Quando si parla di tecnologia a scuola, sopratutto tra colleghi, è solo
questione di tempo prima che qualcuno pronunci – con la massima determinazione –
la seguente frase: “Il problema non è la tecnologia X. Basta usarla bene”.
Analisi di una “catchphrase” di gran moda
Di questa frase ( “Il problema non è la tecnologia X. Basta usarla bene”) ne
esistono numerose varianti che sostituiscono la parola “bene” con locuzioni
specifiche, senza variare il significato complessivo. Se la tecnologia in
questione è l’intelligenza artificiale, le varianti più probabili, solitamente,
sono le seguenti: “in modo etico”, “in modo sostenibile” oppure “consapevole” o
ancora “appropriato”.
In tempi più recenti, e soprattutto nei testi ministeriali, spesso queste
varianti appaiono tutte insieme (melius abundare, come nel latinorum di Don
Abbondio): “Basta usarla in modo etico, appropriato, sostenibile e consapevole”.
Il risultato è quello che gli inglesi chiamano "catchphrase". Acchiappa. Diventa
virale. Monetizza, magari. Ma è anche vera?
leggi l'articolo di Stefano Bottoni Barale
Source - Pillole di Graffio
Segnalazioni su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...
Giovedì 20 novembre 2025, al cinema del CSOA Forte Prenestino verrà proiettato
"IN THE BELLY OF AI", il documentario che mostra il lavoro nascosto che fa
funzionare la cosidetta Intelligenza Artificiale.
AvANa & CinemaForte presentano e proiettano su grande schermo "IN THE BELLY OF
AI", I sacrificati dell'IA (Fra 2024) 73', diretto da Henri Poulain
Dietro l'intelligenza artificiale si nasconde il più grande sfruttamento umano e
territoriale del XXI secolo.
Un'analisi approfondita, ben documentata e illuminante sulla nuova rivoluzione
digitale e su ciò che essa comporta in termini di costi umani e ambientali.
Magiche, autonome, onnipotenti... Le intelligenze artificiali alimentano sia i
nostri sogni che i nostri incubi.
Ma mentre i giganti della tecnologia promettono l'avvento di una nuova umanità,
la realtà della loro produzione rimane totalmente nascosta.
Mentre i data center ricoprono di cemento i paesaggi e prosciugano i fiumi,
milioni di lavoratori in tutto il mondo preparano i miliardi di dati che
alimenteranno i voraci algoritmi delle Big Tech, a scapito della loro salute
mentale ed emotiva.
Sono nascosti nelle viscere dell'IA. Potrebbero essere il danno collaterale
dell'ideologia del “lungo termine” che si sta sviluppando nella Silicon Valley
ormai da alcuni anni?
Sul sito del Forte Prenestino tutte le informazioni sulla proiezione
Nella puntata di domenenica 17 novembre intervistiamo Antonio Casilli sul lavoro
nascosto e senza diritti che fa funzionare l'Intelligenza Artificiale; di questi
temi parleremo meglio Giovedì 20 al Forte Prenestino con la proiezione di In the
belly of AI. Segnaliamo alcune iniziative, poi le notiziole: l'Unione Europea
attacca il GDPR per favorire le grandi imprese dell'IA; Google censura video che
documentano il genocidio in Palestina: quali alternative?
Nella lunga intervista con Antonio Casilli, professore ordinario all'Istituto
Politecnico di Parigi e cofondatore del DiPLab, abbiamo parlato del rapporto tra
Intelligenza Artificiale e lavoro: la quantità di lavoro diminuisce a causa
dell'intelligenza artificiale? quali sono i nuovi lavori che crea? come si
situano nella società le data workers, ovvero le persone che fanno questi
lavori? come è strutturata la divisione (internazionale) del lavoro che fa
funzionare l'intelligenza artificiale? è vero che sostituisce il lavoro umano?
Per approfondire questi sono alcuni siti di lavoratori che si organizzano
menzionati durante la trasmissione:
* https://data-workers.org/
* https://datalabelers.org/
* https://turkopticon.net/
* https://www.alphabetworkersunion.org/
Inoltre:
* L'approfondimento di Entropia Massima, sempre con Antonio Casilli
* L'approfondimento di StakkaStakka di Luglio 2024, sempre con Antonio Casilli
Tra le iniziative:
* lo Scanlendario 2026 a sostegno di Gazaweb
* 27 Novembre, alle cagne sciolte, presentazione del libro "Server donne" di
Marzia Vaccari (Agenzia X, 2025)
Ascolta la puntata intera o l'audio dei singoli temi trattati sul sito di Radio
Onda Rossa
Come gradualmente trapelato negli ultimi giorni da vari organi di informazione,
la Commissione UE ha segretamente messo in moto una riforma potenzialmente
massiccia del GDPR.
