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Usa, così gli alti costi dell’energia necessaria per datacenter e IA gonfiano le bollette delle famiglie
Un’inchiesta del New York Times parte da un rapporto Wood MacKenzie e dagli aumenti dei prezzi degli ultimi anni: privati e piccole imprese potrebbero caricarsi ulteriormente sulle spalle gli oneri degli aggiornamenti della rete necessari a Big tech. Famiglie e piccole imprese statunitensi stanno pagando l’energia a prezzi maggiorati, negli ultimi anni, ma le tariffe elettriche a loro carico potrebbero aumentare ulteriormente, a breve. E la ragione non è in quel che consumano loro, ma in quel che consuma il settore Big tech per mandare avanti datacenter e servizi di Intelligenza artificiale (Artificial intelligence, AI). Secondo i dati citati dal NYT si prevede che la domanda di elettricità in alcune parti degli Stati Uniti aumenterà fino al 15% solo nei prossimi quattro anni. «Il rapido aumento dei datacenter, che utilizzano l'elettricità per alimentare i server di computer e mantenerli freschi, ha messo a dura prova molte utility», scrive il quotidiano statunitense. Oltre a investire per soddisfare la domanda, i servizi pubblici stanno spendendo miliardi di dollari per rendere i loro sistemi più sicuri contro incendi, uragani, ondate di calore, tempeste invernali e altre condizioni meteorologiche estreme: «I disastri naturali, molti dei quali sono legati al cambiamento climatico, hanno reso le reti elettriche più inaffidabili degli Stati Uniti. Questa spesa è uno dei motivi principali per cui le tariffe dell'elettricità sono aumentate negli ultimi anni». Negli Stati Uniti e in Europa tali costi vengono al momento “socializzati” e redistribuiti sulle bollette di tutti gli utenti. Un approccio comprensibile se l’obiettivo è un bene comune (per esempio la decarbonizzazione grazie al passaggio alle rinnovabili). Ma se invece gli investimenti in infrastrutture energetiche servono a facilitare i già colossi guadagni dei giganti digitali, è giusto che a pagare siano le famiglie e le piccole imprese?
May 20, 2025 / Pillole di Graffio
LibGen e la ricerca universitaria piratata sono il nuovo giacimento di dati per allenare l'intelligenza artificiale
Meta ha usato anche LibGen, un database illegale online, per allenare la sua AI, scavalcando così il diritto d'autore e il lavoro di chi fa ricerca, che finisce sfruttato due volte. Ma il copyright non è la soluzione. Notizia di queste settimane è quella relativa all’utilizzo da parte di Meta di LibGen, un archivio online di materiali, anche accademici, piratati, per aiutare ad addestrare i suoi modelli linguistici di intelligenza artificiale generativa. La notizia è un paradosso, soprattutto, in particolare se letta dalla prospettiva della ricerca accademica. Chi scrive è l’opposto di un sostenitore del copyright: è un sistema che offre pochissima autonomia e un lievissimo sostegno ai piccoli, e dona, invece, un enorme potere ai grandi gruppi editoriali, oltre a essere un ostacolo alla libera circolazione della conoscenza e della cultura. [...] La razzia spregiudicata di questi contenuti è predatoria perché omette completamente l’esistenza di chi quei contenuti li ha creati, e non perché non ne rispetta il copyright, ma perché avanza una pretesa di possesso su quei contenuti come se non esista alcun livello ulteriore. È predatoria perché si rivolge, senza alcun ragionamento culturale, alla pirateria, che è stata creata per indebolire un sistema iniquo. Così facendo Meta crea un livello di sfruttamento ulteriore su quei contenuti, facendosi gioco di una strategia di resistenza, di fatto svuotandola. Il fatto che Meta si sia rivolta a un database illegale per questa operazione dimostra due cose: che il copyright è finito e non serve assolutamente a nulla (ma questo lo sapevamo già da molto) e, allo stesso tempo, che non esiste limite alcuno