Cari poeti,
so che avete fame di significato, e per questo riflettete anche su come la fede
interroga la vita. Questo “significato” non è riducibile a un concetto, no. È un
significato totale che prende poesia, simbolo, sentimenti. Il vero significato
non è quello del dizionario: quello è il significato della parola, e la parola è
uno strumento di tutto quello che è dentro di noi.
Ho amato molti poeti e scrittori nella mia vita, tra i quali ricordo soprattutto
Dante, Dostoevskij e altri ancora.Devo anche ringraziare i miei studenti
del Colegio de la Inmaculada Concepción di Santa Fe, con i quali ho condiviso le
mie letture quando ero giovane e insegnavo letteratura. Le parole degli
scrittori mi hanno aiutato a capire me stesso, il mondo, il mio popolo; ma anche
ad approfondire il cuore umano, la mia personale vita di fede, e perfino il mio
compito pastorale, anche ora in questo ministero. Dunque, la parola letteraria è
come una spina nel cuore che muove alla contemplazione e ti mette in cammino. La
poesia è aperta, ti butta da un’altra parte.
Alla luce di questa esperienza personale, oggi vorrei condividere con voi alcune
considerazioni sull’importanza del vostro servizio.
La prima vorrei esprimerla così: voi siete occhi che guardano e che sognano. Non
soltanto guardare, ma anche sognare. Una persona che ha perso la capacità di
sognare manca di poesia, e la vita senza poesia non funziona. Noi esseri umani
aneliamo a un mondo nuovo che probabilmente non vedremo appieno con i nostri
occhi, eppure lo desideriamo, lo cerchiamo, lo sogniamo. Uno scrittore
latinoamericano diceva che abbiamo due occhi: uno di carne e l’altro di vetro.
Con quello di carne guardiamo ciò che vediamo, con quello di vetro guardiamo ciò
che sogniamo. Poveri noi se smettiamo di sognare, poveri noi!
L’artista è l’uomo che con i suoi occhi guarda e insieme sogna, vede più in
profondità, profetizza, annuncia un modo diverso di vedere e capire le cose che
sono sotto i nostri occhi. Infatti, la poesia non parla della realtà a partire
da princìpi astratti, ma mettendosi in ascolto della realtà stessa: il lavoro,
l’amore, la morte, e tutte le piccole grandi cose che riempiono la vita. Il
vostro è – per citare Paul Claudel – un “occhio che ascolta”. L’arte è un
antidoto contro la mentalità del calcolo e dell’uniformità; è una sfida al
nostro immaginario, al nostro modo di vedere e capire le cose. E in questo
senso lo stesso Vangelo è una sfida artistica. Essa possiede quella carica
“rivoluzionaria”, che voi conoscete bene, ed esprimete grazie al vostro genio
con una parola che protesta, chiama, grida. Anche la Chiesa ha bisogno della
vostra genialità, perché ha bisogno di protestare, chiamare e gridare.
Vorrei dire però una seconda cosa: voi siete anche la voce delle inquietudini
umane. Tante volte le inquietudini sono sepolte nel fondo del cuore. Voi sapete
bene che l’ispirazione artistica non è solo confortante, ma anche inquietante,
perché presenta sia le realtà belle della vita sia quelle tragiche. L’arte è il
terreno fertile nel quale si esprimono le «opposizioni polari» della realtà –
come le chiamava Romano Guardini –, le quali richiedono sempre un linguaggio
creativo e non rigido, capace di veicolare messaggi e visioni potenti. Per
esempio, pensiamo a quando Dostoevskij nei Fratelli Karamazov racconta di un
bambino, piccolo, figlio di una serva, che lancia una pietra e colpisce la zampa
di uno dei cani del padrone. Allora il padrone aizza tutti i cani contro il
bambino. Lui scappa e prova a salvarsi dalla furia del branco, ma finisce per
essere sbranato sotto gli occhi soddisfatti del generale e quelli disperati
della madre. Questa scena ha una potenza artistica e politica tremenda: parla
della realtà di ieri e di oggi, delle guerre, dei conflitti sociali, dei nostri
egoismi personali. Per citare soltanto un brano poetico che ci interpella.
