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“Verso l’ignoto”. Catherine Pozzi, la poetessa notturna
Catherine Pozzi è una poetessa. È la poetessa francese che ammaliò Valéry e Rilke. È il trait d’union delle lingue nella poesia. Genio tubercolotico, con la voce della notte, insegnava danzare alle parole. Concisa. Poco incline al compromesso, fu tutta sentimento. Proprio per questo pagò cara la tresca con il più grande poeta francese di quel tempo: Paul Valéry. Essenza e umore sfuggenti facevano di lei una donna solitaria, poco affine ai salotti dell’epoca. Le sue poesie sono lampi provenienti da un cielo a margine, sospeso tra dimensione terrena e immaginaria. Le sue poesie, una volta scritte, comportano un cordoglio, e mestizia, per la morte del poeta stesso che le ha create. Scrisse soprattutto sei grandi liriche, tutte pubblicate postume, tranne una, Ave (apparsa sulla “NRFˮ il 1° dicembre del 1929), preghiera-ode, cantico-celebrazione per quell’«altissimo amore» innominabile e irraggiungibile, nel quale il corpo si frantuma e dissolve. Quasi addio (Vale) Il grande amore che mi hai dato Il vento dei giorni l’ha mandato in frantumi ‒ Dove fu la fiamma, dove fu il destino, Dove eravamo, dove per mano stretta                      Noi stavamo Il nostro sole, il cui ardore era pensato Il mondo per noi di essere senza un secondo Il secondo cielo di un’anima divisa Doppio esilio dove il doppio si fonde Il suo luogo per te appare cenere e paura, I tuoi occhi verso di lui non l’hanno riconosciuto La stella incantata che sviava lo sguardo L’estremo istante del nostro unico abbraccio                      Verso l’ignoto. Ma il futuro che ti aspetti di vivere È meno presente del bene scomparso. Qualsiasi raccolto che alla fine ti porta Lo berrai senza poter essere così ubriaco                        Del vino perso. Io ho ritrovato il celeste e il selvaggio Il paradiso dove l’angoscia è desiderio. L’altisonante passato che cresce di età in età È il mio corpo e sarà il mio senso                       Dopo la morte. Quando in un corpo la mia gioia dimenticata Dove fu il tuo nome, prenderà la forma del cuore Io rivivrò il nostro grande giorno, E questo amore che ti ho dato                       Per il dolore. * Maya Scendo i gradini di secoli e di sabbia Che ritornano a voi nell’istante disperato Terra di templi d’oro, entro nella vostra favola                                   Atlantico adorato. Da un corpo che non mi appartiene più, la fiamma finalmente fugge L’Anima è un nome disprezzato dal destino ‒ Lascia che il tempo si fermi, lascia che la cornice crolli, Ritorno sui miei passi verso l’abisso infantile. Gli uccelli planano sul vento nell’Occidente marino, Devi volare, felicità, nella vecchia estate, Tutti profondamente addormentati dove cessa la riva Rocce, il canto, il re, l’albero lungamente cullato, Stelle da tempo legate al mio primo volto, Sole stupefacente incoronato di calma. Intransigente e severa critica di se stessa, Catherine Pozzi visse con l’anima aperta sul mondo, trasponendo in versi dal temperamento mistico la sua intensa fame d’assoluto e il suo non meno sconcertante desiderio di calarsi nel regno tumultuoso della notte oscura. «Quello che non può diventare notte o fiamma», confessava la poetessa, musa e amante tradita di Paul Valéry, «lo si deve mettere a tacere». Poetessa pura, genio giovanile come il suo amato/odiato Paul, non poteva che lasciarci un diario denso e intenso, intriso di canto e lirica. Intraprende i suoi studi con sete di conoscenza enciclopedica: si interessa a materie diverse come la filosofia greca, la teologia, la fisica e la chimica, nonché ai misteri orfici e al pensiero orientale. Il suo bisogno di razionalità da un lato e di assoluto dall’altro non conosce limiti. Tutto ciò fa di lei persino una fine traduttrice, che ha saputo però gestire il genio, comprendendo e godendo pienamente dalla lettura le poesie della Browning tradotte da Rilke, e le poesie di Rilke tradotte da Valéry. Infatti, senza entrare nel merito del suo rapporto con Catherine, Valéry pregò Rilke di inviarle le sue traduzioni dei Sonetti dal portoghese di Elizabeth Barrett-Browning, precisandogli che la sua «amica» era ben qualificata per apprezzarle, considerata la sua ottima conoscenza dell’inglese e del tedesco, ma soprattutto in ragione della sua ammirazione sconfinata per la poetessa inglese. Questo fu il la, tra l’altro, per la nascita di un carteggio assoluto tra Rainer Maria Rilke e la Pozzi. Nyx                                                           A Louise anche lei di Lione e d’Italia O voi mie notti, o nere attese O paese orgoglioso, o segreti ostinati O lunghi sguardi, o nudi ardenti O volo consentito oltre i cieli chiusi. O gran desiderio, o diffusa sorpresa O bel cammino dello spirito incantato O male peggiore, o grazia discesa O porta aperta dove nessuno era passato Non so perché muoio e annego Prima di entrare nella dimora eterna. Non so di chi sono la preda. Non so di chi sono l’amore. * Ave Altissimo amore, se è possibile che io muoia Senza sapere da dove vi ho preso, In quale sole era la vostra casa In quale passato il vostro tempo, in quale ora                                           Io vi amavo, Amore altissimo che fuggite il ricordo, Fuoco senza focolare di cui ho fatto tutta la mia giornata, In quale destino avete tracciato la mia storia, In quale sonno si vedeva la vostra gloria,                                           O mia dimora… Quando sarò persa con me stessa E divisa nell’abisso infinito. Infinitamente, quando sarò sopraffatta, Quando il presente di cui sono rivestita                                           Avrà tradito, Per l’universo in mille corpi sbriciolata, Di mille istanti non ancora raccolti, Dalla cenere ai cieli fino al nulla setacciato, Lo rifarete per una strana annata                                           Un unico tesoro Voi rifarete il mio nome e la mia immagine Di mille corpi portati via ogni giorno, Viva unità senza nome e senza volto Cuore dello spirito, oh centro del miraggio                                           Altissimo amore. Sei poesie non sono molto per assegnare una gloria letteraria, ma per Catherine Pozzi non serviva altro: «Ho scritto VALE, AVE, MAYA, NOVA, SCOPOLAMINE, NYX. Vorrei che se ne faccia una plaquette. Saffo non ha attraversato il tempo con più parole.»  Il futuro ha esaudito il suo desiderio… *L’articolo e la traduzione delle poesie sono di Giorgio Anelli; traduzione da “Oeuvre poétique”, Éditions de La Différence, 1988 L'articolo “Verso l’ignoto”. Catherine Pozzi, la poetessa notturna proviene da Pangea.
July 15, 2025 / Pangea