Nel 2021, Google e Amazon hanno stipulato un contratto da 1,2 miliardi di
dollari con il governo israeliano per fornire servizi avanzati di cloud
computing e intelligenza artificiale, strumenti che sono stati impiegati durante
i due anni di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. I dettagli del
contratto, noto come Progetto Nimbus, sono stati mantenuti riservati.
Documenti riservati del Ministero delle Finanze israeliano ottenuti dal
Guardian, tra cui una versione definitiva del contratto, e fonti vicine alle
trattative rivelano due richieste vincolanti che Israele ha imposto ai giganti
della tecnologia come parte dell'accordo. La prima vieta a Google e Amazon di
limitare l'utilizzo dei loro prodotti da parte di Israele, anche se tale
utilizzo viola i loro termini di servizio. La seconda obbliga le aziende a
informare segretamente Israele se un tribunale straniero ordina loro di
consegnare i dati del paese memorizzati sulle loro piattaforme cloud, aggirando
di fatto i loro obblighi legali.
I funzionari israeliani incaricati di redigere il contratto avevano previsto la
possibilità che Google e Amazon fossero oggetto di azioni legali relative
all'uso della loro tecnologia nei territori occupati.
Uno scenario che preoccupava particolarmente i funzionari vedeva le due società
ricevere da un tribunale di uno dei paesi in cui operano l'ordine di consegnare
i dati di Israele alla polizia, ai pubblici ministeri o alle agenzie di
sicurezza come parte di un'indagine. Ad esempio, per valutare se l'uso dei loro
prodotti da parte di Israele fosse collegabile a violazioni dei diritti umani
nei confronti dei palestinesi.
Articolo originale in inglese qui
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Tag - Nimbus
Parla un ingegnere di Google, attivista e organizzatore del gruppo nato in
opposizione al Progetto Nimbus
Nel suo saggio all’interno di Emancipatory Social Science (Orthotes, 2020),
Franco Bifo Berardi parlando della crisi sistemica ed ecologica, conclude
evidenziando due situazioni alle quali guardare per intravedere un’alternativa
alla catastrofe: la prima è la «crociata dei bambini», cioè quella catena di
movimenti ecologisti scaturiti dalla sensibilità radicale dei giovanissimi, e
l’altra è la possibilità posseduta dalle lavoratrici e dai lavoratori della
conoscenza che innervano il tessuto della produzione cognitiva e tecnica: «Ma
questi 100 milioni di lavoratori cognitivi – sparpagliati nei centri di ricerca,
nei laboratori di sperimentazione, nelle università, negli ospedali – possono ad
un certo punto, e probabilmente per contatto con la crociata dei bambini,
rendersi conto che loro posseggono la potenza per smantellare la macchina che
loro stessi sono stati costretti a costruire».
Leggi l'intervista ad un membro di No Tech for Apartheid