E non mi riferisco solamente alla critica sociale che c’è in quel brano. Parlo
delle tensioni dell’anima, della complessità delle decisioni, della
contraddittorietà dell’esistenza. Ci sono cose nella vita che, a volte, non
riusciamo neanche a comprendere o per le quali non troviamo le parole adeguate:
questo è il vostro terreno fertile, il vostro campo di azione. E questo è anche
il luogo dove spesso si fa esperienza di Dio. Un’esperienza che è sempre
“debordante”: tu non puoi prenderla, la senti e va oltre; è sempre debordante,
l’esperienza di Dio, come una vasca dove cade l’acqua di continuo e, dopo un
po’, si riempie e l’acqua straripa, deborda. È quello che vorrei chiedere oggi
anche a voi: andare oltre i bordi chiusi e definiti, essere creativi, senza
addomesticare le vostre inquietudini e quelle dell’umanità. Ho paura di questo
processo di addomesticamento, perché toglie la creatività, toglie la poesia. Con
la parola della poesia, raccogliere gli inquieti desideri che abitano il cuore
dell’uomo, perché non si raffreddino e non si spengano. Questa opera permette
allo Spirito di agire, di creare armonia dentro le tensioni e le contraddizioni
della vita umana, di tenere acceso il fuoco delle passioni buone e di
contribuire alla crescita della bellezza in tutte le sue forme, quella bellezza
che si esprime proprio attraverso la ricchezza delle arti.
Questo è il vostro lavoro di poeti: dare vita, dare corpo, dare parola a tutto
ciò che l’essere umano vive, sente, sogna, soffre, creando armonia e bellezza. È
un lavoro che può anche aiutarci a comprendere meglio Dio come grande «poeta»
dell’umanità. Vi criticheranno? Va bene, portate il peso della critica, cercando
anche di imparare dalla critica. Ma comunque non smettete di essere originali,
creativi. Non perdete lo stupore di essere vivi.
Dunque, occhi che sognano, voce delle inquietudini umane; e perciò voi avete
anche una grande responsabilità. E qual è? È la terza cosa che vorrei
dirvi: siete tra coloro che plasmano la nostra immaginazione. Il vostro lavoro
ha una conseguenza sull’immaginazione spirituale delle persone del nostro tempo.
E oggi abbiamo bisogno della genialità di un linguaggio nuovo, di storie e
immagini potenti.
Io pure sento, vi confesso, il bisogno di poeti capaci di gridare al mondo il
messaggio evangelico, di farci vedere Gesù, farcelo toccare, farcelo sentire
immediatamente vicino, consegnarcelo come realtà viva, e farci cogliere la
bellezza della sua promessa. La vostra opera ci può aiutare a guarire la nostra
immaginazione da tutto ciò che ne oscura il volto o, ancor peggio, da tutto ciò
che vuole addomesticarlo. Addomesticare il volto di Cristo mettendolo dentro una
cornice e ad appendendolo al muro, significa distruggere la sua immagine. La sua
promessa invece aiuta la nostra immaginazione: ci aiuta a immaginare in modo
nuovo la nostra vita, la nostra storia e il nostro futuro. E qui torno a
ricordare un altro capolavoro di Dostoevskij, piccolo ma che ha dentro tutte
queste cose: le “Memorie dal sottosuolo”. Lì dentro c’è tutta la grandezza
dell’umanità e tutti i dolori dell’umanità, tutte le miserie, insieme. Questa è
la strada.
Cari poeti, grazie per il vostro servizio. Continuate a sognare, a inquietarvi,
a immaginare parole e visioni che ci aiutino a leggere il mistero della vita
umana e orientino le nostre società verso la bellezza e la fraternità
universale. Aiutateci ad aprire la nostra immaginazione perché essa superi gli
angusti confini dell’io, e si apra alla realtà tutta intera, nella pluralità
delle sue sfaccettature: così sarà disponibile ad aprirsi anche al mistero santo
di Dio. Andate avanti, senza stancarvi, con creatività e coraggio! Vi benedico.
Francesco
*Si pubblica per gentile concessione l’introduzione a: Versi a Dio. Antologia
della poesia religiosa, Crocetti, 2024, a cura di A. Spadaro, N. Crocetti, D.
Brullo
L'articolo “Cari poeti… la parola letteraria è come una spina nel cuore”. Una
lettera di Papa Francesco proviene da Pangea.