Se le bozze interne diventassero realtà, ciò avrebbe un impatto significativo
sul diritto fondamentale delle persone alla privacy e alla protezione dei dati.
La riforma farebbe parte del cosiddetto "Digital Omnibus", che avrebbe dovuto
apportare solo adeguamenti mirati per semplificare la conformità per le imprese.
Ora la Commissione propone di modificare elementi fondamentali come la
definizione di "dati personali" e tutti i diritti degli interessati previsti dal
GDPR. La bozza trapelata suggerisce anche di dare alle aziende di IA (come
Google, Meta o OpenAI) un assegno in bianco per risucchiare i dati personali
degli europei. Inoltre, la protezione speciale dei dati sensibili, come quelli
relativi alla salute, alle opinioni politiche o all'orientamento sessuale,
verrebbe significativamente ridotta. Verrebbe inoltre consentito l'accesso
remoto ai dati personali su PC o smartphone senza il consenso dell'utente.
Molti elementi della riforma prevista ribalterebbero la giurisprudenza della
CGUE, violerebbero le convenzioni europee e la Carta europea dei diritti
fondamentali. Se questa bozza estrema diventerà la posizione ufficiale della
Commissione europea, sarà chiaro solo il 19 novembre, quando il "Digital
Omnibus" sarà presentato ufficialmente. Schrems: "Si tratterebbe di un massiccio
declassamento della privacy degli europei, dieci anni dopo l'adozione del GDPR."
Martedì 18 novembre, ore 18:00 presentazione di PEDAGOGIA HACKER con il gruppo
C.I.R.C.E.
Un’esplorazione su come costruire relazioni più consapevoli con il digitale.
Rivolto a chi educa, crea, si prende cura o semplicemente vuole abitare la
tecnologia con un’attitudine critica e conviviale. Per ridurre l’alienazione
tecnica e sperimentare forme di immaginazione liberatoria.
Tante persone si sentono impotenti di fronte ai sistemi digitali. è ora di
immaginare e creare sistemi che ci piacciono. Tutti possono diventare hacker:
persone curiose che vogliono imparare ad autogestire il potere delle macchine,
insieme.
L'appuntamento è a Via Fontanellato 69, Roma.
L'incontro è uno degli appuntamenti Spaghetti Hacker.
Sabato 6 dicembre, ore 16:30 SERVER RIBELLI — con Giuliana Sorci e Collettivo
BIDA Un percorso nella storia dell’attivismo digitale in Italia: dagli hacklab
nei centri sociali agli hackmeeting degli anni ’90, fino alle nuove comunità
hacker e all’esperienza di mastodon.bida.im.
Con una compagna del Frente Nacional Antiminero parliamo di estrattivismo in
Ecuador. Dopo i "boom" delle banane e del petrolio, il governo Noboa accelera i
progetti legati, stavolta, alle megaminiere. Come ci ricorda Erika, cambiano
soltanto i nomi mentre vediamo impiegate le stesse pratiche di violenza e
sfruttamento dei territori e delle vite considerate sacrificabili: il Plan
Condor diventa Plan Fenix e all'oro nero si affianca l'estrazione ancora più
massiccia di oro e rame. Ma continuiamo a tessere resistenze transnazionali.
Ascolta l'audio dell'intervento
“Il ciberspazio è quel posto in cui si trovano tutti i vostri soldi, a parte il
contante che avete in tasca” era una frase di John Perry Barlow che citavo
spesso a fine anni ’90. Una volta mi invitarono a parlare di digitale a una
piccola conferenza in ambito bancario e mi presi la soddisfazione di dirglielo.
Non mi hanno più chiamato.
Questo per dire che il danaro è già digitale da quel dì, e precisamente dal
1971, quando Nixon fece crollare il sistema della parità aurea e della
convertibilità della valuta in oro. Da quel momento, le banche centrali possono
creare moneta dal nulla, semplicemente mandandola in stampa. Ovviamente,
occorrono delle cautele, perché se un Paese normale stampa troppa moneta, quella
perde di valore, quindi non è una cosa che si fa a cuor leggero. Tranne gli
Stati Uniti, che stampano a destra e a manca perché tanto il dollaro è sempre il
dollaro. Fin che dura.
Cominciamo col dire una cosa: il settore dei pagamenti elettronici è saldamente
in mano americana. E questo oggi è un problema. Perché?
Perché la Corte Penale Internazionale dell’Aja, ha emesso un mandato di cattura
per genocidio contro Netanyahu , Trump si è risentito e Microsoft ha chiuso gli
account prima del presidente, e poi di tutto il personale della Corte.
