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“Della Bellezza e delle tenebre che convivono nel mio cervello”. Lois Pereiro, il poeta della controcultura
> “Ci sono occhi che vanno al fondo delle cose. Che ne scorgono il fondo. E ce > ne sono altri che vanno nella profondità delle cose. Essi non scorgono nessun > fondo. Ma vedono ben più a fondo”. > > [P. Celan, Microliti] Lois Pereiro fu un poeta. Autentico come la sola poesia, quando è lotta, è autentica. “Questa è la natura finale delle parole” [M. Rivas]. Gli specchi, questa alchemica calcinazione di argento e mercurio, sono l’epifania della luce mediante l’oscurità della materia di cui sono consustanziati. E la poesia di Pereiro ripropone la medesima simmetria in un teatro della crudeltà, dell’oscenità batailliana/beniana, ordita di eros e uncinata di morte. Nato nel 1958 e morto di Aids nel 1996, il galego (l’edizione che mi arde le dita – Poesia ultima di amore e malattia, 1992-1995, Aguaplano, 2017 è frutto dell’attività di ricerca del Centro di Studi Galeghi dell’Università di Perugia, per la cura magistrale di Marco Paone cui estendo il mio più sincero ringraziamento per l’amore che tracima sin dalla Introduzione) sembra la scaturigine di alcune delle più riuscite eterografie di Bolaño, con il suo cromatismo prepotente ma interrotto di sangue e di inchiostro. Come avrà a pronunciare in uno de suoi ultimi interventi su rivista lo stesso Pereiro:  > “Nulla importa di ciò che ho scritto: solo immagini e parole d’inchiostro, in > poesie fatte con la mia vita e il mio sangue liquido, con cui ho convissuto > nella stessa tonalità”. Vera “icona della controcultura galega” [Nogueira, 2011], Pereiro dopo l’infanzia in provincia di Lugo si trasferisce a Madrid nel 1975 per studiare Sociologia. Deluso dall’università come sovente accade a chi di talento in proprio già esonda si dedicherà allo studio della lingua francese, inglese e tedesca; anni di Transizione quelli del post-Franco in Spagna e la Capitale ne è l’epicentro di più vasta magnitudo. Tra il 1975 e il 1978 la rivista “Loia” fungerà da luogo di incontro e sperimentazione per i galeghi residenti a Madrid. Nel 1981, in seguito all’avvelenamento da olio di colza (che in Spagna colpì più di 20mila persone uccidendone all’incirca mille) fece ritorno in Galizia dove lavora come traduttore per il doppiaggio di film e serie televisive galeghe, nonché – ed è qui che Bolaño si appalesa – per il mondo del porno. Appassionato viveur del Rinascimento spagnolo che permea gli anni ’80, Pereiro collaborerà con gruppi rock, riviste d’avanguardia e poetiche viaggiando al contempo attraverso l’Europa, sotto il segno della musica alternativa e della poesia che Pereiro dimostra di maneggiare con innata maestria ed inquietudine. Nel 1992 Paco Macías, dapprima collega di doppiaggio ed in seguito fondatore della casa editrice “Positiva”, lo inviterà a pubblicare la sua prima silloge, Poemas 1981-1991; nel 1994 gli verrà diagnosticato l’Aids e nei suoi due ultimi anni, tra ricoveri, amore e disamore, inizia a scrivere Poesía última de amor e enfermidade (1995), testo di culto e definito dal fratello Xosé “il libro più sincero e crudele della letteratura galega contemporanea”. In uno degli ultimi interventi pubblicati dal poeta, il cui titolo swiftiano/borgesiano già si connota di manifesto – Modesta proposta per rinunciare a far girare la ruota idraulica di una storia ciclica e universale dell’infamia (1996) – il galego consegnerà il proprio testamento:  > “La vera Poesia non mente mai, per quanto possa ferire. Chi crea qualcosa > senza intenzioni perverse è innocente rispetto alla sua possibile perversione. > Bernhard, Beckett, Cioran, Genet, Celan, Valente, Schopenhauer, Pound, Carver, > Poe avevano ragione, abbiamo ragione. E avevano ragione Yeats, Dylan Thomas, > Eliot, Joyce, Omero, Dante… e abbiamo ragione, ognuno di noi allo stesso > tempo, come tutti i pittori, tormentati o felici, della Bellezza e delle > tenebre che convivono con me nel mio cervello, discutendo senza pausa nella > mia anima…”. In Poesia ultima di amore e di malattia Pereiro costella la raccolta di citazioni ed allusioni, precipuamente nelle epigrafi ai testi, in un processo di condensamento del suo universo poetico, consapevole di avere poche pagine per far martirio, testimonio di sé. La silloge si compone di 3 sezioni:  > “La prima parte riflette la mia autodistruzione, non riuscita. La