La proprietà aperta e i suoi nemici: suicidi eccellenti nella Silicon Valley
Di Rattus Norvegicus
Considero il recente (presunto) suicidio del programmatore indiano ventiseienne
Suchir Balaji, un giovane che aveva alle spalle quattro anni di lavoro presso il
centro di ricerca di OpenAI, un evento di una tale gravità da richiedere un
ripensamento in merito al ruolo svolto dalla proprietà intellettuale negli
ultimi quarant’anni, sia all’interno della produzione informatica e di rete sia,
più in generale, nell’ambito dei complessi rapporti che questa peculiare forma
di proprietà privata ha stabilito con la libertà di opinione, con il diritto di
accesso all’educazione e alla formazione, con la cooperazione internazionale
allo sviluppo e, per estensione, con tutti i principali pilastri del diritto
nelle democrazie liberali, quelli che i paladini del libero mercato continuano a
invocare nei loro discorsi pubblici sebbene nelle realtà non se ne veda più
traccia da moltissimo tempo.
Ian Murdock (la cooperazione)
Aroon Swartz (la condivisione)
Suchir Balaji (la contraddizione)
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