Nella storia del cinema il 1955 fu l’anno di James Dean. Prima di scomparire
alla velocità di una meteora, il giovane ribelle statunitense lasciò dietro la
sua scia tre film indimenticabili, la promessa della fama mondiale e il sogno di
diventare regista.
Eletto a idolo romantico della gioventù degli anni Cinquanta, Dean diede corpo e
voce a personaggi fuori da ogni schema. Per Elia Kazan aveva vestito i panni del
rancoroso ma dolce eroe steinbeckiano di East of Eden (La Valle dell’Eden), nel
superbo Rebel Without A Cause (Gioventù bruciata) di Nicholas Ray si era
trasformato nell’intrepido Jim Stark, chiudendo con aplomb nella parte
dell’orgoglioso Jett Rink in Giant (Il Gigante postumo), a coronare la triade
per cui è ricordato come il “ragazzo d’oro” del cinema americano.
Nello stesso anno, la promessa di Broadway – il debutto in See the Jaguar è del
’52 – fuggiva dalle luci del successo e da lunghe notti insonni, trascinate sui
marciapiedi di New York, per tornare alle sue radici, a Fairmount. Qui poté
finalmente respirare, ancora per qualche tempo, l’aria di casa. Non appena
giunto nella cittadina sonnolenta dell’Indiana s’immerse a capofitto nel torpore
della vita rurale, confondendosi fra i contadini e i manovali del paese.
James ‘Byron’ Dean in compagnia del suo border collie Tuck a Fairmount, Indiana,
1955.
Nato nella vicina Marion, il piccolo Jimmy era cresciuto nella fattoria di
proprietà dello zio Mark Winslow, il quale tornava prodigamente ad ospitarlo.
Accolto a braccia aperte da tutti i suoi cari, riunì attorno a sé i membri di
almeno tre generazioni. L’avrebbe seguito ovunque, dal selciato bagnato di
Times Square ai suoi frugali ambienti domestici, l’obiettivo di Dennis Stock
(lo stesso che ispirerà le pose di Kate Moss e Liz Tyler dopo di lui). Deciso a
tracciarne le orme, per immortalarlo sotto un aspetto più intimo, il cronista
mondano gli avrebbe dedicato una celebre serie di ritratti destinata alle
prestigiose testate di Life. Come riporta l’editor Eliza Berman, l’incontro tra
il fotografo e la futura star ebbe un effetto folgorante:
> “Mentre Stock ascoltava Dean parlare con nostalgia della sua educazione a
> Fairmount, nell’Indiana, pensò bene di cogliere il ritratto di un giovane uomo
> sospeso tra due mondi: quello della fattoria di famiglia, dove i suoi zii lo
> avevano allevato dopo la morte della madre, e quello di Hollywood in cui
> sarebbe stato presto accolto”.
A metterne in luce i turbolenti rapporti si aggiunge in tempi recenti il tributo
offerto da Anton Corbijn ai due artisti, interpretati dai brillanti Robert
Pattinson e Dane DeHann, nel film Life (2015).
Nel febbraio 1955, alla domanda “Dove scattiamo le foto?” Stock aveva proposto
“dove sei più felice”. Da quel momento, l’appeal del saltimbanco nottambulo e
del selvaggio contadino andava fissato in una delle maggiori icone di bellezza
maschile del secolo.
Unico nel suo genere, il volume che raccoglie le fotografie di Stock – ironiche,
stravaganti e familiari –, uscito in Italia come James Dean. Per sempre
giovane (Contrasto, 2005), include anche una nota biografica sull’amico modello,
seguendone passo dopo passo il profilo anticonformista.
> “Jimmy non teneva minimamente al proprio aspetto: due volte su tre si vestiva
> in modo più che trasandato, che si trattasse di una riunione formale o
> informale”.
Aggirato il volto da leggenda, questi scatti delicati e spontanei lanciano uno
sguardo lucido sul ragazzo più autentico, legato alla sua terra e teneramente
devoto alla famiglia.
In quei giorni, la vita dai Winslow procedeva al suo ritmo regolare, essenziale
e aromatica, proprio come l’aveva lasciata prima di ascendere alla luce di Santa
Monica o ai ritmi sfrenati della vita newyorkese. Le ore più calde trascorrevano
in un’atmosfera rustica e serena, imbevuta di reminiscenze d’infanzia di stampo
quacchero e circondato dai suoi affetti.
