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“I cataclismi dell’anima”. Felice Mastroianni, poeta
È acqua sorgiva la poesia di Felice Mastroianni, un ruscello limpido che sgorga da un lembo del Reventino e rinfresca il secondo Novecento italiano. Nato a Platania (CZ) nel 1914, si forma tra il ginnasio di Catanzaro e il liceo di Nicastro, dove conseguirà la maturità classica, formazione che getterà le basi dell’immaginario archetipico mediterraneo del poeta e che germoglierà poi in quella “soave grecità” di cui saranno impregnati i suoi versi.  Negli anni Trenta si laurea in lettere classiche a Napoli e comincia a pubblicare i primi saggi, tra cui L’Infinito leopardiano (Tip. Gigliotti, Nicastro 1935) e Coscienza cristiana di Ulisse dantesco (E. Patitucci, Castrovillari 1939); al contempo si dedica all’insegnamento, attività che svolgerà per tutta la vita.  Arriva nel vespro degli anni il vero esordio poetico sulla scena nazionale, durante il periodo napoletano. Scrive egli stesso, a tal proposito, nella premessa de L’arcata sul sereno (La Procellaria, Reggio Calabria 1963), con lo stesso pudore e gli stessi toni sommessi dei suoi versi, quasi come a giustificarsi della pubblicazione:  > “Chi come noi, avendo costantemente nutrito, intimo e vivo, l’amore della > poesia si decide finalmente […] a romperla col naturale e lungo timore della > stampa, non è più certamente perdonabile, perché, con la giovinezza, gli è > venuta anche meno la condizione indispensabile che fa volentieri indulgenti i > lettori verso i ‘peccati’ di quella irrevocabile età. Ma, in compenso, ha > dalla sua una certa scusante, di non essere stato, cioè, capace, suo malgrado, > di tenere più a lungo segreto quell’indomabile amore nativo.” Rotto il silenzio, la stagione poetica di Mastroianni prosegue per oltre un ventennio, pubblicando in vita: Favoloso è il vento (prefazione di Mario Stefanile, Ed. Maia, Siena 1964); Lucciole sul granturco (Rebellato, Padova 1965); Tre poesie(Il Baretti, Napoli 1966); Il vento dopo mezzodì (prefazione di Mario Luzi, Quaderni di “Persona”, Roma 1968); Il riso delle Naiadi (con lettera-prefazione di Vittorio Sereni, Rebellato, Padova 1971); Luna santa luna (Rebellato, Padova 1974); Quaderno di un’estate (Karavà­as, Atene 1975); Primavera (Difros, Atene 1977); La favola di Eutichio (Delphica Tetradia, Atene 1982).  Alla sua morte, sopraggiunta nel 1982 a Lamezia Terme, seguiranno: Quest’ombra sul terreno (Ed. Ligeia, Lamezia Terme 1983, riedita da Rubbettino, Soveria Mannelli 2021), che raccoglie gran parte dei componimenti in italiano; Trilogia neoellenica (Delphica Tetradia, Atene 1983 anch’essa riedita sempre da Rubbettino, Soveria Mannelli 2014), che raccoglie le sue liriche in greco; ‘U cantu ‘ngola (Il canto in gola) (Rubbettino, Soveria Mannelli 2001); Il pane degli anni. Memoria d’una sorgiva (Rubbettino, Soveria Mannelli 2003). Gli opuscoli delle poesie giovanili, risalenti agli anni Quaranta: Frammenti (Patitucci, Castrovillari 1941), Notturno(Patitucci, Castrovillari 1942), Alba lontana (Patitucci, Castrovillari 1942), nonché tutti i saggi pubblicati, sono stati recentemente raccolti dall’editore Rubbettino, che ha reso così disponibile la fruizione dell’intera opera del poeta (F. Mastroianni, Poesie giovanili, Rubbettino, Soveria Mannelli 2021; F. Mastroianni, Saggi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2021). * Pretenziosa sarebbe in questa sede un’analisi completa della poetica di Felice Mastroianni, data la vastità della sua produzione, che si dipana attraverso due decenni fluendo in più lingue; d’obbligo, invece, risulta tracciarne le coordinate principali, i segni essenziali e la contestualizzazione nel panorama letterario coevo, se non altro in onore di quel: “perché il vento/ non si porti via tutto/ di me”, che in maniera drammaticamente umana apre la raccolta Favoloso è il vento. I versi di Mastroianni, essenziali, puri, lontani da ardui giochi intellettualistici e privi di retorica o cerebralismi, rappresentano