
“Ignora tutto ciò che riguarda questo mondo”. L’oroscopo di William Blake
Pangea - Friday, July 18, 2025In Italia, come si sa, è Giuseppe Ungaretti il traduttore complice di Blake: edite in prima battuta nel 1965, le sue Visioni di William Blake sono recentemente tornate in catalogo Mondadori. In entrambi i poeti agisce la pratica dell’illuminazione più che dell’occasione, della visione prima della vista. Ungaretti sa che la semplicità del poeta può apparire ostica al lettore: si tratta di costruire un alfabeto per l’invisibile.
“Lavoro alle traduzioni di Blake da più di sette lustri. È un poeta difficile. Sempre, anche quando è semplice come l’acqua. Ma c’è poeta, o un qualsiasi uomo che parli, che sia nel suo dire interamente decifrabile?”
I poeti, per favorire vaghe classifiche, possono dividersi in due classi: quelli che ci mostrano le cose nascoste – i riverberi di ciò che l’uomo comune non vede – e quelli che svelano il nascosto. Tra questi ultimi, vanno impilati poeti aurorali come Blake, Hölderlin, Rimbaud, Emily Dickinson, figure di luce, che incendiano, non per caso quasi del tutto postume. La fama non può cogliere la fame di questi cannibali del segreto.
Ad ogni modo. Per il grande Ungaretti – un genio che ha fatto cattedra della poesia – William Blake è portentoso alchimista del linguaggio, un idolo nella virtù immaginifica; eppure – per quanto appaia assurdo, ma il poeta è il primate dell’assurdo – nei testi di Blake occorre credere come nei libri biblici.
“La cultura in Blake è sempre e solo conflitto, mai trasmissione di consenso o legittimazione. Di qui il rifiuto e anche l’incapacità di mediare con la razionalità della filosofia, dell’arte, della religione illuministica, e la ricerca di una contrapposizione sintetica… Alla razionalità illuminista che si regola sull’astrazione, sulla quantificazione e sul controllo, Blake contrappone l’illuminismo della visione e dell’immaginazione”.
(Stefano Zecchi, “Nelle foreste della notte”, in: W. Blake, Opere, Guanda, Milano 1984)
In Blake il mito, riedificato in legioni bibliche – Urizen, Urthona, Tharmas, Thiriel, Los… – non è esornativo, tanto meno nostalgico (come l’epica della fiaba recuperata dai Romantici) ma attivo. Il poeta scava oltre la crosta dei culti odierni per giungere alla prima covata del cosmo: dissotterra la prima parola per pronunciare l’ultima. Ne Il matrimonio del cielo e dell’inferno il poeta spiega – ma ogni spiegazione ha un incastro di virtù contraddittorie – il suo agire:
“Gli antichi Poeti pensavano tutti gli oggetti sensibili come animati da Divinità o da Genii, chiamandoli con i nomi e adornandoli con le proprietà dei boschi, dei fiumi, delle montagne, dei laghi, delle città, delle nazioni, e di qualunque altra cosa i loro sensi dilatati e numerosi potessero percepire.
E particolarmente studiarono il Genio d’ogni città e regione, dislocandolo sotto la sua Divinità Mentale;
Finché si venne formando un Sistema, da cui alcuni trassero vantaggio e resero schiavo il popolo col tentativo di rendere reali o di astrarre le Divinità Mentali dai loro oggetti – e così ebbe inizio il Clero;
Trascegliendo forme di culto da favole poetiche.
E infine dichiarando che tali cose erano state ordinate dagli Dei.
Fu così che gli uomini dimenticarono che Tutte le Divinità risiedono nel cuore dell’Uomo”.
A questa ingenuità – oppure: originalità del dio – anela William Butler Yeats, il grande poeta irlandese. Il suo inseguimento di Blake comincia da ragazzo; in uno scritto del 1897, William Blake e l’immaginazione, attacca così:
“Ci sono stati uomini che amavano il futuro come un’amante e il futuro mescolava il suo respiro con il loro e scuoteva i capelli intorno ad essi e li celava alla comprensione della loro epoca. Uno di questi uomini era William Blake e, se si espresse in modo confuso e oscuro, fu perché parlava di cose per le quali nel mondo a lui noto non trovava modelli atti a esprimerle”.
