Un Balzac tirato a lucido e caricato a pallettoni, in una forma a dir poco
smagliante. Non è certo una novità dal momento che quando aveva la penna, o per
essere più precisi, la piuma in mano Balzac era sempre in forma smagliante. Come
facesse resta ancora oggi un mistero. Può darsi che fosse un modo per sfuggire
ai ricordi di un’infanzia senza calore o per inseguire le sue mille illusioni
perdute. Scrivere capolavori era certo una rivalsa per un provinciale come lui
che, arrivato a Parigi da Tours, aveva passato molti anni in una squallida
mansarda nel quartiere dell’Arsenale; forse ad aiutarlo erano le dosi
industriali di caffè che ingurgitava.
Stiamo ai fatti. Scritto tra il 1840 e il 1841, uscito prima a puntate
come feuilleton e poi in volume unico, per motivi a me del tutto
incomprensibili Un caso tenebroso è un romanzo tra i meno noti di Balzac, ma è
un libro modernissimo, anticipatore e quelli che se ne intendono lo considerano
a tutti gli effetti il primo noir della storia della letteratura. Uno
straordinario ritratto della società francese di inizio Ottocento colta nei suoi
aspetti essenziali; un’epoca nella quale gli ideali della Rivoluzione ormai
erano degradati a mero scontro di potere e gli opportunisti di ogni sorta e
colore la facevano da padroni. Balzac sapeva guardare dentro la Storia e le sue
complicazioni come nessun altro.
Se volessimo riassumerlo in uno strillo di copertina potremmo dire: Giochi di
potere sullo sfondo dell’Impero napoleonico. Una vicenda nella quale si
intrecciano storia e politica e che trae spunto da due fatti realmente accaduti:
la congiura antinapoleonica che costò la vita al duca Enghien e il rapimento del
senatore Clément de Ris. Anche nel romanzo abbiamo una congiura contro Napoleone
Bonaparte ordita dalla giovane e bellissima contessa Laurence de Cinq-Cygne
insieme ad alcuni suoi parenti e amici. Tra i complottatori i due gemelli cugini
della contessa che entrambi corteggiano la bella Laurence, come d’altra parte fa
Adrien uno dei due fratelli d’Hauteserre, anche loro implicati nella congiura.
Per aggiungere mistero al mistero un gruppo di uomini rapisce Malin, un
importante funzionario dell’Impero, e del fattaccio vengono accusati la contessa
e il suo entourage. In realtà sono assolutamente innocenti, ma finiranno
condannati al termine di un drammatico processo, magistralmente raccontato da
Balzac in un turbinio di testimonianze e colpi di scena dove un ruolo non
secondario è giocato dagli umori del pubblico.
> «Se è vero che, durante i processi, la verità assomiglia spesso a una bugia, è
> anche vero che la bugia assomiglia molto alla verità.»
Il processo arriva a una sentenza che però non chiarisce affatto l’intricato
caso, come d’altra parte molto spesso vediamo accadere anche oggi. Più
anticipatore di così!
Dulcis in fundo, una memorabile scena in cui la bella Laurence va a incontrare
Napoleone alla vigilia di una delle sue tante battaglie per chiedere la grazia
per tutti quanti i condannati. Lei sarà prosciolta, uno verrà sacrificato alla
sete giustizialista popolare e condannato alla pena di morte, gli altri
finiranno ai lavori forzati.
> «Da quando la società civile ha inventato la Giustizia, non ha mai trovato i
> mezzi per dare all’imputato innocente un potere uguale a quello di cui dispone
> il magistrato contro il criminale.»
In definitiva, nonostante il funzionario rapito venga rilasciato dai suoi
sequestratori, la verità su tutta la vicenda non viene acclarata. Solo venti
anni dopo verrà raccontata a Laurence, ormai unica sopravvissuta. Si scoprirà
così che dietro le quinte a tirare le fila del “tenebroso caso” c’erano
dueprotagonisti assoluti della vita pubblica francese a partire dalla
Rivoluzione del 1789: l’ex giacobino e poi bonapartista Fouché, uomo
spregiudicato e ambizioso
> «uno di quei personaggi che hanno tante facce e tanta profondità in ogni
> faccia da essere impenetrabili nel loro gioco e che possono essere compresi
> solo molto tempo dopo che la partita è finita»
e il camaleontico Talleyrand, astuto nobile di vecchia casata, freddo e
calcolatore. Due figure con origini e personalità molto diverse, accomunate però
dalla consapevolezza che i regimi cambiano ma gli uomini restano.
Vanno assolutamente messi in evidenza due aspetti tutt’altro che secondari e che
sono parte essenziale del piacere della lettura del libro: innanzitutto le
affascinanti ambientazioni naturali descritte con grande abilità e dovizia di
particolari, con quella foresta di Simeuse che va considerata a tutti gli
effetti una protagonista del romanzo e costituisce ben più di uno sfondo a tutta
la storia, e poi il personaggio della contessa Laurence, una straordinaria
figura di donna tenace, energica, intrepida, intelligente e coraggiosa,
ammirevole sotto tutti i punti di vista. Come direbbe Karl Kraus: «Per essere
perfetta le mancava solo un difetto».
A prima vista la trama può risultare ingarbugliata, a volte ci si può perdere
nella selva oscura dei tanti nomi citati, nell’intrico delle macchinazioni dei
vari personaggi e nei mille rivoli della vicenda, ma quando sei dentro a un
romanzo di Balzac non puoi scappare; ergo, fatevi prendere per mano e lasciatelo
fare. Ci penserà lui a spiegarvi come la durezza della realtà e l’asprezza della
storia siano in grado di spezzare ogni fiero slancio ideale e come i destini dei
singoli non possano rimanere esenti dalle strumentalizzazioni dalla politica,
per la quale molto spesso gli esseri umani sono solo marionette di cui tirare i
fili: burattini che si credono burattinai. Un finale amaro, senza sconti per
nessuno, ma che a quasi duecento anni di distanza spinge noi lettori di oggi ad
aprire gli occhi sulla realtà e a fare una serie di riflessioni sulla natura
umana. Che cosa volete di più da uno scrittore? Lasciatemelo dire: Balzac è
formidabile!
Silvano Calzini
L'articolo Quando sei dentro a un romanzo di Balzac non puoi scappare… Ovvero:
anatomia di un libro modernissimo proviene da Pangea.