la necessità di un ritorno alla condizione ancestrale dello spirito dell’uomo, in un tempo e in un luogo in cui l’esatta direzione della società faticava a comprendersi. Il Meridione del boom economico, nei primi decenni della Prima Repubblica, la Calabria del secondo dopoguerra, assumono l’aspetto di una chimera dal corpo tecnologicamente sviluppato, ma dalla testa goffamente industrializzata; le tradizioni e i ritmi del mondo contadino, acremente condannato perché considerato nemico del progresso, non trovano più spazio nel modello moderno di società, ed alle classi sociali più povere non resta che vivere nell’ombra del mito dello sviluppo, estraniati dalle proprie radici. La polverizzazione dei sentimenti, sostituiti dalla corsa al consumismo, trova medicina nella nitidezza di una poesia genuina, spontanea, che accompagna come un’ombra il poeta. Riguardo ai suoi versi, che riempiono senza artifici la pagina bianca, Felice Mastroianni in un intervento del 1982 scrive: > “Non ho mai avuto l’uzzolo né la capacità di sperimentalismi, convinto che la > poesia, quando c’è veramente, non ha bisogno che della propria verità. Ad un > certo punto ho sentito, questo sì, l’esigenza d’altro strumento linguistico, > scrivendo e pubblicando ad Atene tre raccolte in lingua neo-greca, come > ricerca e realizzazione d’un congeniale mezzo di espressione spontanea. […] Al > punto in cui sono giunto, senza convenzionale dichiarazione delle mie ragioni > poetiche, posso soltanto affermare con umiltà e senso di responsabilità che, > almeno in parte, son riuscito nell’intento vero e proprio della poesia: quello > cioè d’una esperienza non oziosa ma motivata da seria e sofferta > partecipazione all’inesauribile ritmo del cuore delle cose e dell’anima > umana.” I paesaggi di una Platania vergine, le montagne, i fiumi, l’erba, le stelle, la luna, la fede e gli affetti sono incarnazione – per questo attuali e necessariamente in vita, non rimandi nostalgici – dell’antica favola del mondo magnogreco e permangono, sebbene con diverse sfumature, per tutta la sua produzione poetica. Assonanze, per contenuti e versi sciolti, vi sono tra le liriche degli anni Sessanta di Mastroianni e il primo Franco Costabile di Via degli ulivi, contiguo di terra e di anima, al quale, con fraterno cordoglio, dedicherà in occasione della sua morte Ultima notizia della poesia, originariamente contenuta in Luna santa luna: “T’avevo mandato dei versi, non ne seppi nulla. Eri entrato nel silenzio che precede i cataclismi dell’anima.  Avessi potuto tenderti la mano,  parlarti tra un ricordo e l’altro  delle albe dei nostri paesi. Non era non era di maleficio l’acqua dei nostri monti, così pura, che t’aveva stillato in cuore la cara menzogna di cui vivesti, come d’un unico amore. Altra fontana fu quella della mala sorte. Ti penso su una strada irraggiungibile. Eri solo, con la tua verità. E fosti un cuore d’oro, di fanciullo che s’adonta d’essere stato dimenticato in un àndito buio”. Il canto di Mastroianni non assume i toni gravi e severi del secondo Costabile, né – sempre per contiguità di terra e di anima –, l’enfasi civile di Rocco Scotellaro. La sua poesia resta un rosario recitato in silenzio, al crepuscolo, una voce fioca ma lucida, fissa, mai intermittente. La sua voce, certamente mediterranea, appartiene però ad un coro più grande, nato lontano dalla metropoli, che cerca l’essenza della vita nei luoghi immaginifici dell’infanzia, dove tutto si compie e null’altro diventa necessario. C’è un filo che lega l’Italia da Nord a Sud, che passa dal “C’è un giardino chiaro, fra mura basse,/ di erba secca e di luce, che cuoce adagio/ la sua terra. È una luce che sa di mare./ Tu respiri quell’erba. Tocchi i capelli/ e ne scuoti il ricordo” di Pavese, al “Perché siamo al di qua delle Alpi/ su questa piccola balza/ perché siamo cresciuti tra l’erba di novembre/ ci scalda il sole sulla porta/ mamma e figlio sulla porta/ noi con gli occhi che il gelo ha consacrati/ a vedere tanta luce ed erba” di Zanzotto, al “È