ricordato. In bel saggetto sui comics (ne La vendetta di Zarathustra. Il nuovo nichilismo e altri saggi, Ampère Books, 2023).  Chi scrive ha avuto il suo. Se non ci credete mancate di immaginazione autentica. E andate al diavolo. * Comunque, è il 20 aprile 1942 quando Mr. O’Malley, fato padrino e membro regolare della Società degli Elfi, Gnomi, Nani e nanerottoli**, ruzzola ai piedi del letto del suo protégé, Barnaby Baxter. È il contributo di Crockett Johnson (al secolo David Johnson Leisk) all’arte delle comic strips. Per alcuni, Dorothy Parker in testa, un contributo così grosso alle arti e lettere americane che non si vedeva da un sacco di tempo. Barnaby, striscia apparsa dal 1942 al ’46, con ripresa dal ’47 al ’52, dove il cartoonist Johnson, comunista schivo con all’attivo una sola strip incompiuta (The little man with the eyes) appiccia una santabarbara d’incantesimi sballati, rivolta à la Jean Vigo, seconda vista, presa per i fondelli del sistema. Che spira nei comics aromi della Scozia del “cappellano delle fate” Robert Kirk, dell’Irlanda dei James, Stephens e Joyce. Se credete che tutto questo non ci possa stare in poche strisce leggetela, ravvedetevi. In italiano poca cosa. Trovate l’edizione pocket Oscar Mondadori (1970), cioè quel che uscì su “Il Politecnico” e “Linus”,con ottima introduzione di Oreste del Buono (ma l’interpretazione di Hakim Bey è vincente). Non copre neanche la lunghezza del primo dei cinque splendidi volumi usciti per l’americana Fantagraphics. * I I tuoi guai sono finiti, ora a te ci pensa O’Malley. Basta poco a Barnaby per iniziarsi all’immaginazione creatrice. Una favola da buonanotte letta dalla mamma con scarsa partecipazione e coda razionalista (non esistono fate madrine) ed è già partito. E (poveri adulti insipienti) non una fata madrina gli ruzzola scomposta in camera, bensì Mr. O’Malley, fato padrinoautorizzato (fairy in inglese è neutro). Tappetto flaccido fasciato d’un paltò verde-Irlanda, borsalino incollato sulla testa tonda, un paio d’alucce da fatina appena sufficienti a voli sghembi. Impasto di prosopopea da pub, sbruffonaggine, maldestrezza e comicità involontaria, armato di una (inutile) Guida pratica del fato padrino, come bacchetta un sigaro smozzicato, incline all’autoincensamento, questo trickster bonario e fanfarone innesca il caos ad ogni striscia. E dopo averlo provocato mai incantesimo che vada a segno, mai soluzione che non sia lambiccata inefficace. E mai che in Barnaby s’incrini la fiducia nel suo fato padrino. Se tutto finisce in qualche modo sempre per il verso giusto, Mr. O’Malley, mistagogo e ciarlatano, atarassico chiosa col “come volevasi…”. Bastava lui a tirare avanti la striscia. Ma è opportuno che, aperta una fenditura nella materia ottusa detta realtà, la fantasia creatrice ne tiri fuori quello che le pare. Il cane Martino (Gorgon), dono di Mr. O’Malley. Sa parlare (ma non lo fa davanti ai signori Baxter). E ne è talmente entusiasta da infliggere estenuanti insipide storielle agli altri due. Gus, fantasma forbito quattrocchi (e fifone). Attento al decoro che il ruolo gli impone (fu attore in vita) ha una borsa con catene e sudari puliti. Amico di vecchia data di Mr. O’Malley. Il più divertente, il leprecauno irlandese purosangue Lancelot McSnoyd, vera nemesi di Mr. O’Malley. Invisibile, si vede solo il fungo sul quale (si presume) sta seduto. Parlata strascicata, strafottente, titolare di immense quantità d’oro importate dal vecchio mondo, bramate dal buon fato padrino. Che con McSnoyd ingaggia assurde logomachìe, uscendone sempre gabbato e sbertucciato. Con dispiacere di Barnaby. E tanti altri. Gli adulti? Ilici  non iniziati, genuflessi al più bigio  behaviour del tempo. Mr. O’Malley? semplice (pericolosa) fissa infantile, lì lì per divenire turba psichica. E si che segni concreti della sua esistenza disseminati nelle strisce ce ne sono. Ma di fronte alla visione negano, rimuovono, demitizzano. Un grosso uccello: così papà Baxter quando gli sfreccia davanti alla finestra. E Barnaby è dato in pasto agli arconti di questo mondo, Scuola Scienza Autorità. Fra questi lo psicanalista Smith (nomen omen di sapore impersonale) campione della più vieta scolastica post-freudiana, che somministra al piccolo logici test provvidenzialmente incasinati sovvertiti dall’intervento di Mr. O’Malley. Hanno occhi e non vedono. Solo gli adulti? No. Profondità di Crockett Johnson che crea Jane Schultz, bimba pragmatica e compagna d’avventura di Barnaby. Sebbene veda (e creda indubitabilmente), semplicemente trova fato padrino e compagnia “poco interessanti” (leggi “poco utili”). Realtà data-Pragmatismo-Utile: il trino Urizen additato da Crockett Johnson/William Blake, che uccide l’immaginazione creatrice. * II In Crockett Johnson il tratto è semplice. Pulizia estrema, economia di segni, implacabile efficacia nelle espressioni. A differenza di altri