Nel 2021, Google e Amazon hanno stipulato un contratto da 1,2 miliardi di
dollari con il governo israeliano per fornire servizi avanzati di cloud
computing e intelligenza artificiale, strumenti che sono stati impiegati durante
i due anni di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. I dettagli del
contratto, noto come Progetto Nimbus, sono stati mantenuti riservati.
Documenti riservati del Ministero delle Finanze israeliano ottenuti dal
Guardian, tra cui una versione definitiva del contratto, e fonti vicine alle
trattative rivelano due richieste vincolanti che Israele ha imposto ai giganti
della tecnologia come parte dell'accordo. La prima vieta a Google e Amazon di
limitare l'utilizzo dei loro prodotti da parte di Israele, anche se tale
utilizzo viola i loro termini di servizio. La seconda obbliga le aziende a
informare segretamente Israele se un tribunale straniero ordina loro di
consegnare i dati del paese memorizzati sulle loro piattaforme cloud, aggirando
di fatto i loro obblighi legali.
I funzionari israeliani incaricati di redigere il contratto avevano previsto la
possibilità che Google e Amazon fossero oggetto di azioni legali relative
all'uso della loro tecnologia nei territori occupati.
Uno scenario che preoccupava particolarmente i funzionari vedeva le due società
ricevere da un tribunale di uno dei paesi in cui operano l'ordine di consegnare
i dati di Israele alla polizia, ai pubblici ministeri o alle agenzie di
sicurezza come parte di un'indagine. Ad esempio, per valutare se l'uso dei loro
prodotti da parte di Israele fosse collegabile a violazioni dei diritti umani
nei confronti dei palestinesi.
Articolo originale in inglese qui
Italiano qui
Tag - cloud
Per quasi tutta la giornata di lunedì 14 ottobre, grossi problemi con il cloud
di Amazon, cioè Amazon Web Services, hanno bloccato tanti servizi nel mondo,
anche in Italia. Ma attenzione: la causa del down è negli Usa, non in Europa. E
allora smettiamola di parlare a vanvera di sovranità digitale europea e italiana
e cominciamo a farla sul serio
In Italia per quasi un giorno intero – almeno secondo Downdetector come
riportato ma molti giornali – ci sono stati forti disservizi in Fastweb,
Vodafone, TIM, Wind, Iliad, CoopVoce, OpenFiber, e in Agenzia delle Entrate,
Poste Italiane, Intesa San Paolo.
Il guasto ha interessato la regione US-EAST-1, con datacenter in Virginia, Stati
Uniti. E allora perché sono andati offline servizi pubblici come l'Agenzia delle
Entrate o Poste? In sostanza: cosa ci fanno i dati e i programmi del Ministero
delle Entrate e di Poste Italiane in Virginia (USA)? Alla faccia della sovranità
digitale!
Leggi l'articolo di Vannini oppure ascolta il suo podcast
Amazon ha fatto sapere di aver identificato la causa del problema e ha
annunciato: "Continuiamo a osservare un ripristino nella maggior parte dei
servizi interessati". Secondo quanto riportato da Downdetector, i problemi hanno
riguardato diversi servizi e piattaforme fra cui WhatsApp, Open AI, Canva, Clash
Royale, Perplexity, Amazon stessa, Airbnb, Intesa San Paolo, Tim, l’Agenzia
delle Entrate, Vodafone, Fastweb, Google, Iliad, WindTre e Cloud e Poste
Italiane.
Questo genere di avvenimenti è un monito al delegare servizi importanti, magari
di interesse pubblico, oltre a quelli commerciali, su infrastrutture private in
mano ai broligarchi.
Link all'articolo qui
L’Europa continua a confondere addestramento con cultura digitale. La
colonizzazione tecnologica americana prosegue indisturbata, mentre di sovranità
non resta che qualche slogan buono per i convegni
Ci stiamo avvicinando a passi da gigante a quella che Gibson chiama “la
singolarità dell’idiozia“, in inglese Singularity of Stupid. Da una parte ci
sono quelli che vogliono menare i russi trent’anni dopo il crollo dell’Unione
Sovietica, e dall’altra ci sono gli Stati Uniti che non sanno decidere se
preferiscono una dittatura o una guerra civile, con una crescente possibilità di
ottenere entrambe.