Steso a pancia in giù sul tappetto del salotto e preso dall’entusiasmo nei
giochi del cuginetto Markie, che aveva visto crescere, Jim si sentiva racchiuso
nel grembo di un’alcova, un rifugio sicuro dove poter essere l’eterno fanciullo
dei suoi sogni. Adesso, più di tutto, il caos della metropoli era svanito
lontano come un’isola del Pacifico, scacciato dal suono del bongo che portava
sempre con sé.
Per sempre giovane. Dean gioca insieme al cugino Marcus Winslow Jr.
Durante il breve soggiorno, l’orgoglio d’Indianapolis ebbe anche il tempo di
visitare le aule della vecchia high school, venendo travolto da un’ondata di
nostalgia per gli anni dell’adolescenza consumati da vero campione tra
eccezionali partite di basket e prime produzioni teatrali. Più tardi, la sua
insegnante di recitazione e prima fan Adeline Nall avrebbe ricordato in toni
sinceri e commossi lo studente di genio che lasciò il segno sul palco
scolastico:
> “Jimmy Dean amava sentire il suolo dell’Indiana sotto ai suoi piedi, e credo
> che traesse da lì gran parte della sua energia.”
Un famoso scatto di Stock, poi rimasto iconico, lo vede davanti a tutta la
famiglia raccolta attorno alla tavola imbandita per il pranzo della domenica. A
un tratto, il nuovo arrivato prese a recitare un noto componimento del sommo
poeta locale James Whitcomb Riley: il preferito della madre che scelse di
chiamarlo James Byron in onore alle proprie passioni letterarie.
Con timbro enfatico e strampalato, la personalissima lettura
di Home-Going (1910), attestava il ritorno a casa attraverso la via diretta
della poesia:
> “Oh! Siamo così bisognosi di casa
> La risata del mondo è come un gemito
> Nei nostri orecchi stanchi, e pure i suoi canti son vani,
> Dobbiamo tornare a casa – dobbiamo tornare di nuovo a casa!
> Dobbiamo tornare a casa:
>
> […] Là dove tutto riposa:
> Il tocco di tenere mani su fronte e capelli –
> Stanze buie, in cui più dolce è la luce del sole –
> L’amore perduto di madre e figlio…”
James Dean declama i versi di James Whitcomb Riley, il poeta dell’Indiana.
Per una singolare nemesi, il giovane eroe del cinema avrebbe fatto nuovamente
ritorno in Indiana, ma stipato dentro un feretro più scomodo di quello in cui si
era adagiato, solo sette mesi prima, durante una buffa visita alle vicine
imprese funebri. La lente incredula dell’amico lo catturava allora, nel presagio
d’un eccesso burlesco, con l’espressione da bambino ferito stampata per sempre
sul volto.
Ma come ha scritto Oriana Fallaci, agli occhi del pubblico e dell’industria
cinematografica, James Dean non poteva rassomigliare in toto a un ingenuo
contadino del suo Stato natale, tanto sfaccettato era il talento che gli
spianava la strada per il mito. Da fervido seguace di Brando, si sarebbe
avvicinato di ruolo in ruolo ai divi moderni come ai vecchi idoli europei:
> “Era la Sagan tradotta in americano, l’adolescente pazzo per noia romantica,
> più vicino all’europeissimo Truman Capote e a Oscar Wilde che ai personaggi
> contadineschi di Peyton Place o ai giovani pazzi ma paesani che si riscontrano
> nei romanzi americani”.
Fissato nell’icona di Hollywood e del viveur di Manhattan, il nuovo “bello e
dannato” sfrecciava verso le stelle di una carriera tutta in ascesa.
A stroncare tragicamente la parabola della sua breve esistenza, sancendone la
consacrazione all’Olimpo californiano, una corsa maledetta sull’asfalto della
U.S. Route 466, sul sedile della temibile “piccola bastarda”, la sua Porsche 550
Spyder. In un amplesso di euforia e bagliori di gloria, rapido come aveva
vissuto, se ne andava in un lampo, direzione Salinas.
Pierluigi Piscopo
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da Pangea.