(In: W.B. Yeats, Magia, a cura di Ottavio Fatica, Adelphi, Milano 2019)
A differenza di Blake, aedo di un mondo a lui solo noto, Yeats, però, è un druido. In Yeats agisce l’invisibile non l’oscuro. D’altronde, Yeats comincia sul sentiero degli antichi miti irlandesi, manovra gli “inni antichi”; Blake parla da un mondo in cui gli dèi sono defunti e le pietre, lungi da ogni magia, sbadigliano. Nel sistema mistico di Yeats, A Vision, Blake occupa la “Fase sedici”, insieme a Paracelso e a “certe donne belle”, costituita da “una eccitazione senza meta” e da “un sogno antitetico”: “C’è sempre una componente di delirio, e quasi sempre il piacere di certe immagini splendenti o luminose di forza concentrata: la fucina del fabbro; il cuore; la forma umana nella sua massima vigoria; il disco solare; qualche rappresentazione simbolica degli organi sessuali; perché l’essere non può fare a meno di vantarsi del suo trionfo sulla propria incongruità”.
A differenza di Yeats, sintonizzato sul ‘profeta’, Thomas S. Eliot, preferiva il poeta. In un saggio uscito in origine su “Athenaeum” nel febbraio del 1920 scrisse che “La poesia di Blake ha la sgradevolezza della grande poesia”, scrisse che Blake, lungi dall’essere “un ingenuo, un selvaggio, una bestia sacra ai supercolti” era un poeta i cui lacerti lirici “si ritrovano in Omero, Eschilo, Dante e Villon e, nascostamente, nell’opera di Shakespeare”. Ossessionato dal lignaggio, Eliot ha bisogno di un ‘canone’, di una ‘istituzione’: eppure, non erra quando dice che è “terrificante e spaventosa” la “brutale onestà” di Blake – è il lavorio di chi strappa i veli, di chi denuda le forme. Il bello abbaglia.

Blake morì d’estate, il 12 agosto del 1827, in stato d’estasi: “componendo e cantando poesie al suo Creatore”. Pur sulla soglia dell’indigenza, era scortato da radi allievi: la sua figura ardeva come un lume – mungitura di lingue araldiche attorno a lui. Quasi subito, un po’ tutti cercarono di carpire le ragioni di una mente eccentrica quale quella di Blake. Nel 1825 su “Urania; or, the Astrologer’s Chronicle, and Mystical Magazine”, Merlinus Anglicus, The Astrologer of the Nineteenth Century, pubblicò l’oroscopo di Blake. Era l’ultimo ‘servizio’ del primo e unico numero di “Urania”: la rivista, edita a Londra, al 24 di Fetter Lane, sotto gli auspici della “Metropolitan Society of Occult Philosophers”, pubblicava, tra l’altro, un articolo sulla simbologia del drago e un profilo dei “rimarchevoli eventi astronomici” accaduti quell’anno; naturalmente non mancavano le Predictions for 1825.
Dietro la maschera di “Merlinus Anglicus” si celava Robert Cross Smith (1795-1832), astrologo, nativo di Bristol, meglio noto con lo pseudonimo di “Raphael”. Nell’era dei giornali e dei ‘fatti’ si occupava di geomanzia, nell’epoca della ferrovia a vapore – la “Stockton & Darlington Railway” fu inaugurata nel Regno Unito proprio nel 1825 – si dava all’antica arte di divinare gli astri. Inventò riviste e almanacchi – “The Straggling Astrologer”; “The Prophetic Messenger”; “Raphael’s Ephemeris” – di effimera durata.