In mezzo, c’è una dozzina di tipi oscenamente ricchi e fantasticamente stupidi,
che si diverte a bruciare centinaia di miliardi in un culto millenaristico
chiamato Intelligenza Artificiale.
E poi ci siamo noi delle colonie, sempre pronti a correre dietro all’ultima moda
che viene da oltreoceano.
Tra i temi affrontati da Vannini nell'articolo, segnaliamo:
* ChatControl: quando la sicurezza minaccia la privacy
* L’illusione della sicurezza senza privacy
* Il grande errore del cloud computing
* L’America di Trump: una nuova realtà geopolitica
* L’assenza di sistemi operativi europei
* L’addestramento mascherato da digitalizzazione
* L’illusione dell’intelligenza artificiale
Leggi l'articolo completo
Oppure ascolta il podcast
Il direttore degli affari pubblici e giuridici di Microsoft Francia ha
dichiarato, di fronte a una commissione del Senato francese, che l'azienda non
può garantire che i dati dei cittadini francesi custoditi sui server in Europa
non verranno trasmessi al governo statunitense. Si tratta di una dichiarazione
estremamente importante, in particolare nell'ambito del dibattito attuale legato
alla sovranità digitale europea.
Era il 10 giugno scorso quando Anton Carniaux, direttore degli affari pubblici e
giuridici per Microsoft Francia, ha testimoniato di fronte al Senato francese
per parlare degli ordini che l'azienda riceve tramite l'Union des groupements
d'achats publics (UGAP), ovvero un ente che si occupa di centralizzare
l'acquisto di beni e servizi per scuole e comuni.
Carniaux ha affermato, durante la sua testimonianza, che Microsoft non può
garantire che i dati dei cittadini francesi non vengano trasferiti verso gli USA
a seguito di una richiesta del governo statunitense, ma altresì che una tale
richiesta di trasferimento non è mai avvenuta. Il CLOUD Act, diventato legge nel
2018, fa infatti sì che il governo statunitense possa richiedere accesso ai dati
contenuti nei data center delle aziende americane, anche quando tali dati sono
fisicamente localizzati in altri Paesi.
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Ecco perché, secondo un articolo di Key4Biz, serve un nuovo manifesto degli
appalti pubblici: Consip e MePa aprano alle PMI italiane dell’innovazione.
La paura che un fornitore di servizi cloud statunitense, come AWS, Microsoft o
Google, possa essere “spento” a causa di un ordine esecutivo o di una decisione
privata (ad esempio, un ipotetico spegnimento di Starlink in Ucraina da parte di
Musk) ha rappresentato il vero campanello d’allarme per l’UE. Questa
preoccupazione non è teorica e non è retorica: è radicata in veri cambiamenti
geopolitici, come il disimpegno di Donald Trump dalla NATO (tema al centro del
bilaterale tra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni) o la riduzione della
condivisione di intelligence con alleati come l’Ucraina. Ormai è chiaro a tutti
che la dipendenza dai servizi cloud basati negli Stati Uniti per infrastrutture
critiche – civili e militari -espone l’Europa a rischi esistenziali se i servizi
vengono interrotti o l’accesso ai dati è compromesso da leggi USA come il FISA o
il Cloud Act.
Sovranità digitale priorità della Ue
Questa vulnerabilità ha spinto l’UE – stavolta con una retorica quasi
stucchevole perché non dà seguito a fatti – a dare priorità alla sovranità
digitale, in particolare nel Cloud Computing, dove i GAFAM dominano (AWS,
Microsoft e Google controllano due terzi del mercato globale del cloud).
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La dipendenza europea dall’infrastruttura cloud americana solleva preoccupazioni
sulla sicurezza. Il Cloud Act permette agli USA di accedere ai dati globali,
mettendo a rischio la privacy e la sicurezza nazionale dell’Europa
Cinque settimane di Donald Trump e gli europei stanno scoprendo per la prima
volta quello che Vasco cantava 46 anni fa: non siamo mica gli americani. E non
solo non siamo gli americani, improvvisamente scopriamo che i loro interessi non
coincidono con i nostri. E non solo i loro interessi non coincidono con i
nostri, presto scopriremo che spesso sono opposti.