all’azione delle aziende tecnologiche e alle loro dinamiche estrattive. Non vi erano limiti all’estrazione di dati per la pubblicità targetizzata, perché dovrebbero esistere per l’AI generativa? Credere che questo contribuirà a indebolire il copyright o a finalmente mandarlo in soffitta è una favola che può funzionare solo in qualche narrazione determinista dove l’AI è un agente neutro, inevitabile e irrefrenabile, cui non è possibile, né giusto, porre limiti. È una narrazione tossica e di comodo, e molto pericolosa, ed è la stessa da decenni. La risposta non può certamente essere il copyright, ma nemmeno la resa incondizionata a questo pensiero che mischia linguaggio corporate a filosofia spiccia. Non abbiamo fatto e sostenuto le battaglie per la Rete libera, il fair use, le licenze creative commons e per la memoria di Aaron Swartz per fare finta che finire sfruttati da Meta una volta in più sia una cosa di cui essere contenti. Articolo completo qui
May 19, 2025 / Pillole di Graffio
YouTube userà la IA per annunci sempre più invasivi
YouTube sta modificanda le sue strategie pubblicitarie e l'intelligenza artificiale è al centro di questa evoluzione. Stando alle indiscrezioni, la piattaforma sta sperimentando un sistema basato sull'IA per inserire annunci nei momenti in cui gli utenti sono più propensi a notarli, spesso durante le pause naturali dei video. L'obiettivo è chiaro: massimizzare l'impatto delle pubblicità, anche se un approccio come questo ha l'aria di essere essere un po' troppo invasivo. L'IA analizza il contenuto dei video per identificare i punti in cui l'attenzione dell'utente è al massimo, come la fine di una scena intensa o un momento di silenzio. Questi istanti, che l'algoritmo considera ideali, diventano il bersaglio perfetto per gli annunci. Se da un lato questo può (almeno inizialmente) aumentare l'efficacia delle campagne pubblicitarie, dall'altro rischia di interrompere l'esperienza di visione in modo più evidente, suscitando frustrazione negli spettatori. Articolo completo qui
May 16, 2025 / Pillole di Graffio
Guerre di rete - L’AI, i lavoratori e i rapporti di potere
Newsletter N. 205 - 11 maggio 2025 Numero centrato soprattuto su AI, lavoratori e rapporti di potere Dopo l’ondata di attenzione e infatuazione mediatica che ha accompagnato il lancio di ChatGPT e di molti altri strumenti di intelligenza artificiale generativa, dopo che per molti mesi si è parlato di vantaggi per la produttività, o di sostituzione del lavoro (soprattutto delle mansioni noiose e ripetitive) con l’AI, siamo arrivati a un punto dove si intravedono più che altro le prime sostituzioni di lavoratori. E ciò sebbene la promessa crescita di produttività lasci ancora molto a desiderare (non parliamo della sostituzione di ruoli). Mentre gli stessi lavoratori del settore tech (un’elite che per anni ha viaggiato in prima classe anche nelle peggiori fluttuazioni del mercato del lavoro) si sono resi conto di trovarsi in una situazione piuttosto scomoda: più licenziabili, da un lato, e più esposti ai dilemmi etici di lavorare per aziende che hanno abbandonato precedenti remore per contratti di tipo militare, dall’altro. Partiamo proprio dalla guerra. Una parte di dipendenti di Google DeepMind (l’unità di Alphabet che lavora sull’intelligenza artificiale e tra le altre cose ha rilasciato Gemini, la famiglia di modelli linguistici di grandi dimensioni) stanno cercando di sindacalizzarsi per contestare la decisione dell'azienda di vendere le sue tecnologie ai militari, e a gruppi legati al governo israeliano. ... Leggi la newsletter completa
May 14, 2025 / Pillole di Graffio
Klarna torna ad assumere umani: la IA non ha mantenuto le promesse
