Senza una ragione apparente Bolaño lo avvicina allo scrittore spagnolo
Enrique-Vila Matas, autore dell’innovativo Bartebly e compagnia, una sorta di
fenomenologia di tutti quegli scrittori che hanno ridotto la scrittura a pura
forma di esistenza dissidente. Ma César Aira, scrittore argentino, settantasei
anni, sicuro vincitore del primo Nobel argentino secondo una legione di
colleghi, è molto più che una rassomiglianza. Bolaño si affretta a precisare che
è «uno dei tre o quattro migliori scrittori in lingua spagnola di oggi». Poche
righe prima, sempre rimanendo nel canone infallibile dei numeri, aggiunge
che Cecil Taylor di Aira, che potete leggere integralmente qui, è «uno dei
cinque migliori racconti che io ricordi».
Leggendo Il pittore fulminato ci si rende conto che la strada che la letteratura
deve percorrere è ancora gravida di futuro.
Due pittori partono per il Sud America sulla scia di quelle spedizioni che hanno
reso leggendario il nome di Alexander von Humboldt. Il loro viaggio,
> «anche se tracciava zigzag sulla mappa, seguiva una linea retta, come una
> freccia scagliata verso l’immensità».
L’obiettivo è rendere immediatamente percepibili, a livello visivo, le scoperte
scientifiche del pioniere Humboldt: tentacolari esemplari fluviali di flora e
fauna e pietre dalle striature corrusche. La novità dello sguardo si traduce in
una innovazione artistica che deve essere all’altezza dell’invenzione:
«proprio nei dettagli si ritrovava la stranezza che cento anni dopo si sarebbe
chiamata “surrealismo”, mentre a quel tempo era la “fisiognomica della Natura”,
vale a dire il procedimento».
Balena improvvisa l’idea che l’annosa tenzone tra cultura e natura sia una
questione di pura precisione per approssimarsi alla bellezza. E come nei
trattati cinquecenteschi di anatomia, medicina e botanica si utilizzavano i
disegni di Dürer per illustrare le nuove scoperte scientifiche, così per la
pittura di genere vengono inviati nel Nuovo Mondo due pittori all’inseguimento
dell’ignoto.
Nei libri di Aira si sprofonda in una perenne possibilità narrativa che innerva
ogni pagina: è come se le parole si trovassero ancora in uno stato primordiale,
dove tutto può accadere in ogni momento. Le vicende dei personaggi sono ben
definite, così come i lineamenti caratteristici dei protagonisti, ma proprio
questa quadratura geometrica ingabbia il lettore in un futuro aleatorio.
Già questi pochi elementi basterebbero a far sollevare le sopracciglia: in meno
di cento pagine il romanzo si dirama in una sorta di commistione tra il
resoconto scientifico di una spedizione avventurosa e il tentativo di aprire
nuove vie a partire da queste conquiste scientifiche. Ma è anche un trattato
breve su come la realtà fagocita lo sguardo per farlo ripiombare nell’oscurità
di una visione sfocata.
È difficile dire chi raccoglierà il testimone di una scrittura così brillante e
innovativa, se il lotto di scrittori est-Europei, quello autoctono dei
sudamericani o gli scrittori a venire di altre regioni che non sono ancora
cadute sotto il nostro sguardo. Quanto ai capostipiti di questa letteratura, mi
sembra di poterli radunare in uno strano incrocio tra due sudamericani e un
tedesco: Quiroga, Bioy Casares e Büchner. Nei racconti amazzonici di Quiroga
ritroviamo la stessa atmosfera carica di mistero che avvolge i due protagonisti
del libro di Aira, la stessa aria post-apocalittica in cui la natura ha
incenerito ogni desiderio umano, mentre nella geometrica intelaiatura del libro
più celebre di Bioy Casares, L’invenzione di Morel, lo sguardo del lettore è
calamitato da una tessitura di dettagli che si rivela decisiva per lo sviluppo
del libro. È come se l’autore spingesse il lettore a sospendere l’incredulità
per una buona parte della narrazione, salvo poi restituirgliela intera nelle
pagine finali, dove tutto si risolve non alla maniera di un libro giallo, ma
sotto le tinte di una specie di trattato di metafisica.
Il nome di Büchner, geniale scrittore e drammaturgo spentosi a soli ventitré
anni, si impone invece perché con il Lenz, celebrato da Thomas Mann, Zweig e
Hofmannsthal come uno dei capolavori della letteratura tedesca (ma chiunque
dotato di buon gusto non potrà poi più farne a meno) Büchner si apre a quel
filone della passeggiata letteraria che nel Novecento sfocerà in Robert Walser,
che non a caso dedicò a Büchner un breve racconto.
Da questo meticciato letterario nasce tutta la potenza di un libro singolare
come Il pittore fulminato, dove la rappresentazione della realtà sfugge
continuamente dalle mani dell’uomo, perché
> «il “tutto” non è sufficiente. Forse perché esistono altre “totalità”, o più
> probabilmente perché il “tutto” che corrisponde a colui che parla, e al suo
> piccolo grande mondo, ha una rotazione simile a quella degli astri che,
> combinata con le traslazioni, fa sì che certe facce rimangano nascoste per
> sempre».
Andrea Muratore
*In copertina: il Chimborazo secondo Alexander von Humboldt, 1807
L'articolo César Aira, ovvero: fisionomia della scrittura allo stato primordiale
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