Indice degli argomenti
* La fine dell’alleanza transatlantica e le conseguenze per l’Europa
* L’incontro Trump-Zelensky e la vera natura della politica estera americana
* Terre rare: l’estorsione di Trump all’Ucraina e il destino dell’Europa
* Il problema dell’infrastruttura cloud e la dipendenza europea dagli Usa
* Il Gdpr e i fallimenti degli accordi per la protezione dei dati
* La soluzione per liberarsi dal cloud americano
* Il ritorno all’hosting come alternativa praticabile
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Urso, 'avanti con la sovranità digitale' Non si capisce se lo dice con ironia o
è convinto, forse non sa cosa sia Amazon Web Services?
l Consiglio dei ministri ha approvato, oggi, la delibera che dichiara
l'interesse strategico nazionale del programma di investimento iniziale da 1,2
miliardi di euro presentato da Amazon Web Services (AWS), per stabilire ed
espandere l'infrastruttura e i servizi cloud in Italia.
Lo si apprende da una nota derl Mimit.
Il Ministro commenta: "L'investimento di Amazon Web Service consolida il ruolo
dell'Italia come hub europeo d'innovazione. Oggi facciamo un ulteriore passo
verso la sovranità digitale,
Si rimane basiti nel leggere tali dichiarazioni. Si tratta di un provvedimento
che mette la parola fine alla possibilità che i provider italiani ed europei si
sviluppino. Si consegna il cloud ad Amazon e, con altri provvedimenti, ad altri
provider d'oltre oceano. E dichiarano che sono provvedimenti che fanno avanzare
l'Italia verso la sovranità digitale. MA E' UN MEME?
Oltre tutto senza tenere conto della regolamento europeo per la protezione dei
dati (GDPR) che è considerta da molti, compresa la corte europea di giustizia in
conflitto con la normativa USA che regola il cloud.
Sul sito di ANSA la notizia
L’ampia diffusione dell’Intelligenza Artificiale, che notoriamente consuma molta
energia, sta mettendo sotto pressione la rete elettrica dell’Irlanda e ancor più
seriamente sta mettendo in forse il ruolo di punta del paese come hub
tecnologico d’elezione delle Big Tech Usa in Europa.
Lo scrive Politico.eu, aggiungendo che il problema energetico di Dublino
potrebbe di fatto ridisegnare il panorama tecnologico del Vecchio Continente.
[...]
Domanda di data center non sostenibile in Irlanda
Nel frattempo, il Ministero dell’ambiente, del clima e delle comunicazioni
irlandese ha riconosciuto in una dichiarazione che “non tutta la domanda di
sviluppo di data center può essere soddisfatta in modo sostenibile” nel breve
termine. Mentre i giganti della tecnologia Amazon, Microsoft e Google iniettano
miliardi nell’infrastruttura cloud europea che alimenta l’intelligenza
artificiale, la disponibilità di energia (idealmente, economica e verde)
potrebbe emergere come un criterio fondamentale per determinare le loro prossime
destinazioni di investimento.
“I data center, come tutti i grandi consumatori di energia, devono esistere
entro i limiti della nostra legislazione e dei nostri obiettivi sul clima, così
come della nostra sicurezza energetica”, hanno affermato, riecheggiando un
avvertimento simile del ministro irlandese per il clima e l’ambiente Eamon Ryan
in un’intervista al Financial Times.
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La localizzazione del dato sta diventando sempre di più un "false friend". il 24
giugno Microsoft ha ammesso agli organi di polizia scozzesi che non può
garantire che i dati sensibili delle forze dell'ordine rimangano nel Regno
Unito.
Può sembrare che processare i dati nei confini territoriali dello Stato sia una
garanzia assoluta di sovranità. Purtroppo non è così, intanto perchè banalmente
non sempre accade. Ed il caso inglese è emblematico. Ma comunque c’è sempre un
dato fattuale che non possiamo più far finta di non vedere. L’operatore cloud
extraeuropeo spesso si processa i dati in casa: la sua.
Nella migliore delle ipotesi, tiene fermi i dati degli utenti inattivi, ma gli
altri li porta fuori e sono proprio quelli in elaborazione.
[...]
Di quale sovranità stiamo parlando quando reclamiamo la localizzazione dei dati
nei confini UE? Lo capiamo facilmente seguendo il filo conduttore che ha portato
al rinnovo dell’accordo di data flow UE/US.
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