Non sono tempi d’oro per le oneste storie di fantasmi. Per chi come me è
cresciuto con la compagnia dei grandi spettri ottocenteschi è desolante fare un
giro nella sezione degli horror contemporanei, fra best-seller o aspiranti tali
che si rifanno più a serie televisive di terz’ordine che alla grande letteratura
di un Poe o di una Mary Shelley o di un Matthew Gregory Lewis o anche di uno
Stevenson. La letteratura di genere ha sempre meno a che fare con la letteratura
e sempre di più con il mercato e dunque con il cinema e le serie televisive,
perseguendo una pretenziosa narrazione onnisciente e scorrevole che discende dai
libri più o meno riusciti di Stephen King (o dai film tratti da quei libri) ma
che finisce dritta dritta nel dimenticatoio del già visto o del banale, fra
ripetitive scene “a effetto” mal scritte e mal raccontate che procurano sbadigli
di tedio piuttosto che brividi di terrore. Sono sempre più rare le meravigliose
strutture a incastro che hanno reso indimenticabili romanzi quali Lo strano caso
del dr. Jekyll e del sig. Hyde di Stevenson o, più avanti nel
tempo, L’invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares. Eppure la letteratura sa
ancora sorprenderci e spaventarci, specie se, come accade a me, non si crede nel
maligno ma lo si frequenta spesso.
Quest’estate l’editore Fandango pubblica uno strano romanzo che rientra
certamente nella categoria della migliore letteratura horror: L’affascino, di
Manuela Maddamma. Mi erano già capitati fra le mani un paio di scritti di
Maddamma contenuti in un volume dedicato ai grandi maledetti dell’Ottocento e
del Novecento; uno di essi mi aveva fatto scoprire Aleister Crowley,
figura orrifica semmai ve ne furono, cultore di Satana e dell’occulto, perciò
quando seppi che Maddamma avrebbe pubblicato un romanzo dell’orrore ne fui più
che interessato. È infatti una scrittrice molto peculiare, Manuela Maddamma:
appassionata di autori dalle vite tormentate e tragiche, studiosa e traduttrice
di Giordano Bruno, è una di quelle ottime stiliste che tendono a pubblicare
pochissimo e che dunque bisogna seguire con attenzione. Il suo primo
romanzo, Lascia che ti guardi, è del 2005. Ora, vent’anni dopo, esce il suo
secondo romanzo, L’affascino. Vent’anni sono molti.
L’affascino è un abile gioco a incastri che rende il lettore non più mero
spettatore di ciò che legge bensì parte attiva della storia narrata. Emilio
Della Torre è un giovane antropologo che viaggia in Salento per fare delle
ricerche sul tarantismo, rituale magico-religioso un tempo molto in voga nel Sud
Italia. Il racconto comincia in prima persona e, come in ogni vicenda horror che
si rispetti, non mancano le chiese e i preti, Dio e Satana, sebbene in seguito,
sfogliando dei rosari, Emilio osserverà che le preghiere e le croci non sono
altro che “una delle geniali trovate della superstizione, di quella religione
cattolica che da duemila anni mastica tutte le superstizioni precedenti”, come a
dire che ciò di cui si occupa lui – e di conseguenza la storia raccontata da
Maddamma: L’affascino – è ben più misterioso e terribile delle ordinarie
liturgie cristiane.
L’affascino è un romanzo che tratta del Male e dei morti e quindi dei fantasmi
che ospitano le nostre paure più ancestrali. La struttura del libro è in gran
parte binaria, alternando il diario di Irma, una bambina di tredici anni, ai
resoconti di Emilio, che dovrebbe prendersi cura di lei ma che è troppo
terrorizzato per farlo. C’è il “vecchio tema del doppio”, come lo chiama Borges
ne Il libro di sabbia, perché Irma – la bambina – è anche Mira, sua madre, o
forse soprattutto l’altra Mira che la perseguita: il bianco spettro di una
bambina che compare pure a Emilio e che di fatto regge il pathos dell’intero
romanzo.
Ci sarà un esorcismo. Ci sarà un tentato suicidio. C’è una casa infestata e c’è
una maledizione. Tuttavia c’è anche molta letteratura, dai grandi modelli
ottocenteschi (soprattutto Poe, Stevenson e James) fino a La Tigre Assenza di
Cristina Campo, perché a un certo punto Emilio si dice: “Non sono vane le parole
della poetessa, quando conia la definizione di Tigre Assenza. Cos’è infatti,
l’assenza della persona cara, se non un essere immondo, dal passo leggero e la
stretta definitiva?” Ogni fantasma è quindi un essere immondo. Ogni morto non
può che essere una Tigre Assenza.
Chi afferra la massima irrealtà plasmerà la massima realtà, recita il titolo di
uno dei capitoli del libro, riprendendo Hofmannsthal, quando Emilio si dispera
di non poter combattere il Male e la piccola Irma continua a deperire davanti ai
suoi occhi. Emilio però non vuole che la bambina fugga la casa maledetta,
egoista nel proprio terrore come se fosse anch’egli un fantasma. Così scrive:
> “Ho sbirciato nel Diario che da un bel po’ tiene nascosto sotto il materasso;
> nessun piano di fuga per ora. Tracce della piccina sì, non smette di
> tormentarla. Ieri non ha potuto dormire perché dal cuscino le arrivava la sua
> vocina ad augurarle la malanotte, una voce prima fievole e poi più nitida e
> acuta a rivelarle un sortilegio e infine assordante a urlarle: ‘È una strega
> malvagia!’ Allora si è tirata su e ha acceso la luce della lampada per
> pregare, ma le parole si ingarbugliavano.”
La piccina è il Male, lo spettro che infesta la casa e il funesto doppio di
Irma. La bambina si salverà? E Emilio? Cosa vuole dirci la frase di
Hofmannsthal? Se i morti non sono reali, in quale malefica irrealtà possono
condurci? L’innocente purezza di Irma, come lo spavento del lettore, è destinata
a soccombere al Demonio?
L’accavallarsi del diario di Irma e dei resoconti di Emilio portano la tensione
narrativa al culmine, in un crescendo emozionale e stilistico che – nel momento
della rivelazione del Male, ossia della maledizione e dell’invocazione al
Maligno – ci regalerà quel brivido di terrore proprio della grande letteratura
gotica di cui tanto sentiamo la mancanza.
Manuela Maddamma scrive e pubblica poco, forse memore della lezione di Cristina
Campo (“Ha scritto poco, e le piacerebbe aver scritto meno”), ma ciò che scrive
ci turba e ci piace. L’affascino è un romanzo dell’orrore che merita di essere
letto e che inquieta anche dopo la lettura. Gli innocui spaventi delle serie tv
e dei best-seller di genere sono lontani, per fortuna. Dalle profonde tenebre
dei nostri cuori ammaliati dal racconto, Satana sa ancora sorprenderci.
Edoardo Pisani
*In copertina: Gerard David, Il giudizio di Cambiase, 1488
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Maddamma ci turba e ci piace proviene da Pangea.