Lo scrittore Guido Morselli dai suoi nipoti si faceva chiamare “Orso”, anzi
talvolta “Orzo”, forse per mettere dentro la parola orso quella zeta affilata
dello zio che era, dopotutto. Zio di Loredana, Gianluca, Nicoletta, figli della
sorella Maria, che, per vezzo e per dispetto, lui chiamava “Mariolino”. Per non
parlare della nipote Loredana, da Guido battezzata “zia Lori” e poi Gianluca,
che lui chiamava “Tonino”.
Non può che nascere da un’esigenza creativa profonda questo vezzo di mutare i
nomi alle persone, di nominare le persone e le cose alla rovescia, ribaltare i
punti di vista, invertire il genere, per scovare nuove chiavi di interpretazione
del mondo. Nomina sunt consequentia rerum dice il latino? Etsi omnes, ego
non replicherebbe Guido Morselli: l’eccezione poteva diventare la regola. Lui
del resto “scrittore senza destinatario”, lo scrittore che è diventato tale
solo post mortem. Lo scrittore che… non lo pubblicava nessuna casa editrice.
> “Era eclettico, sperimentò generi diversi, cambiò pelle letteraria. Mi ricordo
> quando si mise a lavorare persino a un curioso Dizionarietto dietetico, con
> l’aiuto di un medico”.
Queste le parole dell’amico “colto”, l’intellettuale Dante Isella che la giovane
studiosa Elena Valentina Maiolini pone a epigrafe di un volume preziosissimo
tanto curioso e stravagante, da lei curato, il Dizionario dietetico che esce
proprio in questi giorni di aprile 2025, per Biblioteca Ronzani. Un’opera
originale che testimonia, ennesima, amara prova, il talento e l’apertura alla
sperimentazione, a tutto campo, dell’outsider italiano del Novecento.
Giornalista, drammaturgo, reportagista, sceneggiatore e ora, qui, lessicografo.
Anche se si tratta di un’attitudine che già gli riconoscevamo con certo uso
creativo del linguaggio (leggi alla voce fobantropo, nittalopo). E già
conoscevamo il suo interesse vitivinicolo (aveva seguito da vicino il colono
Bosatelli nella produzione del Vino del Sasso di Gavirate) e quello
nell’agronomia (dalle piante da frutto a quelle dei capperi da far sbocciare tra
le fessure dei muretti a secco del podere di Santa Trinita a Gavirate).
Altrettanto frequenti, nell’opera narrativa di Morselli, sono i riferimenti agli
alimenti, alle pietanze tanto quanto alle “bicchierate”. Uno su tutti mi torna
in mente, dall’opera Contro-passato prossimo:
> “seduto e vociante fra una dozzina di commensali, finché scomparve dietro una
> montagnola di tagliatelle alla bolognese. Era F.T. Marinetti, seppe dal
> cameriere. Con una rappresentanza apostolica di futuristi, la Nuova Accademia.
> Quest’altra mensa al profumo di ragù e chianti, surrettiziamente gli si
> sovrappose alla ‘mensa’ che aveva lasciato mezz’ora prima”.
Si dice che Morselli non amasse cucinare, che, a casa sua, l’ospite avrebbe
assaporato la ruggine della grattugia. A tavola nella casa di Milano, arrivando
perennemente in ritardo, Guido toglieva lesto da sotto il naso di suo padre,
Giovanni Morselli, il ricco piatto; non doveva esagerare. Il padre, modenese,
figlio di un medico condotto, era laureato in Chimica Farmaceutica a Bologna ed
era stato assunto alla Carlo Erba di Milano. Convinto sostenitore della ricerca
nel campo della produzione, Giovanni Morselli aveva sperimentato con successo
alimenti per l’infanzia quali farina lattea e alimento GIM, che gli
conquistarono la fiducia di Giuseppe Visconti di Modrone. Giovanni Morselli
aveva inventato per la Carlo Erba anche le polverine “IDRIZ” per render l’acqua
gasata. E sembra proprio la chimica degli alimenti (che probabilmente respirava
in casa, dove c’erano comunque, ai fornelli, diverse persone di servizio)
sposata all’accurata scelta delle parole alla base di questa sua originale
“filosofia dell’alimentazione”. L’attenzione a quella famosa regola che doveva
essere la misura, il tanto celebrato “cum grano salis”. A tavola, scrive Guido
Morselli: “è bene essere il più possibile allegri”, con un imperativo che fa
riflettere:
> “non leggere e non trattare affari, così come è ottima norma riposare dopo i
> pasti ascoltando qualche brano di piacevole musica o schiacciando un pisolino
> o dedicandosi a qualche svago gradito che non implichi soprattutto eccessiva
> applicazione mentale o visiva”.
