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Vita tragica di Yambo Ouologuem, il “Rimbaud negro”. Siamo pronti a ripubblicarlo?
Un grande libro scomparso dalle nostre librerie tormenta il mio famelico cuore di lettore. È un romanzo maledetto, scritto da un maliano in lingua francese, Le devoir de violence, Dovere di violenza, di Yambo Ouologuem. Fu pubblicato nel 1968 dall’editore Seuil e tradotto in italiano due anni dopo da il Saggiatore, ma da noi non è mai più stato ristampato.  Non se ne trova una copia nemmeno nei meandri della Rete, a nessun prezzo: in Italia Il dovere di violenza è un libro che sembra non essere mai esistito. Per leggerlo mi sono dovuto procurare la nuova edizione francese, del 2018, sempre dell’editore Seuil. C’è inoltre una bella versione inglese, Bound to violence, pubblicata da uno dei maggiori editori europei, Penguin Books. Eppure in Italia nessuno ha ancora pensato di ripubblicare Il dovere di violenza. Yambo Ouologuem, nato nel 1940 e morto – completamente dimenticato – nel 2017, è riassurto ai dubbi onori delle cronache letterarie francesi dopo la pubblicazione e la consacrazione di un altro grande romanzo di un autore africano, La più recondita memoria degli uomini, di Mohamed Mbougar Sarr, libro vincitore del premio Goncourt nel 2021, edito in Italia da e/o. Il libro di Sarr è dedicato proprio a Yambo Ouologuem, che di fatto è anche un personaggio del romanzo, il misterioso T. C. Elimane, da alcuni chiamato il “Rimbaud négre”, sul quale Diégane Latyr Faye, il protagonista del libro di Sarr, investiga.  Elimane ha scritto un libro ingiustamente (o giustamente?) accusato di plagio, Il labirinto del disumano, che semina morti e misteri intorno a sé. La vicenda ricalca la vita di Yambo Ouologuem, che ebbe un grande successo e vinse addirittura il prix Renaudot ma che poi – tre anni dopo quel clamoroso esordio – fu accusato di plagio e boicottato dai suoi stessi editori. Il suo unico romanzo, fino ad allora considerato un capolavoro, fu mandato al macero. Si insinuava che Ouologuem avesse copiato da André Schwarz-Bart, da Graham Greene e da Maupassant: era un plagiario. Spaventati dal clamore dello scandalo, gli stessi critici che lo avevano osannato ritrattarono i loro articoli e dissero di essere stati imbrogliati. Yambo Ouologuem smise di scrivere. Solo, amareggiato, tornò in Africa e nessuno seppe più niente di lui. Anche per questo T. C. Elimane, il suo alter ego romanzesco inventato da Mohamed Mbougar Sarr, è chiamato il “Rimbaud negro”: perché è scomparso in Africa.  Ci voleva un altro grande romanzo per far risorgere Le devoir de violence dall’oblio. Quando Sarr vinse il premio Goncourt con un libro dedicato a Ouologuem, in molti – me compreso – si chiesero chi fosse questo tale, Yambo Ouologuem. A poco a poco si ricominciò a parlare di lui e così il suo libro conquistò dei nuovi accoliti. Adesso in Francia Le devoir de violence è finalmente considerato uno dei grandi romanzi africani del Novecento, una storia complessa, non sempre scorrevole, che si dipana attraverso i secoli e tratta di amore e di crudeltà, cioè dei grandi temi di sempre, quelli che smuovono la mente e il cuore, fra dinastie di re fratricidi e amori e disillusioni. Yambo Ouologuem è il grande cantore di un continente che la Storia ha sempre maltrattato, eppure nelle sue pagine non c’è traccia di autocompatimento. Ouologuem non piagnucola, racconta.  Ci sarebbe molto da dire su come i critici parigini del dopoguerra rendessero le cose difficili agli autori per loro non del tutto francesi, gli “impuri”, i “bastardi”. Si pensi a Romain Gary, che fu accusato da molti di scrivere in modo assurdo, talmente abborracciato da non poter essere considerato neanche “francese”, sostenevano, almeno finché il grande Gary non si prese la sua vendetta (postuma) pubblicando diversi libri con lo pseudonimo di Émile Ajar e rivincendo persino il prix Goncourt, premio che notoriamente si può ottenere solo una volta nella vita. Gli stessi critici che per anni avevano stroncato Gary ora si sdilinquivano per Ajar, cioè per Gary sotto false vesti.  Il caso di Yambo Ouologuem è meno felice, visto che quando un autore isolato arriva al successo – e Ouologuem era un outsider ed ebbe successo – non manca mai chi si arma di malizia e di infamia e lo accusa di barare. Yambo Ouologuem era un imbroglione. Aveva turlupinato tutti. Tale era l’opinione corrente, che condannò il suo libro al macero e lui stesso all’oblio. Forse per questa ragione in Italia non si trovano più copie di Il dovere di violenza: perché sono state date alle fiamme. Yambo Ouologuem era un plagiario. Non bisognava parlarne, ricordarne l’opera. Doveva essere dimenticato, e con lui il suo libro.  Yambo Ouologuem era uno scrittore. Quando Diégane Latyr Faye, il protagonista di Mohamed Mbougar Sarr, legge Il labirinto del disumano, che nella finzione romanzesca altro non è che il capolavoro di Yambo Ouologuem, Le devoir de violence, scrive (nella traduzione di Alberto Bracci Testasecca):  > “Caro diario, ti scrivo solo per dirti quanto Il Labirinto del disumano mi > abbia impoverito. I grandi libri impoveriscono e devono sempre impoverire. > Rimuovono da noi il superfluo. Dalla loro lettura usciamo sempre privati di > molte cose: arricchiti, ma arricchiti per sottrazione”  Sarr sta evidentemente parlando di Le devoir de violence, libro che lo ha sconvolto.   Ancora: più avanti Diégane aggiunge una nota di un critico del Mercure de France, tale Léon Bercoff, che fa così:  > “Leggendo certi commenti sul Labirinto del disumano non abbiamo più dubbi: a > dare fastidio è il colore dello scrittore. È la sua razza a fare scandalo. Il > signor Elimane è comparso troppo presto in un’epoca che non è ancora pronta a > vedere i neri eccellere in tutti i campi, compreso quello dell’arte. Forse un > giorno quel tempo arriverà, chi lo sa. Per il momento Elimane dev’essere un > precursore coraggioso, un esempio. Deve farsi vedere, parlare e dimostrare a > tutti i razzisti che un negro può essere un grande scrittore.”  Un nero può essere un grande scrittore. Yambo Ouologuem preferì invece lo sdegno e l’oblio. “Forse la risposta di Elimane fu il silenzio” chiosa Sarr. “Ma cos’è uno scrittore che tace?” Ouologuem se ne era andato e taceva. Era uno scrittore ed era nero e aveva avuto successo, cosa che nessuno era disposto a perdonargli. Sarr ha ribadito più volte che il suo T. C. Elimane è lui, Ouologuem, e che Il labirinto del disumano è Le devoir de violence, Il dovere di violenza, il grande libro dimenticato di un grande autore scomparso.  Forse sarebbe ora di riportare Yambo Ouologuem anche nelle librerie italiane. O non siamo ancora pronti?  Edoardo Pisani L'articolo Vita tragica di Yambo Ouologuem, il “Rimbaud negro”. Siamo pronti a ripubblicarlo? proviene da Pangea.
September 26, 2025 / Pangea