Nativity of Mr. Blake è uno dei documenti più eccentrici sorti intorno alla personalità inarginabile di Blake. Lo ha pubblicato Arthur Symons nel 1907 in William Blake, a biography and selection of contemporary sources; lo replichiamo in appendice. Tra le varie testimonianze, affascina quella della scrittrice inglese Charlotte Campbell, reperita nel suo diario. La signora – sposa, in seconde nozze, al reverendo Edward Bury, dama di compagnia di Carolina di Brunswick, principessa del Galles – incontrò Blake nel gennaio del 1820, “una di quelle rare persone che praticano l’arte per la sola felicità che essa gli reca”. La donna fu folgorata dalla “splendida immaginazione e genialità” di Blake:
“Il signor Blake ignora tutto ciò che riguarda questo mondo e, da ciò che dice, temo sia tra le anime rare i cui sentimenti sono di gran lunga superiori alla propria situazione sociale. Appare sfinito, disfatto; ma il suo volto si illumina quando parla della sua attività. Immagino che raramente incontri qualcuno che condivida le sue idee: sono così estreme da elevarsi sopra il comune livello delle opinioni apprese. Non ho potuto fare a meno di comparare il genio di questo umile artista con quello del potente Sir Thomas Lawrence: Blake è certamente più degno di fama, per distinzione, rispetto a quest’ultimo. Il signor Blake, tuttavia, manca di quella saggezza mondana e di quella scaltrezza nei modi che permettono a un uomo di raggiungere un qualche successo in società. Ogni sua parola esprime l’esterrefatta semplicità della sua mente, una totale ignoranza nelle questioni mondane”.
Che ‘quadro’ meraviglioso: nell’idiota si rivela l’errore del ‘sistema’, la sfasatura, il punto in cui le cose si ricollocano nell’innocenza originaria. Nel primato di Adamo. Più che essere stigmatizzato dagli astri, Blake, all’equinozio del mondo, divora le stelle.
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L’oroscopo di William Blake. L’artista mistico
L’oroscopo qui riportato si calcola secondo la stima dell’ora di nascita di William Blake, soggetto ben noto tra gli esperti per la sua peculiare e ineguagliata genialità, per la vivida immaginazione. Le sue illustrazioni del libro di Giobbe gli hanno riservato diversi elogi; in effetti, nei modi che adotta questo artista non ha pari ai giorni nostri. Blake non era meno eccentrico e stravagante nelle proprie idee: pareva avere profonde relazioni con il mondo invisibile e secondo i suoi racconti (nei quali si dimostra certamente sincero) dice di essere stato sempre circondato dagli spiriti dei defunti di ogni epoca, nazione e paese. Afferma di aver avuto conversazioni con Michelangelo, Raffaello, Milton, Dryden oltre che con i protagonisti dell’antichità. Il suo ultimo poema gli è stato sussurrato dallo spirito di Milton; i disegni mistici di questo gentiluomo non sono meno curiosi e degni di nota per chi si libra oltre le trappole dell’elemento terreno, a cui spesso siamo fin troppo incatenati per poter comprendere la natura e le azioni del mondo degli spiriti.
I dipinti del Giudizio Universale, i profili di Wallace, Edoardo VI, Aroldo, Cleopatra e numerosi altri che abbiamo visto, sono davvero mirabili per lo spirito che li ha generati. Spesso abbiamo avuto il privilegio di incontrare Blake restando incantati dalla facoltà del suo dire, colmi di meraviglia per la straordinaria potenza emanata della sua persona; le sue convinzioni non sono frutto di superstizioni: egli vi crede con fermezza. I nostri limiti non ci permettono di indagare troppo negli abissi del suo genio: ci limitiamo a considerarlo uno straordinario esempio per gli studiosi di astrologia.

In particolare, è probabile che le mirabili qualità eccentriche del suo pensiero siano gli effetti della Luna in Cancro nella dodicesima casa (segno e casa entrambi legati alla mistica), del trigono di Urano (o Herschel) nel segno mistico dei Pesci, della casa della scienza, e dal trigono mondano a Saturno nel segno scientifico dell’Acquario; quest’ultimo pianeta è in quadratura a Mercurio in Scorpione e in quintile al Sole e a Giove, nel mistico segno del Sagittario. Anche il quadrato di Marte e Mercurio, proveniente da segni fissi, ha notevole tendenza nell’acuire l’intelletto e getta le basi per idee fuori dall’ordinario. Altre ragioni reggono le bizzarre peculiarità sopra menzionate: per lo studioso sarà facile gioco scoprirle.
*In copertina: William Blake, Autoritratto, 1802 ca.
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