Il chatbot era velocissimo, ma impersonale e impreciso. Nella corsa frenetica a sostituire i dipendenti umani con la IA che sembra coinvolgere ogni azienda, si è verificata una piccola inversione di tendenza. Klarna, l'azienda svedese di servizi finanziari specializzata in pagamenti rateizzati, dopo aver sostituito 700 dipendenti con un chatbot AI nel 2024, ora sta tornando ad assumere personale umano per il servizio clienti. La decisione arriva dopo che un sondaggio interno ha rivelato che soltanto un progetto AI su 4 ha portato un ritorno sull'investimento atteso. Il sondaggio ha evidenziato i limiti dell'automazione in un settore che, a causa dell'interazione con i clienti, non richiede soltanto efficienza ma empatia e flessibilità. Leggi l'articolo su ZEUS News
May 14, 2025 / Pillole di Graffio
Cloudflare: l'IA sta distruggendo il web
Il proliferare delle intelligenze artificiale non farebbe altro che danneggiare i creatori di contenuti e i siti indipendenti. Matthew Prince, CEO di Cloudflare (una delle CDN più grandi al mondo), ha lanciato un allarme sul futuro del web durante un'intervista al Council on Foreign Relations: l'intelligenza artificiale starebbe distruggendo il modello di business che ha sostenuto il web per oltre 15 anni. «L'AI cambierà radicalmente il modello di business del web» ha affermato. «Negli ultimi 15 anni, tutto è stato guidato dalla ricerca online» ma ora le cose stanno cambiando: se un tempo la ricerca su Google portava traffico ai siti tramite i famosi «10 link blu», oggi quella stessa ricerca è fatta per tenere gli utenti sulla piattaforma, fornendo risposte e contenuti tramite la IA. Dieci anni fa, per ogni due pagine indicizzate, Google rimandava un visitatore al sito; ora, secondo Prince, servono sei pagine per un solo visitatore, con un calo del 200% nel valore restituito ai creatori di contenuti. Leggi l'articolo su ZEUS News
May 13, 2025 / Pillole di Graffio
Meta AI, come opporsi all'uso dei propri contenuti
È possibile impedire che l'intelligenza artificiale usi per l'addestramento ciò che abbiamo pubblicato sui social network. Ecco come L’annuncio è arrivato lo scorso 14 aprile: Meta comincerà ad addestrare il suo modello di intelligenza artificiale Meta AI con i dati pubblicati dagli utenti di Facebook e Instagram anche in Europa. La mossa dell’azienda di Mark Zuckerberg ha immediatamente provocato un vero tsunami di reazioni (prevedibilmente) negative e la maggiore preoccupazione degli utilizzatori dei social network targati Meta, al momento, è quella di sapere come impedire l’utilizzo dei loro contenuti per foraggiare l’algoritmo. L’azienda ha annunciato la possibilità di opporsi all’uso delle informazioni pubblicate, ma le cose non sono semplici come potrebbe sembrare. Nell’addestramento del modello, infatti, potremmo finirci anche se ci opponiamo all’utilizzo dei nostri dati. Come anticipato da Wired, Meta AI verrà addestrata usando i “contenuti pubblici condivisi da utenti adulti”. Sono esclusi, quindi, i post e i commenti pubblicati da utenti minori di 18 anni e i messaggi privati scambiati con altri contatti. Il riferimento ai commenti pubblici escluderebbe, almeno in teoria, tutti i contenuti che vengono pubblicati con restrizioni di visualizzazione. Se abbiamo cioè impostato l’account di Facebook per consentire l’accesso ai post solo ai nostri contatti o usiamo un account Instagram privato, questi dovrebbero essere esclusi dall’addestramento di Meta AI. Vi rientrerebbero, comunque, il nome, l’immagine profilo e altri contenuti come i commenti a post pubblici, le valutazioni o recensioni su Marketplace e su un account Instagram pubblico. leggi l'articolo Link diretto Facebook per opporsi Link diretto Instagram per opporsi
April 22, 2025 / Pillole di Graffio
Meta in Ue addestrerà l'IA con i dati pubblici