A quale svago gradito fa riferimento?
Al suo fianco nella realizzazione del Dizionario l’amico medico chirurgo Giorgio
Riva, specialista in medicina interna presso la clinica La Quiete di via
Annunciata a Milano. Aveva chiesto lumi anche al medico Franco Zighetti, marito
di Franca Bassi, figlia dell’amica Maria Bruna Bassi, e – mi suggerisce Andrea
Bortoluzzi – al fratello dell’amico notaio Bepi Bortoluzzi, il dottor Emilio
Bortoluzzi, fondatore del reparto di rianimazione dell’Ospedale di Circolo, a
Varese. Amici medici e medici amici, di ispirazione letteraria (supponiamo) nel
ventaglio dei personaggi che abbiamo imparato a conoscere, a riconoscere e ad
amare tra le opere narrative di Morselli. Penso ovviamente a Karpinsky
di Dissipatio H.G., ma anche al dottor Vanetti di Un dramma borghese, a Saverio
Maggio di Uomini e amori e a tante tante figure salvifiche e di accudimento che
incontriamo nell’opera narrativa di Guido Morselli. In questo caso, la strada di
pubblicazione esula dalla letteratura per pigliare un sentiero divulgativo e di
salute, una destinazione di “necessità sociale”.
La struttura è tripartita – spiega Maiolini nel saggio introduttivo Il gusto
dello scrittore – “sommaria introduzione alla dietetica in generale”, sulle
caratteristiche, le composizioni e i tempi di digestione degli alimenti (vi sono
compresi i sintetici Consigli dietetici per sani), il dizionario “vero e
proprio”, ossia il lemmario con le voci sulle sostanze commestibili (se ne
contano 333), distribuite in ordine alfabetico, con indicazioni varie, da note
linguistiche a componenti biochimiche, da proprietà digestive a tradizioni
agricole; e infine una sezione sulle diete in regimi terapeutici particolari”. E
qual è la finalità? Lo scopo voleva essere fondamentalmente civile come spiega
Morselli all’inizio della Presentazione:
> “Scopo del nostro lavoro è stato quello di fornire al pubblico alcune nozioni
> elementari e un orientamento di massima, nel campo
> dell’alimentazione. È chiaro dunque che il presente volumetto non costituisce,
> neppure in compendio, un trattato di bromatologia o di dietetica”.
“La materia quando inizia a soffrire” era la sua annotazione alla voce vivere,
pescata dal guazzabuglio del suo Diario. Un interesse mai sopito per la
dimensione esistenziale che rende Guido Morselli un autore di culto. Come mi
conferma Elena Valentina Maiolini. Qui riporto il nostro dialogo.
Come si concilia e dialoga la stesura del «Dizionario dietetico» con la
produzione narrativa di Morselli?
È il testo preliminare alla stagione creativa dei grandi romanzi. Ci lavora
nell’estate del 1956, mentre al primo importante romanzo, Un dramma borghese,
sappiamo che si mette nella seconda metà del 1961. Si potrebbe partire da questo
dato, per valutare il Dizionario dietetico in rapporto alla produzione
narrativa: dopo aver scritto per anni tanti testi brevi (quelli che hai raccolto
tu l’anno scorso per il Saggiatore, con Giorgio Galetto e Fabio Pierangeli),
prima di cambiare la sua «pelle letteraria» – con le parole di Dante Isella –
con il genere del romanzo, si volle cimentare con una forma breve, anzi
brevissima: un lemma di dizionario, appunto.
Vede la luce a quasi settant’anni dalla sua stesura grazie al Fondo per
ricercatori destinatomi dalla Commissione ricerca dell’Università dell’Insubria,
che ci tengo a ringraziare, insieme al mio Dipartimento di Scienze umane e
dell’innovazione per il territorio e al Centro Storie Locali dell’Insubria. Ma
soprattutto, grazie al permesso degli Eredi, sostenuti da te con costanza.
Qualcuno ha parlato di “fiducia nella parola” per Morselli, ma è sfiducia nel
genere umano?
Gianmarco Gaspari ha definito con questa felice formula la predilezione di Guido
Morselli per la sintassi breve. Molto spesso le sue frasi si addensano; ci sono
proprio dei punti dove la scrittura sulla pagina si restringe, e produce un
aforisma: frasi brevi e molto efficaci, evocative, che si mandano a memoria
volentieri. Ciò accade senz’altro anche in quest’opera lessicografica che non
conoscevamo; e no, non direi che si tratti di una sfiducia nel genere umano.