titani delle comic strips, nessun paesaggio/layout da mundus imaginalis. Né i brulli lunari spazi da metafisica del caos della contea di Coconino di George Herriman (Krazy Kat). Né preziose architetture tra art nouveau e Monsù Desiderio à la Winsor McCay (Little Nemo). Né il sonnacchioso hortus conclusus nella palude di Okefenokee di Walt Kelly (Pogo). Solo ambienti “ordinari”: tipica townhouse americana, cameretta cucina scantinato. L’esterno: il giardinetto di casa, lo studio dello psicanalista, la scuola… frusti topoi d’ immaginario americano medio. Per esaltare la redenzione, il reincanto del mondo. Perché altrimenti? * III Barnaby ha un gemello. Anche se più piccino. Harold and the purple crayon (1955), silent book che porta a Johnson il successo fuori dagli States (trovate tutta la serie ottimamente curata dai bravi coraggiosi di Camelozampa). A differenza del primo, Harold stringe salda una sua bacchetta magica-matita viola. Evoca un mondo, si crea da sé ostacoli, mostri, mari e tempeste. Si consacra re, si fa pilota e domatore. E il mondo che crea nelle sortite notturne è più vero del vero, azzardo, gioco serio, veggenza bambina. Barnaby e Harold. L’esteriorità che viene all’immaginazione, l’immaginazione che suscita realtà. Li metti insieme e hai l’idealista magico (Novalis). IV Nona arte? Accade spesso che un limite imposto al genio susciti forze, strategie occulte impensate. Ce ne volevano per smarginare i limiti draconiani delle comic strips. Più di ogni astratta considerazione su arte e no, prendete l’incompiuta Kin der kids del tedesco-americano Lyonel Feininger (riedita da Oblomov). Tre sovrumani discoli mocciosi a zonzo su una vasca da bagno, incalzati da zia pedante (autorità) e cuginetto untuoso (cittadino modello) a bordo di una mongolfiera (ratio illuminista); un sinistro demiurgo dal design geniale, Mysterious Pete; più l’esplosione eliogabalica di colori margini architetture ad ogni tavola. Sovversione pura. Altro che neoavanguardie. Arte o non arte? Al diavolo, semplicemente una striscia troppo bella per durare (Hakim Bey). Il suo autore le preferì la più “rispettabile” professione di pittore. (Discepoli dei titani oggi? Forse l’ironico scoliaste Chris Ware o il max ernstiano Tony Millionaire). Certo aveva buone ragioni Harold Bloom a fulminare cultural studies ed equiparazione di fumetti e Milton. Ma questi li avrà mai letti? * V Profondità joyciana, genio cripto-rivoluzionario. Così Hakim Bey su Barnaby. Noi suggeriamo di più. Frammento di escatologia realizzata e caparra di realtà nuova. Mr. O’Malley, foolish man dei tarocchi e scimmiotto di Wú Ch’eng-ēn, coi suoi atti/koan assurdi rovescia la realtà, induce ben più che a una coscienza superiore. Piuttosto un viaggio per un imprevedibile slumberland, che non sarà se non ciò che fantasia comanda. Ne abbiamo abbastanza del senex.  Ci basta il puer. E anche quello sciolto da psicologismi, antropologismi, tradizionalismi, ismi… ismi… Barnaby, puer di quarta ecologa, Galahad in surreale quȇte assolta da compiti e premi. La vera libertà erra al di là di processi storici. Se le va, erompe dal naïf di una striscia. Il marxista americano Crockett Johnson lo sapeva? Crediamo di si. E una volta sbirciatala, tornato ai dark satanic mills del sogno americano non si è sentito di continuare. Compiuti i sei anni Barnaby non ha più bisogno di un Fato padrino. Il pastello viola in un cassetto. Scansato l’azzardo mistico, passerà a dipingere astrazioni matematiche (ma grazie Crockett, ci vedremo nella Novità). Ma, a chi è oppresso da questa dannata realtà quanto dall’ombra di un’eternità fissa salmodiante, farebbero comodo un fato padrino e un pastello viola. Per sovvertire il mondo, fare punto e a capo. E disegnare i baffi a Dio che dorme. *Dal gaelico cuisle mo chroide, traducibile come battito del mio cuore. Entrata in scena del fato padrino O’ Malley, la ripete in ogni circostanza. **Traduzione italiana, non troppo azzeccata, per Elves, Leprechauns, Gnomes, and Little Men’s Chowder & Marching Society Appello Se qualche piccolo editore si prendesse la bega di acquisire gli impianti di Fantagraphics sarebbe cosa buona e giusta. Certo, foliazione dei cinque volumi e cecità del mercato italico alle vecchie strisce non incoraggiano. Sarebbe l’ottimo… che però è nemico del bene. Allora ci rivolgiamo anche ai “grandi dignitari” del mercato nostrano. Rabdomanti delle vendite, avete anche voi le vostre belle collane di fumetti, eroi mutandati, infiniti manga, teen drama, rigorosamente politically correct e tutti patinati purché uguali. Mettevi un fiorellino all’ occhiello e, per una volta, ripulitevi un po’ immagine e cocienza. Tanto a voi che vi costa? Insomma, ripubblicate Barnaby come si deve. Giacomo Alessandrini L'articolo Cushlamochree*! Gloria a Barnaby, a Crockett Johnson, alla rivolta mistica proviene da Pangea.
September 25, 2025 / Pangea