Solitario, filosofo, cristiano. Note su Giacomo Casanova

Pangea - Monday, November 3, 2025

Ho sempre trascurato se non, meglio, snobbato il nome di Giacomo Casanova, ritenendo la pur celebre Histoire de ma vie, l’unica opera sua conosciuta anche dai non specialisti, soltanto una delle tante memorie del Settecento, che poco o più tosto nulla avrebbero potuto nutrire chi come me si occupava con pretese e ambizioni di cultura europea.

Non andai nemmeno a curiosare, né pigliai alcun appunto, quando, molti anni fa, lessi, non ricordo più dove, una pur curiosa allusione per cui nell’Histoire l’autore avrebbe riferito di una sua esperienza mistica coincidente con le classiche del genere. Era la forza del pregiudizio coartata da, mi sarei accorto, leggende e vaniloqui anche e sopra tutto di intellettuali, come sempre informatissimi e autorevoli.

Ebbi poi quello che sarebbe stato, senza ch’io lo potessi presagire, l’ultimo e sereno colloquio con l’amico d’oltre diciassett’anni, alquanto noto a chi bazzichi librerie, il quale mi avrebbe di lì a pochissimo giocata un’infilata di delusioni a freddo tale da imporre una drastica e irricomponibile rottura. Mi parlò delle memorie, e proprio mentre stavo sondando il secolo di Casanova. In quelle pagine, mi disse, oltre a molto spasso, troverai biblioteche di notizie sul Settecento in ogni suo aspetto.

Se dell’uomo, come avrei scoperto, non c’è da fidarsi, dello studioso in massima parte sì; sicché mi procurai in breve la traduzione – Storia della mia vita – di Piero Chiara e Roberto Fertonani, stampata nei ‘Meridiani’, che trovai nuova a un prezzo vantaggiosissimo, e sùbito la attaccai.

Sarebbe assai presto venuto il giorno di un biasimo contro Chiara e il suo allora famiglio, che ancor dura; all’epoca l’introduzione dello scrittore italiano fu però un ottimo abbrivio, che m’ingolosì più di quanto non avesse fatto la chiacchierata col mio primo informatore. Restavano tuttavia sprazzi di diffidenza, che sperai di veder dileguare: e fu quanto accadde dopo le primissime pagine.

Fui sùbito risucchiato in una vertigine di stupefazione, che si dilatava e accelerava. A ogni pagina ogni singola voce giuntami su Casanova dai soliti autorevoli commentatori e intellettuali, veniva sbugiardata, inchiodata alla sua mendacità, al suo pressappochismo, depistaggi e fraintendimenti erano svergognati. Che cosa avevano letto? Come lo avevano letto? Nulla del gabbamondo, del lestofante, del vago predone d’alcove, dell’avventuriere propalato resta all’inpiedi se solo si legga quell’autobiografia.

La figura emergente dalla Storia è di un essere umano che ha vissuto nella sequela, afferma egli stesso, della Divina Provvidenza e che presenta sé stesso, sin dai primi rintocchi, quale cristiano e filosofo. E se si può discutere del suo cristianesimo (un cristianesimo a ogni buon conto certo assai più cristiano di quello di tanto sedicenti praticanti cristiani d’oggidì), bisogna in vece senz’altro concedere a Casanova lo statuto di philosophe, senza tuttavia le imposture le ossessioni e i pregiudizii della più parte di quelli.

Egli bensì annette all’Histoire le avventure – così come, si badi, le disavventure, e molte – muliebri, ma il racconto non è mai fine a sé stesso. Casanova non scrive per vantarsi delle sue conquiste (peraltro non moltissime: altro dato da scoprire) o per amore di riferire storie pruriginose con cui accalappiare il lettore e perché altro non ha da dire, altro non pensa, come un qualsiasi Alberto Moravia. Le intenzioni saranno anche per l’amore dell’avventura e di una certa libertà che s’andava reinventando in quel secolo, ma sono funzionali a una visione del mondo, appresa vivendo, anche a traverso i rapporti con le donne.

Casanova si dimostra un filosofo raffinato e costante, osservatore acutissimo e disinteressato di città e uomini, e tra i maggiori cronisti dell’epoca sua e non soltanto. Un uomo e uno scrittore paradossalmente inediti dunque riescono dalla Storia, benché questa sia stampata a chiare lettere e secondo le intenzione dell’autore sin dagli anni Sessanta del XX secolo.

Ìndico questa data giacché per circa un secolo e mezzo le memorie circolarono in versioni appositamente corrotte e mùtile, come ne rende conto Chiara in più contributi. Non possiamo soffermarci sui dettagli. Questo rapido intervento serve soltanto a lanciare una «grida», per dirla con Manzoni, che suoni la sveglia ai molti, troppi pseudolettori di Casanova e a chi ancòra lo trascuri.

Le relazioni con le donne sono state ridotte a manifestazioni priapesche e ossessive ma che sono in vece istruttivissime, tra il molto altro, per una più completa e veridica intelligenza sia delle femmine tout court, sia dei rapporti tra i due sessi nel XVIII secolo, anche a pieno Antico Regime. Le femministe e i femministi spregiatori dell’epoca prerivoluzionaria si vadano a leggere, a esempio, quanto sottomesse al “patriarcato” fossero le donne! Fa di poi sorridere che proprio taluni studiosi casanoviani – categoria assai numerosa e, va detto, nonostante tutto spesso giovevole – mentre bestemmiano a ragione sulle contraffazioni cui accennai, altro non seguitino a fare che a rimasticare le solite stracche e stucchevoli mezze verità e fandonie sul Veneziano e su quel secolo. Ed è credo proprio a cagione d’una completa distorta percezione propalata come verità storica e biografica, che da mesi l’anniversario dei trecento anni della nascita è stato ignorato.

Nemmeno la massoneria, che non perde mai occasione di farsi vanto d’aver avuti nelle sue fila personaggi illustri, a quanto mi consta s’è spesa per il suo ex confratello. Ma oltre al disprezzo per il presunto trattamento riservato da Casanova al genere femminile, ci sono due altre radici della menzogna e dell’oblio.

Ho accennato alla prima, o sia la professione di cristianesimo, per di più cattolico, colpa non perdonabile dagli stinti eredi di Robespierre o di Voltaire. A ciò si aggiunga l’irrefrenabile schifo e orrore nutriti da Casanova per la rivoluzione francese.

Fu complice nella rimozione e nella distorsione esser la Storia escita proprio negli anni, già detti, in cui in Italia e in Europa si stavano caricando i cannoni a letame del Sessantotto, del quale ancor godiamo, rimmarciti, i frutti: abitudini, protervie, ottusità, professori, giornalisti, continuatori, imitatori. Giacomo Casanova non è territorio da annessione, per nessuno, se non a traverso la corruzione. Egli si staglia solitario in tutto il Settecento e nell’intiera storia europea, con la sua nudità di figura unica, forse davvero la sola sciolta autonoma libera.

Suggerisco al lettore volenteroso e curioso di farsi da sé il suo Casanova sguazzando nella Storia e nelle altre splendide opere. Dopo, se vorrà, quando sarà immunizzato, potrà approfondire con la critica e le biografie, che per il momento è meglio lasciare sugli scaffali.

Arriverà prima o poi, mi àuguro, chi voglia mettere la casa in ordine, fare a Casanova – una casa nuova. A cominciare magari dalla stanza da letto.

Luca Bistolfi

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