
“Passione per l’assoluto”. Mistiche, cioè: donne allo stato selvaggio. Dialogo con Lucetta Scaraffia
Pangea - Monday, June 23, 2025Nel 1988 Giovanni Pozzi e Claudio Leonardi pubblicarono, per Marietti, un’antologia di Scrittrici mistiche italiane. Il libro, straordinario, finito fuori dai radar editoriali da tempo –nello schema generale, è riproposto in Mistiche, Magog, 2025, a cura di Alessandro Deho’ –, testimonia una sorta di contro canone della nostra letteratura. Le “mistiche” contemplate da Pozzi e Leonardi – non tutte contemplative, dacché si contempla, come scriveva Cristina Campo, “preparando torte, lavando le stoviglie, prendendosi cura degli altri”; dalle notissime, Angela da Foligno, Caterina da Siena, Veronica Giuliani, alle purissime ignote, Osanna Andreasi, Maria Celeste Crostarosa, Angela Gavazzi – sono state spesso vessate, marginalizzate, processate. Del cristianesimo, propongono la via eccezionale, degli eccessi; la via oscura.
Tra queste, alcune sono state madri e mogli, altre prostitute (Caterina Vannini); Carlo Emilio Gadda preferiva Maria Gaetana Agnesi, “matematichessa e filosofa”, donna d’alto ingegno – insegnò matematica all’Università di Bologna, nel 1750 – che si diede alle opere di carità e alla teologia senza appartenenza ad alcun ordine. Di queste donne, scrittrici per estro e per necessità, sono proprie l’ossimoro e la tautologia, “figure linguistiche di frontiera”, che sfidano “l’ineffabile”. Ossimoriche e tautologiche, piuttosto, sono le “Otto mistiche laiche del Novecento” riferite da Lucetta Scaraffia in Dio non è così (Bompiani, 2025), donne “di frontiera”, “ineffabili”, protagoniste di un
“tipo di esperienza mistica di natura spontanea, oserei dire selvaggia… non nella gabbia di schemi consolidati e accettati, ma con una libertà nuova” (Scaraffia).
Donne di rottura, donne dirompenti.
Alle biografie più attese – Simone Weil, Chiara Lubich, Romana Guarnieri –, redatte con mano partecipe, a tratti impetuosa, seguono profili spiazzanti: quello di Banine, ad esempio, l’audace scrittrice di origine azera che scandalizzò i salotti di Parigi, amante-amica di Henry de Montherlant e di André Malraux, baccante supplice di Ernst Jünger (si legga: Banine, Incontri con Ernst Jünger, De Piante-Terra Insubre, 2021), che nel folgorante diario, Ho scelto l’oppio (Massimo, 1965; riprodotto in parte dalle edizioni Magog, 2022), racconta la catabasi nella conversione (fino al desiderio di sedurre il proprio confessore). Il libro è aperto dal profilo di Catherine Pozzi, poetessa di vitrea sapienza, amata da Paul Valéry – che, in sostanza, non la capì –, amica di Rilke, pari, per vertigine, secondo Michel de Certeau, alla grande mistica Hadewijch. “Essere donne, essere in un certo senso sempre irregolari, dà a tutte una ampiezza di vedute che la porta a scelte innovative”, scrive la Scaraffia: l’abbiamo contattata. Non credo sia un caso la citazione, in esergo, di Benedetto XVI: “Querere Deum – cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui”. Era il settembre del 2008, il santo padre parlava a Parigi, al Collège des Bernardins.
“Una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa Dio, sarebbe la capitolazione della ragione”.
Disse questo, tra l’altro.

Circoscriviamo il termine. Cosa intende per “mistica”?
Per mistica intendo passione per l’assoluto, ricerca di raggiungere un contatto personale con l’assoluto.
Quando parla di mistica “selvaggia” mi ricorda Paul Claudel che aveva coniato, a proposito di Rimbaud, la formula “mistico allo stato selvaggio”. Come dobbiamo dunque intendere la mistica “femminile”?
Mistica selvaggia perché è esperienza vissuta al di fuori dei codici imposti dalla religione, che ha cercato di controllare l’esperienza mistica e di certificarla distinguendola in buona e cattiva, cioè demoniaca. Queste otto donne non erano alla ricerca di una codificazione da parte religiosa istituzionale, sia perché non erano religiose professe sia perché se lo potevano permettere: nel ’900 non correvano più il pericolo di venire punite come eretiche. Una libertà dalla religione istituzionale che si configura anche come libertà dal controllo maschile. Per questo penso che fossero tutte, più o meno consapevolmente, femministe: del resto lo prova la loro vita.
