Come se la passano oggi gli scrittori? Stanno in giro per librerie? Si sono dati
alla macchia, scomparendo dalla mondanità? Oppure stanno a giornate sui social?
Ecco, piuttosto l’ultima. Dove vivono oggi gli scrittori, quelli bravi e quelli
ciuchi, quelli famosi e quelli sconosciuti? A giornate sui social a pontificare
su tutto, su ciò che conoscono e su ciò che non conoscono. Come qualsiasi
cittadino normale? Ebbene sì, come ogni persona normale. Ma è pur vero che lo
scrittore non è tanto normale, come figura sociale (non social) intendo. Ma
questa è soltanto una stupida illazione.
Personalmente passo troppo tempo su facebook e quando me ne accorgo mi faccio
schifo, ma proseguo comunque in questa oscena attività. Un amico bibliotecario,
una volta scrisse su facebook che si sarebbe allontanato per un po’ dai social
perché voleva scrivere. Alcuni discutono di tutto; altri parlano solo di libri.
E mi chiedo: esisterà in futuro qualcosa di cui scrivere che sarà fuori dai
social, dalla rete, dalle piattaforme online, dalle riviste digitali? Lo spero,
ma non credo.
Non moriremo cartacei, come non siamo morti democristiani (si diceva così una
volta…). Insomma, chissà come andrà a finire? E solitamente è proprio questo che
interessa tutti: come andrà a finire…
Dunque, in questa seconda puntata della “Vita Agrissima”, affronteremo alcune
tipologie dentro le quali gli scrittori (e si intende al solito tutta la
compagine: scriventi, poeti e poteastri, ghost, ecc.), a differenza della prima
puntata, non hanno alcun riferimento reale. Tutto quello che segue è inventato…
*
Critici e ipocriti
“Ho letto il libro di Tizio. Intanto, per me, c’è un errore sintattico alla fine
di pagina 137. Poi come fa il personaggio di Caio a parlare con quel tono? È
inverosimile”. E tu chiedi – tutto avviene tramite messaggistica, nulla è ancora
pubblico – “ma la storia? La storia è bella?”. E lo scrittore criticone risponde
che è senza infamia e senza lode, ma gli manca l’ultimo capitolo.
Il giorno dopo leggi il suo post sui social: “Quando lo stile di un autore
dimostra ancora una volta la forza della narrativa italiana. Lo conosco bene e
so che lui è maestro nel trovare il giusto tono per ogni personaggio, come
dimostra Caio in questo suo ultimo lavoro. Complimenti Tizio, è il tuo libro
migliore”…
Sipario.
*
Lecchini
Dicesi lecchino chi si complimenta in modo eccessivo, senza ragioni valide per
farlo. Di solito il lecchino agisce nei confronti di un collega più famoso o
reputato più importante, e che, a suo avviso, potrebbe aiutarlo nelle sue
prossime “mosse letterarie”.
Uno dei modi migliori è sollevare uno scrittore affranto da qualche questione
extraletteraria, confortandolo con un commento sotto al suo post malinconico,
tipo: “non ti curare di questi sfaceli quotidiani, tu hai la letteratura che ti
(ci) conforta, e in questo campo sei un maestro”.
La sottospecie è il controlecchino simpatico, cioè colui che prova a conquistare
la confidenza di uno scrittore che reputa più addentro alle cose editoriali,
usando l’ironia, lo sfottò, l’ammicco, l’occhiolino. La tattica è più sfrontata,
ma se funziona maggiormente efficace, perché l’opera di lecchinaggio tout
court stucca facilmente.
Ahimé.
*
Lamentosi
“Se un editore, dico uno, avesse compreso per tempo il senso profondo di questo
libro che ho scritto ormai 10 anni fa, forse oggi avremmo compreso meglio la
questione del [inserire un argomento a piacere]”. Questo lamento pare più adatto
alla saggistica, ma sta bene pure nei settori letterari della narrativa e della
poesia.
