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Riccardo Ielmini: lo scrittore che non ha mai sbagliato un libro, con un Loch Ness nel cuore
Se vuoi conoscere uno scrittore – uno scrittore vero – devi andare a Laveno. Sponda lombarda del Lago Maggiore. Ho sempre frequentato l’altra, quella piemontese: la preferivano Manzoni e Rebora, forse perché sboccia nella Val Grande, la più grande area selvaggia d’Italia. Scrivere vuol dire dare del tu ai lupi.  È vero: ho sempre tenuto in sospetto i lombardi di lago. Gente dai sorrisi larghi e ingrigiti; di un’eleganza stantia, a un passo dalla città. Riccardo Ielmini non fa eccezione. Classe 1973, elegante, educato – sorride sempre. A Luino, poco più in là, sono nati Piero Chiara e Vittorio Sereni. Di mestiere, Ielmini fa il dirigente scolastico di un Istituto comprensivo a Cuveglio: tremila e passa abitanti in provincia di Varese. Non ci sono mai stato. Bisogna sospettare sempre degli uomini di lago: dietro le apparenze da villino con florilegio di ortensie, si cela un mostro. Anche quel gentile dirigente scolastico nasconde, nei sotterranei del cuore, un Loch Ness.  Riccardo Ielmini, semplicemente, non ha mai sbagliato un libro. Esordì come poeta nel nuovo millennio, nel 2000, con un libro rivoluzionario fin nel titolo, Il privilegio della vita. A dispetto dei poeti inargentati dal dolore, inclini al lamento, Ielmini canta la gioia, la sofferenza come prova, la fermezza nell’amare. Alcuni versi, di per sé, segnarono una rivolta: “Arrivare a dire sono uno fortunato”; “Stare nel privilegio della vita”; “Quanta vita ancora chiede voce”. Ecco un poeta che ha la primavera tra le falangi, verrebbe da dire; verrebbe da dire: ecco un poeta nel pieno della lotta, nell’urlo. In una poesia, Ielmini scrive di Kurt Cobain (attacco memorabile: “I bambini belli la vita li rovina/ quasi sempre, gli inficca nel cuore una lama”), un’altra s’intitola Mio padre è uno stanco democristiano. Credo che Ielmini tifi ancora Inter – fedeltà alla squadra come alla donna –; ha uno stuolo di figli, ho perso il conto. A me ricorda James Stewart, il grande attore, quello di It’s a Wonderful Life. Riccardo Ielmini ha scritto un altro libro in versi memorabile: s’intitola – appunto – Una stagione memorabile, lo ha pubblicato Il Ponte del Sale nel 2021, ma non è questo il punto. Ielmini non ha sbagliato neppure un libro. Nel 2011 ha pubblicato una folgorante raccolta di racconti, Belle speranze (stampa Macchione), nel 2019, per le edizioni Unicopli, è uscito con Storia della mia circoncisione. Leggetelo. Si parla di un venticinquenne, Giovanni De Ambrosis, di un kibbutz in Lombardia, della Svizzera e di Dio.  Lui è Riccardo Ielmini Forse Riccardo Ielmini è l’unico scrittore autenticamente “cattolico” d’Italia – nel senso che gli scrittori cattolici, in Italia, di solito rifuggono dallo scrivere di Dio; lui invece no, Ielmini non ha paura di lordare le sacre verità, di dissacrare il tempio e di pronunciare invano il Nome. Quando si legge Riccardo Ielmini accade uno strano fenomeno. Ielmini scrive in un italiano sgargiante, ‘manzoniano’, si direbbe (di certo, marziano all’oggi); il suo è un tono da ironia epica, eppure, pare, leggendolo, di sentire i modi di Philip Roth, i toni di Saul Bellow e di Henry Roth, lo straordinario scrittore di Chiamalo sonno. Ecco: Riccardo Ielmini, l’ultimo scrittore autenticamente “cattolico” d’Italia, scrive come un ebreo-americano.  L’ultimo libro di Riccardo Ielmini – uno scrittore-cecchino, uno scrittore che non sbaglia neanche un libro – s’intitola Spettri Diavoli Cristi Noi (Neo, 2025), ed è il libro più bello di questo autore così anomalo. Il romanzo si svolge in un paese in riva al lago dal nome fittizio, Contea; i protagonisti sono un gruppo di ragazzi, la Confraternita; il contesto mostra messe nere, assassini in serie, orrori a tracannare. L’incipit è apocalittico, una specie di John Milton all’imbarcadero:  > “In principio, nel buio, prima del sonno, è la paura, la magica > incontrollabile paura del Diavolo che aleggia sulla giovinezza, il Diavolo > bestemmiato dalle nostre vecchie come Anticristo, Bestia, Ciapìn, > l’acchiappa-anime che visita i tuoi sogni, bambino, che si intrufola nel tuo > ozio, pinìn, che perlustra gli angoli morti della tua fragile fortezza, stèla, > e quindi sta’ lontano dal Diavolo…”  …e avanti così, in sabba, per un paio di pagine. Il romanzo è fitto di personaggi sfacciati e fiabeschi – “Indiano Joe”, “L’Uomo Dei Boschi”, “Artù il Muto”, “La Frida” –, alcuni dei quali – Von Arcimboldi e Frau Ingeborg Bauer – sono tratti dai libri di Roberto Bolaño. Il romanzo inscena, soprattutto, l’eterna lotta tra il Bene e il Male – “l’Altissimo dava retta alle giaculatorie delle nostre vecchie e disseminava nelle boscaglie intorno alla Contea i suoi spettri custodi” – perché il Male, quello al di là del raziocinio, esiste – “la Bestia esiste e indossa panni di carne umana e schianta la sua fame aggredendo altra carne, carne debole, innocua” –, ma pure il Bene, quello incredibile, quello indicibile. Non mancano le viltà, i tradimenti e i giornalini porno: l’orrore non è negato, ma narrato con la certezza che l’Onnipotente, prima o poi, farà quadrare il caos. Più che a Flannery O’Connor, Ielmini guarda, in questo romanzo, al ghigno da chassid di Isaac B. Singer. Su tutto, aleggia un’atmosfera che mescola Twin Peaks ai Goonies; sgommano a go-go falangi di vecchie, indimenticate bmx.  In un articolo pubblicato ricordando Simone Cattaneo – su “Atelier” n. 67, del settembre 2012, lo trovate in rete –, Ielmini accenna a Dejan Stanković: furoreggiava nell’Inter di allora. “Una volta mi aveva tenuto un monologo sugli slavi: razza calcistica superiore, perfetta: bastardi con piedi buoni da sudamericani e testa dura e cattiva, aveva detto”. Le stesse caratteristiche tecniche di Ielmini: estro e ferocia, genio e pervicacia.  Non ha mai sbagliato un libro.  Mai trovarselo davanti. Sembra gentile, sorride sempre – è implacabile.  L'articolo Riccardo Ielmini: lo scrittore che non ha mai sbagliato un libro, con un Loch Ness nel cuore proviene da Pangea.
June 3, 2025 / Pangea