Proseguendo e variando la domanda precedente: la mistica esprime il proprio misticismo attraverso il linguaggio, oppure nell’agire nel tempo? Insomma, qual è il carisma del misticismo?
Esistono diversi tipi di misticismo, anche se quello più noto è quello certificato dal linguaggio, cioè dal racconto diretto delle esperienze mistiche. Queste donne, quasi tutte fini intellettuali, hanno raccontato la loro esperienza per scritto, in modi diversi fra di loro, e con modalità diverse da quelle tradizionalmente attribuite alla narrazione dell’esperienza mistica. Proprio per questo svolge un ruolo importante anche la loro vita che, in tutti i casi, dimostra la possibilità di sperimentare un rapporto intenso con l’assoluto all’interno di vite normali, segnate da una professione, spesso una famiglia e comunque anche rapporti intensi e perfino trasgressivi con uomini. In questo si misura tutta la loro libertà.

Mistica, di solito, si lega a un pensare e a un vivere eterodosso. È davvero così? Perché?
In realtà, nella storia del cristianesimo, mistica si lega a una vita super ortodossa, rinchiusa al mondo, dedicata a una ascesi totale. Il controllo esercitato sulle mistiche imponeva loro di provare la verità del rapporto con il divino attraverso una vita di rinunce. Lo stile di vita eterodosso, legato a una mistica che possiamo definire “selvaggia”, nasce dalla particolare posizione morale in cui si trova a vivere chi sperimenta queste esperienze, al di sopra del bene e del male.
Le mistiche sono un punto permanente di contraddizione. La loro, mi pare, è la purezza nell’impurità. In questo, sono autenticamente ‘cristiane’. Mi sbaglio? Eppure, come penetra il ‘religioso’, la danza dell’invisibile, nella biografia delle donne di cui scrive?
Certo le loro biografie sono ricche di contraddizioni. Il religioso penetra come ricerca di qualcosa di più, di un amore assoluto del quale provano una sete inesauribile, quasi dolorosa.
La mistica e la Storia. Come si colloca l’esperienza, singolarissima, delle ‘sue’ donne nelle temperie del secolo, del mondo, del mondano?
Le mie donne sono completamente immerse nel mondano, nella storia del loro tempo, fino alla fine. L’esperienza mistica non le pone fuori dal mondo, ma suggerisce loro una lettura diversa del mondo in cui vivono e in cui continuano a vivere. Una lettura che comunicano agli altri, attraverso poesie, diari, saggi, lettere, assolutamente originali.
Quale, tra le figure che ha scelto, l’ha sorpresa per l’audacia, per la ‘sconvenienza’?
Direi Banine, la musulmana atea che nei suoi libri autobiografici racconta con ironia di avere fatto quello che noi oggi chiamiamo la escort, che non rinnega niente della sua vita avventurosa e difficile, e che sa far crescere la sua sete di conoscenza intellettuale in sete di conoscenza mistica e raccontarla.
Mi pare, a bracciate, che la mistica italiana più mistica di tutte, per anomalia, sia Cristina Campo. Lei non l’ha rubricata, non l’ha detta. Come mai?
Certo che ho letto Cristina Campo, che amo moltissimo. Ma più che una mistica mi è sembrata una cacciatrice di misticismo, che sa riconoscere a raccontare, e soprattutto far scoprire e amare. Ma non mi è mai sembrata una mistica lei stessa, se pure una donna di straordinaria sensibilità.
Ho anche trascurato Etty Hillesum, che certo era una mistica della stessa famiglia delle mie otto mistiche, ma sulla quale si è già detto e scritto tanto. Ugualmente non ho inserito Maria Zambrano, che considero mistica, perché non sono riuscita a trovare documentazione esauriente sulla sua vita.
Le chiedo un giudizio sul pontificato di Francesco. Che ruolo hanno avuto le ‘mistiche’, diciamo così, nel suo governo?
Papa Francesco non è mai stato interessato alle parole delle donne, neppure se mistiche.
Spero che questo papa sia equilibrato e prudente, che ristabilisca pace e armonia in una chiesa lacerata. Non ho speranze per il ruolo delle donne: nessun gruppo di potere ha mai ceduto il suo potere spontaneamente. Solo le religiose possono combattere e ottenere dei risultati veramente significativi, cosa che fino ad ora non è avvenuta.
*In copertina: una immagine da “Persona”, film di Ingmar Bergman del 1966
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