L’Ai in medicina? Non basta “usarla bene”, e l’etica non ci salverà dall’effetto VajontL’introduzione dell’intelligenza artificiale in medicina dovrebbe essere
valutata caso per caso, e con grande attenzione. È una tecnologia tutt’altro che
neutra, soggetta al problema delle “allucinazioni” e non sempre rispettosa dei
protocolli tipici della ricerca scientifica. Errori metodologici pericolosi che
un certo marketing asfissiante vuole cancellare. L’analisi di Stefano Borroni
Barale
“Cosa succede quando abbiamo messo la decisione [sulla vita o morte di un
paziente, ndr] nelle mani di un’inesorabile macchina a cui dobbiamo porre le
giuste domande in anticipo, senza comprendere appieno le operazioni o il
processo attraverso cui esse troveranno risposta?”. Norbert Wiener, “God and
Golem, Inc.”, 1963.
Questa citazione ha aperto un recente congresso sull’uso dell’Intelligenza
artificiale (Ai) in ambito sociosanitario durante il quale era intenzione di chi
scrive provocare un dibattito per cercare di uscire dallo “spettro delle
opinioni accettabili” (Noam Chomsky) e -al contempo- ampliare la comprensione
del fenomeno, ripercorrendone la storia.
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