Il vero problema dell’euro digitale non è un problema tecnico, è un problema
politico: la moneta digitale, senza salvaguardie di un rigore che non abbiamo
ancora mai visto, è il perfetto strumento di sorveglianza di massa.
Articolo completo qui
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Secondo i materiali in possesso dell'agenzia Reuters, una parte rilevante del
fatturato pubblicitario di Meta proviene infatti dalla diffusione di annunci
legati a truffe e prodotti vietati. Nei documenti interni si parlerebbe di circa
16 miliardi di dollari, un decimo del totale.
Tra questi ci sarebbe una nota della società proprietaria di Facebook, Instagram
e WhatsApp in cui si legge che le sue piattaforme mostrano una media di circa 16
miliardi di “scam advertisements” (pubblicità truffaldine) – che mostrano chiari
segni di attività fraudolente. Sette miliardi di dollari di ricavi nel 2024
sarebbero arrivati solo da queste ultime.
Semplicemente utilizzando i dati della Meta Ad Library, l’archivio che contiene
le pubblicità circolate su Facebook e Instagram, i ricercatori avevano
identificato oltre 46mila inserzioni pubblicitarie contenenti farmaci non
approvati e affermazioni sanitarie ingannevoli, comparse sugli schermi degli
utenti europei più di 292 milioni di volte. Come si legge sul report: “Questi
annunci violavano almeno 15 delle norme pubblicitarie e comunitarie di Meta
stessa, includendo deepfake di personaggi famosi, falsi medici o testate
giornalistiche, e affermazioni sanitarie fuorvianti".
Fonte qui
Secondo i materiali in possesso dell'agenzia Reuters, una parte rilevante del
fatturato pubblicitario di Meta proviene infatti dalla diffusione di annunci
legati a truffe e prodotti vietati. Nei documenti interni si parlerebbe di circa
16 miliardi di dollari, un decimo del totale.
Tra questi ci sarebbe una nota della società proprietaria di Facebook, Instagram
e WhatsApp in cui si legge che le sue piattaforme mostrano una media di circa 16
miliardi di “scam advertisements” (pubblicità truffaldine) – che mostrano chiari
segni di attività fraudolente. Sette miliardi di dollari di ricavi nel 2024
sarebbero arrivati solo da queste ultime.
Semplicemente utilizzando i dati della Meta Ad Library, l’archivio che contiene
le pubblicità circolate su Facebook e Instagram, i ricercatori avevano
identificato oltre 46mila inserzioni pubblicitarie contenenti farmaci non
approvati e affermazioni sanitarie ingannevoli, comparse sugli schermi degli
utenti europei più di 292 milioni di volte. Come si legge sul report: “Questi
annunci violavano almeno 15 delle norme pubblicitarie e comunitarie di Meta
stessa, includendo deepfake di personaggi famosi, falsi medici o testate
giornalistiche, e affermazioni sanitarie fuorvianti".
Fonte qui
Nel 2021, Google e Amazon hanno stipulato un contratto da 1,2 miliardi di
dollari con il governo israeliano per fornire servizi avanzati di cloud
computing e intelligenza artificiale, strumenti che sono stati impiegati durante
i due anni di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. I dettagli del
contratto, noto come Progetto Nimbus, sono stati mantenuti riservati.
Documenti riservati del Ministero delle Finanze israeliano ottenuti dal
Guardian, tra cui una versione definitiva del contratto, e fonti vicine alle
trattative rivelano due richieste vincolanti che Israele ha imposto ai giganti
della tecnologia come parte dell'accordo. La prima vieta a Google e Amazon di
limitare l'utilizzo dei loro prodotti da parte di Israele, anche se tale
utilizzo viola i loro termini di servizio. La seconda obbliga le aziende a
informare segretamente Israele se un tribunale straniero ordina loro di
consegnare i dati del paese memorizzati sulle loro piattaforme cloud, aggirando
di fatto i loro obblighi legali.
I funzionari israeliani incaricati di redigere il contratto avevano previsto la
possibilità che Google e Amazon fossero oggetto di azioni legali relative
all'uso della loro tecnologia nei territori occupati.
Uno scenario che preoccupava particolarmente i funzionari vedeva le due società
ricevere da un tribunale di uno dei paesi in cui operano l'ordine di consegnare
i dati di Israele alla polizia, ai pubblici ministeri o alle agenzie di
sicurezza come parte di un'indagine. Ad esempio, per valutare se l'uso dei loro
prodotti da parte di Israele fosse collegabile a violazioni dei diritti umani
nei confronti dei palestinesi.
Articolo originale in inglese qui
Italiano qui