seconda la > mia resurrezione, quando torno ad amare la vita dopo un fallimento intimo e > sociale – la sensazione di non aver ottenuto nulla. L’ultima parte del libro è > più generazionale, collettiva”. > > [Pereiro, 1996] La scrittura è misuratamente trattenuta, lo sperimentalismo delle prime pubblicazioni si stempera in un ideale babelico di poesia ULTIMA per l’appunto che ibridi tecnicismi e lingua volgare, genuinamente popolare, una lingua espressiva ed esplosiva che possa descrivere tanto la personale Passione del poeta quanto il mutamento sociale in atto nella nazione iberica. Quanto segue è una necessaria carrellata almovodoriana su alcuni dei testi – a nostro giudizio – più significativi dell’universo poetico del galego estratti dall’athanor della sua estrema fatica: “Sapere che si sta per morire  e il corpo è un paesaggio di battaglia:  un mattatoio nel cervello.  E tu permetteresti, deserto amore,  che in questa febbre penitente aprissi  l’ultima porta e la chiudessi  dietro di me, sonnambulo e impassibile,  o infileresti il piede  fra essa e il destino?”  (Curiosità) * “Il passato marcisce sotto terra  e il presente non scorre,  è un fiume morto.  Ma questa volta non ci sarà resurrezione  e il futuro è per forza altro da me.”  (If I Die Before I Wake, che echeggia ombreggiature care a Pereiro come quelle dei Joy Division, in ciò avvicinandosi ai coevi esiti di un altro sepolto “d’autore”, Michael Strunge) * “(…) accettando che avrei dovuto sapere  impedire a me stesso  di scoprire che sono stato solo un interludio  spietato fra due muri di silenzio…”  (Acrostico) * “Immergersi  nel silenzio è ciò che distingue  coloro che amano con spirito suicida  da quelli che solamente sono  un sogno breve.  Nel viaggio notturno che intraprendiamo  all’interno di un corpo differente  un atto d’amore è un fluido urgente  di sudore lacrime e sperma  contro la paura  parole disarmate  desideri che si perdono  nella nebbia di mille notti  fra le lenzuola sconvolte  dal feroce presente  di due corpi che dimenticano.”  (I) * “Innamorato un’altra volta  dell’amore che porto dentro  la sete furiosa di un futuro  ha esaurito le mie alternative  portandomi dritto verso l’impatto:  un proiettile congelato in aria  a pochi metri da un cuore freddo  e attendo un minimo segno di calore  per aprire la sua pelle ed entrare nel sangue  vinto dalla forza del desiderio  ciecamente e senza paura  del possibile disastro.”  (III) * “(…) Notti in bianco come lenzuola umide  nelle circonvoluzioni del mio cervello  tese sempre al vento del pericolo  dell’eruzione e della combustione eterna  di un’altra pelle desiderata che sarebbe arsa  nel fuoco che la sua visione aveva provocato.  (…) Una stagione all’inferno, un’altra in cielo  momentaneamente accogliente e terso,  e alla fine sempre la triste bellezza  di un’altra prova generale del sonno eterno.”  (VI) * “(…) Ascolta come attraversa il silenzio  questo rumore carnale disperato che si avvicina notturno alla tua esistenza  contagiando i tuoi desideri con i suoi  e penetrando in te si va radicando  impercettibile e fatale  nelle tue viscere.”  (Prayer, XII) * “Maledico il dolore che porto in ogni cellula!”  (dall’epigrafe a Precauzione, XVII) * “(…) E io sono qui  con lei dentro sempre  insonne  e irredenta  come unica compagnia una volta ancora;  la malattia.”  (XXI) * “Il disamore, brutale amputazione  o atrofia di un sogno maltrattato,  dovrebbe essere sempre un rituale intimo  messo in scena in sale clandestine.  Interpretando monologhi organici  reciteremmo con scioltezza il dolore interno  delle nostre tristi ossa  quando l’amore si scioglie in emorragie  di liquidi desideri  abortiti.”  (XXII) * “(…) o meglio  inoculami tu  veleno dai tuoi denti  immergiti nel mio sangue  inièttati nelle vene  che ti osservano  e ormai dolente mi duole  il tuo dolore nel tuo desiderio  urlando in ogni osso  e la tua morte  mi uccide e mi resuscita  per alla fine  morire per me.”  (XXVII) * Altri e molti sarebbero i frammenti, le escoriazioni di Lois Pereiro da citare. Mi preme evidenziare come la duplice radice di cui al titolo della silloge sia pervasiva e martellante nell’immaginario poetico dell’ultimo Pereiro, condannato all’amore/impossibilitato ad amare. Luca Ormelli L'articolo “Della Bellezza e delle tenebre che convivono nel mio cervello”. Lois Pereiro, il poeta della controcultura proviene da Pangea.
August 1, 2025 / Pangea