Dopo lo stop dello scorso anno, Meta inzierà presto ad addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale in Europa sulla base dei post e dei commenti pubblici degli utenti maggiorenni. L'obiettivo è insegnare all'IA a "comprendere e riflettere meglio culture, lingue e storie" per "consentire di supportare meglio milioni di persone e aziende in Europa", sottolinea la società di Mark Zuckerberg. Si può scegliere di opporsi compilando un modulo. Con tale modulo non si disattiverà Meta AI (in molti in queste ore vorrebbero eliminarlo da WhatsApp o dalle chat di Instagram e Facebook, ma non sembra possibile). Semplicemente aderendo, i propri dati non dovrebbero più confluire tra quelli usati dall’algoritmo per apprendere e migliorarsi. C’è però un discrimine importante, come avverte Facebook: “Potremmo comunque trattare le informazioni che ti riguardano per sviluppare e migliorare l’IA su Meta, anche se ti opponi o non usi i nostri Prodotti. Ad esempio, questo potrebbe accadere se tu o le tue informazioni: apparite in un’immagine condivisa con tutti sui nostri Prodotti da qualcuno che li usa; siete menzionati nei post o nelle didascalie che qualcun altro condivide sui nostri Prodotti”. Una deroga che potrebbe aprire un nuovo fronte tra Meta e le autorità europee. Approfondimenti qui e qui
April 15, 2025 / Pillole di Graffio
HOME HARDWARE MOBILE VIDEOGIOCHI FOTOGRAFIA SOFTWARE EDGE9 GREENMOVE SMARTHOME FORUM GUIDE OFFERTE trend: Aruba Cloud AMD Intel Honor Huawei OPPO AVM Amazon SCHEDE TECNICHE Meta addestrerà l'IA con i dati pubblici anche in Europa: potete opporvi
Meta inizierà ad addestrare la sua IA generativa usando contenuti pubblici condivisi da utenti adulti in Europa. Gli utenti riceveranno notifiche non solo per essere informati sulla novità, ma anche per esercitare il diritto di opposizione. Dopo lo stop dello scorso anno, Meta ha annunciato che anche in Europa inizierà ad addestrare i suoi modelli linguistici sfruttando i contenuti pubblici condivisi dagli utenti adulti sui social, insieme alle interazioni con Meta AI. Una svolta che punta a rendere l'IA più vicina alle specificità culturali, linguistiche e storiche del Vecchio Continente, ma che riaccende anche il dibattito sulla privacy. A partire da questa settimana, gli utenti maggiorenni dell'Unione Europea che utilizzano piattaforme come Facebook, Instagram e WhatsApp inizieranno a ricevere notifiche - via app ed email - per informarli su quali dati verranno utilizzati e con quale scopo. Ogni notifica conterrà anche un link diretto a un modulo per esercitare il diritto di opposizione: chi non desidera che i propri dati vengano utilizzati per addestrare l'IA potrà negare il consenso. Articolo completo qui
April 15, 2025 / Pillole di Graffio
Vibe coding: creare programmi senza saper programmare
Il crepitio dei tasti di un programmatore che scrive codice per comporre un programma è probabilmente uno dei suoni più caratteristici dell'informatica. Da decenni, saper programmare significa avere pieno potere, avere la facoltà di far fare quello che si vuole al computer o tablet o telefono che sia, poter creare app, senza dover dipendere da nessuno. Ma quel potere richiede studio e impegno: bisogna imparare i linguaggi di programmazione, ciascuno con una sintassi e delle regole differenti, e per molte persone questo non è facile o è semplicemente impossibile. Programmare resta così un'arte praticata da pochi e ammirata a rispettosa distanza dai più. Tutto questo, però, sta forse per cambiare improvvisamente. Se state pensando di diventare programmatori o sviluppatori, o se siete genitori e pensate che far studiare gli arcani incantesimi della programmazione sia la strada maestra per una carriera informatica garantita per i vostri figli, ci sono due parole che vi conviene conoscere: vibe coding. [...] 1. Vibe coding: creare programmi senza saper programmare 2. Abbandonarsi alle vibrazioni e programmare senza toccare la tastiera 3. Si riducono tempi e costi, e tutto sembra funzionare 4. Se ci sono errori o vulnerabilità, sono guai seri 5. Tutti sono entusiasti. Cosa mai potrebbe andare storto? Leggi l'articolo di Paolo Attivissimo
April 9, 2025 / Pillole di Graffio