Potresti ben dirlo anche tu, che tanto hai studiato la sua biografia, come
potesse essere attento verso gli altri. Sono d’accordo con Vittorio Coletti:
l’umanesimo di Morselli consiste in «un’attenta fenomenologia degli atti umani»
(atti alimentari, in questo caso!), che sottopone a una lucida osservazione,
«con una tonificante dose di realismo pragmatico e positivo».
Che cosa ha spinto Morselli ad abbracciare un così vasto tema e un progetto così
profondamente diverso dalle altre sue opere?
Non dimentichiamo che non lo sapeva: non sapeva che cosa sarebbe venuto dopo.
Per noi è l’autore sommerso di Un dramma borghese, di Roma senza papa,
di Dissipatio H.G.… ma al tempo di questa impresa lessicografica, non li aveva
ancora scritti. Aveva scritto saggi, articoli dal taglio giornalistico,
racconti… poi questo dizionario. Forse era alla ricerca di un genere?
Sicuramente il Dizionario dietetico è l’esito di una curiosità intellettuale e
umana forte: vi si apprestò con l’entusiasmo testimoniato da alcuni picchi nel
tono (come un onore! a Napoli, ideatrice degli spaghetti con le vongole!), e con
la curiosità dell’intenditore di pasticcerie cittadine, dell’osservatore di
insegne sulle vetrine dei formaggiai… ma anche del coltivatore in proprio di
asparagi.
Quali sono le voci più folgoranti o più sorprendenti?
Io trovo gustosissime quelle in cui si manifestano alcune sue predilezioni. Ad
esempio, per la vita di campagna, rispetto a quella di città: uno dei temi in
cui si incanala una vena ironica indubbia, che non gli è stata riconosciuta a
sufficienza.
Prendiamo la voce aglio:
> «È veramente un condimento, se non un cibo, sanissimo, e varrebbe la pena di
> esercitarci a superare l’avversione che suscita in noi, abitanti della città
> raffinati e schizzinosi, il suo agreste profumo».
Questa è folgorante, e ben strutturata: c’è un senso di realtà territoriale,
stereotipata, ma non troppo; c’è il profumo della terra, c’è il senso
psicologico del cibo. E poi c’è il gusto della lingua italiana: il lessico, con
la differenza tra condimento e cibo; la locuzione che definisce (se non un
cibo…); le strategie che fanno il tono colloquiale, morbido, mai perentorio,
ossia il condizionale (varrebbe la pena) e il noi inclusivo (esercitarci… noi,
abitanti).
Che cosa aggiunge questa opera inedita alla lettura del corpus letterario di
Guido Morselli?
Tra le varie cose, direi un catalogo. Appassionati e studiosi di Morselli vi
troveranno un prontuario di tanti aspetti declinati in forma narrativa nei
romanzi. Tu già dicevi che ci sono molto medici, nei suoi romanzi. E pure
sappiamo che ci sono dei cibi, che c’è il caffè… Una mia laureanda, Eleonora
Trezzi, sta scoprendo molti contatti con la prima opera che è seguita, Un dramma
borghese. Ad esempio, il dottor Vanetti, che prima ricordavi, l’interlocutore
privilegiato del protagonista, a un certo punto gli confida di essere socio di
una fabbrica di caramelle a Losanna: «Adesso, per integrare il guadagno di
medico, che non gli basta, è socio in una fabbrichetta di caramelle, a Losanna,
e lo tiene nascosto, dice, per salvaguardare la sua dignità. Le caramelle sono
tossiche per lui, gli paiono una degradazione», registra l’io narrante nel suo
resoconto quotidiano al magnetofono. Ebbene, tra le fonti del Dizionario c’è un
foglietto di pubblicità su uno spazzolino, brevettato nel 1949 da un dentista di
Trieste, che sembra proprio esprimere tutte le preoccupazioni che in Vanetti,
improvvisato imprenditore contro la salute dentale, si fanno sensi di colpa.
Segnalo che, grazie al permesso degli Eredi, con la tua mediazione, e alla
disponibilità del Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di Autori
moderni e contemporanei dell’Università di Pavia, ora le fonti di tipo
giornalistico e pubblicitario sono tutte in rete nel sito del Centro Storie
Locali: https://morselli.cslinsubria.it/.
Affrontare e attraversare questo schivo autore del Novecento è un’avventura
unica che non lascia indifferenti: che cosa insegna oggi a distanza di oltre
mezzo secolo dalla sua scelta di abbandonare la vita?
Che la fatica di vivere non è in contraddizione con l’amore per la vita.
Linda Terziroli
L'articolo “Qualche svago gradito”. I “consigli dietetici” di Guido Morselli
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