sull’orto/ che avvalla coi castagni/ a ghiaie d’anguille/ la terrazza dei miei mattini/ di mele odorose,/ delle mie sere/ d’organetti e di lumi/ da aie lontane,/ e delle notti/ magiche, immense notti/ di luce/ e di remote fontane” di Mastroianni. * La piena maturità della poesia di Felice Mastroianni si contraddistingue per l’utilizzo del neogreco, che non si marginalizza a mero esercizio di stile, ma diventa scelta etica nei confronti di una lingua che porta nell’anima. L’integrazione nel panorama intellettuale greco è totale; diversi critici e poeti ellenici spendono parole generose per Mastroianni. Febo Delfi, nella prefazione di Quaderno di un’estate, scrive:  > “Con questa raccolta Felice Mastroianni si colloca nell’eletta schiera dei > poeti neogreci, ed è uno dei nostri per sangue e spirito. Si naturalizza poeta > ellenico. Accogliamolo e diamogli il benvenuto come un vero fratello.”. Epilogo chiude il trittico in lingua ellenica, ultima pubblicazione in vita di Mastroianni, che vista dagli occhi dei posteri assume i connotati di un presagio di morte. È congedo e al tempo stesso risposta, forse nemmeno voluta, alla coppia di versi in apertura della sua prima raccolta: “Può salvarci dai giorni che saranno/ la pietà del passato?” Ma se un ritorno alle sorgenti del mattino non ci è consentito, nel segreto dell’alba, il poeta ci augura di spaccare la mandorla della vita, per sentire ancora il profumo della sua anima pura. Salvatore Giuseppe Di Spena *** IL FILO DELLA RONCOLA Tempo malcerto tra sopravvivenze e nuove fiorite  questo tempo di vertigine che ci estranea dal cuore della terra.  Abbiamo scordato il volto delle stagioni. Sono profili sfuggevoli gli stessi tuoi arnesi. Ne seguo i contorni a ritrovare un ritmo perduto, mi parla una vita: la tua vita, certa come cupa radice, scavata come la cote ove s’è arrotata la tua pazienza  sul filo della roncola e della falce fienaia. Tempo di timore. Il timore che mi trattiene presso il muro di cinta della casa paterna, ove ho rinnovato negli anni la parabola del figliuol prodigo, a palparne le pietre malferme, le crepe, marginate ferite  coperte d’erbe, a spiarne di nuove, a piegarmi in un vano struggimento di fare puntello della mia vita. * * * FIORIRANNO DI RONDINI ALTRI CIELI Che senso avrebbe accorgersi di nidi d’improvviso deserti, ancora tiepidi di piume, se non per porre mente che qualcosa è accaduto anche per noi, più che un riflusso d’ali di là dagli orizzonti nel segreto d’un’alba. Fioriranno di rondini altri cieli nell’alterna ventura del mondo. E noi qui come tonti a bere le piogge d’autunno con queste sere povere di gridi. Nella scorza dell’inverno scorderemo la menzogna del sole. * * * ETERNO L’ANDARE? Nel cammino senza tempo quest’ombra sul terreno non è che un istante. E poi avverrà con la morte ch’io mi risvegli mio Dio oltre il cerchio dell’ombra al sereno d’un eterno mattino di Te sfavillante. S’arresterà il cammino o senza fine è l’andare dell’anima, Signore, al Tuo sublime splendore? * * * L’ANTICO GIOCO Ritenta il gioco antico  delle tue sere di bimbo. Copriti di terra gli occhi  e i ginocchi e le mani e fa’ che il sapore dell’erbe t’entri nel sangue,  sapore d’oblio. Fa’ che il sole al tramonto  non ti distingua dalle cose,  e dall’erbe succhia la tua nuova vita. Tramonta anche tu nel sole,  naufrago nel sapore della terra. * * * VENTO D’ISOLE D’ORO Ancora seppellita la mia sorte  in sabbia d’anni e di naufragi. E invano ritorni a queste rive vento d’isole d’oro. Ho scordato gli azzurri sentieri. Ora, in albe d’insonnia vi ripenso e sussulta, isole d’oro, il cuore alla risacca. * * * EPILOGO Qui finisce – come un gioco, come un’illusione – il mio canto ellenico, il canto di «Eutichio» («Eutichio» mi chiamano  i fratelli poeti greci). E verrà il vento a cancellare la mia voce e la favola di «Eutichio». Felice Mastroianni *In copertina: opera di Vincenzo Gemito (1852-1929) L'articolo “I cataclismi dell’anima”. Felice Mastroianni, poeta proviene da Pangea.
September 5, 2025 / Pangea