Il lamento non è soltanto relativo a una pubblicazione mancata, ma anche a un
libro che ha avuto poca risonanza, in cui l’editore non si è speso in promozione
e da cui l’autore auspicava maggiore eco mediatica. Solitamente ai lamentosi
viene bene anche una seconda parte di orgoglio risentito in cui scrivono:
“comunque, in un mondo editoriale caduto così in basso, sono felice di non aver
preso parte a tale riflusso commerciale”.
Olé.
*
Fenomeni
Dicesi fenomeno colui che pensa di essere più figo degli altri. La categoria è
vastissima, di cui una sottospecie, forse la peggiore, è quella dei fenomeni che
condiscono i loro post di esecrabile falsa umiltà. Tipo: “sono seduto a un
tavolino fronte mare, ho ritrovato un vecchio libro di Gogol e mi infliggo
questa medicina, mentre tutti intorno a me sono curvi sopra i loro cellulari”.
Tra i fenomeni ci sono gli assertivi, cioè quegli scrittori che credono di
essere un’autorità in materia (che ne so, di gialli, di fantasy, di qualcosa) e
tracciano post come fossero confini statuali. A puro titolo di esempio quel che
segue.
Sottotesto non scritto: [attualmente sono il miglior narratore di genere
poliziesco]. Testo del post sui social: “nel genere poliziesco una buona storia
necessita di due cose fondamentali X e Y, perché soltanto così abbiamo la storia
perfetta”. E sotto sbrodolamento di commenti entusiastici da parte dei
followers.
Evviva.
*
Ingrati
Non so se il numero degli scrittori ingrati sui social sia alto o basso.
Certamente l’ingratitudine è una delle attività più crudeli. Mettiamo che
abbiate organizzato la presentazione di un libro per conto di una casa editrice.
Avete invitato l’autore del libro e lo avete messo in contatto direttamente con
l’editore, tipo Giulio Einaudi o Elvira Sellerio (meglio citare persone
scomparse…) – è ovviamente un esempio incongruo. Ecco! Alla fine dell’evento lo
scrittore fa un bel post sui social, tagga tutti e ringrazia tutti, tranne voi.
Perché? Certi comportamenti umani sono insondabili, ma anche parecchio stronzi!
Tiè!
*
Citazionisti
“Come non essere d’accordo con questa frase di Franz Kafka: [segue frase]”.
“Come non sottoscrivere questa massima di Seneca: [segue massima]”.
“Come non emozionarsi di fronte a questa poesia di Auden: (seguono versi)”.
Grazie al pene! Non avete scelto citazioni dal Dizionario etimologico storico
dei termini medici di Enrico Marcovecchio. Kafka, Seneca, Auden. Vi piace
vincere facile eh?
Ma c’è anche chi, sui social, lancia sfide di citazioni, tipo questa:
“Indovinate chi è il mio scrittore preferito (non andate a cercare su google,
furbacchioni): Svetta su entrambi un Himalaya di vite in movimento”.
E poi gli autocitazionisti. Ecco un plausibile esempio: “Sgomento, sgomento di
una guerra ingiusta/ senza cuore avanzano coloro che non restano umani. Non sono
parole di Ghandi e nemmeno di Tolstoj, questi versi li trovate nella mia ultima
raccolta, Il cielo diviso. #nowar”.
Forza!
*
Autoprodotti
Sono coloro che hanno scritto un testo, l’hanno impaginato a piacere, hanno
scelto un’immagine autoprodotta, e hanno mandato tutto in stampa presso una
piattaforma tipografica digitale. Hanno ricevuto a casa un certo numero di copie
del loro romanzo e adesso ne lodano le qualità sui social. E sotto valanghe di
cuoricini dei parenti. I più astuti tra quelli che si autoproducono i libri,
senza un editore, sono coloro che convincono l’amic* del cuore a fare il post in
vece loro e tratteggiare tutte le qualità del racconto.
Amen!
Alessandro Agostinelli
*In copertina: un’opera di Roland Topor
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scrittori da social proviene da Pangea.