Filologia spettrale. Qualche mese fa mi è capitato di imbattermi nel fantasma di
Ennio Flaiano in una pagina di Philip Roth, e volli scriverne un breve articolo
su questo stesso sito. Da allora – ma in realtà da parecchio tempo – nei momenti
di svago mi intestardisco a cercare delle tracce del sovrannaturale nei libri
che più amo.
C’è una pagina di Roberto Bolaño in cui si accenna agli “inferni che si
nascondono sotto le putride o immacolate pagine della letteratura”, e io credo
di essere in cerca proprio di questi candidi o spaventosi inferni, di questi
buchi neri. Tuttavia occorre muoversi con circospezione, stando attenti a non
scambiare la nostra brama di un altrove per qualcosa di fattuale. D’altronde,
come scriveva Claudio Magris in Danubio, “un vero critico letterario è un
detective, e forse il fascino di questa opinabile attività non consiste nelle
interpretazioni sofisticate, bensì nel fiuto da segugio che conduce a un
cassetto, a una biblioteca, al segreto di una vita”. Penso che ciò che vale per
il critico valga anche per il lettore comune. Questo articolo è dunque un
collage di citazioni che intende portare il lettore-detective sulle tracce di un
autentico fantasma.
Torniamo a Bolaño. È risaputo che amasse definirsi più un poeta che un
romanziere, e infatti uno dei suoi libri a cui teneva di più è L’università
sconosciuta, che comprende gran parte del suo travaglio poetico. Si tratta di un
libro postumo ma compiuto, che Bolaño sperava di pubblicare in futuro, se vi
fosse riuscito. Vi sono incluse anche le due raccolte poetiche che pubblicò in
vita, I cani romantici e Tre. Uscì in Spagna nel 2007, con Editorial Anagrama.
Nel 2020 arriva invece l’edizione italiana, pubblicata da Sur. Ci sarebbe molto
da dire sulla poesia di Bolaño, ma voglio che il pezzo sia breve e quindi
passerò subito a ciò che mi sta più a cuore – al fantasma, al sovrannaturale.
Vi prego di seguirmi con attenzione. Una delle sezioni del libro di Bolaño si
intitola La mia vita nei tubi di sopravvivenza, e si apre con due versi di W. H.
Auden: “Follow poet, follow right/ To the bottom of the night.” La versione
italiana, come il libro in spagnolo, lascia il distico in originale. In Italia
Auden è pubblicato da Adelphi, e al momento la sola maniera di procurarsi la
maggior parte delle sue poesie è comprare il volume delle Opere scelte nella
collana La Nave Argo, che è piuttosto costoso; nelle nostre librerie manca
un’edizione economica delle poesie di Auden. Spero che prima o poi Adelphi
provveda, come ha fatto recentemente con Autobiografia, di Thomas Bernhard,
pubblicata nel 2011 ne La Nave Argo e poi – l’anno scorso, a un prezzo più
accessibile – nella collana Gli Adelphi.
Io in ogni caso ho deciso di investire nel volume delle poesie di Auden, e
naturalmente appena l’ho avuto fra le mani ho cercato i versi citati da Bolaño
ne L’università sconosciuta. Provengono da un poema diviso in tre parti e
dedicato a Yeats, In memoria di W. B. Yeats.
L’intera strofa fa così: “Follow poet, follow right/ To the bottom of the night,
/With your uncostraining voice/ Still persuade us to rejoice.” Massimo Bocchiola
e Ottavio Fatica traducono:
> “Tu poeta, tu sprofonda,
> Nella notte più profonda,
> Con la voce tua suadente,
> Dacci gioia immantinente.”
In un libriccino sulla traduzione, Lost in translation, proprio Ottavo Fatica
scrive che “la traduzione di una poesia è una poesia che ha in un’altra poesia
la sua ragione d’essere”, perciò – pur apprezzando la versione italiana – direi
di tornare all’originale.
“Follow poet, follow right/ To the bottom of the night.” Così si apre dunque la
sezione La mia vita nei tubi di sopravvivenza, di Roberto Bolaño,
ne L’università sconosciuta. Mi si dirà: e allora? Dov’è il fantasma che ci hai
promesso?
Bene, nell’edizione Adelphi delle poesie di Auden questi versi sono a pagina
266, proprio sopra al numero della pagina. Accludo la fotografia. Mi sembra
molto più di una coincidenza, perché come tutti sanno 2666 è il grande libro
postumo di Bolaño e proprio a pagina 266 sono posti i versi che lo stesso Bolaño
ha lasciato in epigrafe a La mia vita nei tubi di sopravvivenza. Perciò il
fantasma sarebbe Bolaño? Ma cosa ci fa nell’edizione italiana delle poesie di
Auden? No, possiamo scavare più a fondo.
Mi è venuta in mente un’altra presenza spettrale del catalogo di Adelphi, Guido
Ceronetti. Anche i suoi libri sono disseminati di fantasmi, soprattutto quando
cita o traduce. Così mi sono rivolto a Tra pensieri, uno smilzo volumetto che
comprende tutti i pensieri e le citazioni che andava pubblicando su La Stampa
nei primi anni Novanta. La citazione numero 266 (ancora, e i numeri significano
sempre qualcosa per i morti) è una domanda in latino: “Usque adeone mori miserum
est?” Si tratta della risposta che un ufficiale del Pretorio diede a Nerone.
Ceronetti la trovò in Vita di dodici Cesari, di Svetonio. La traduce così: “È
poi tanto terribile morire?”
È poi tanto terribile la morte? La domanda può far accapponare la pelle, se a
porcela è un fantasma. Ma di quale fantasma si tratta? La volta scorsa trovavo
una traccia di Flaiano in un romanzo di Philip Roth: possibile che anche ora lo
stesso Flaiano…? Dopotutto Ceronetti era un suo grande amico, e Bolaño ha
scritto e detto cose che probabilmente lui avrebbe apprezzato, come questa
affermazione, a pochi mesi dalla morte:
> “Il mondo è vivo e niente di quel che è vivo si salverà e questa è la nostra
> fortuna.”
Forse mi sbaglio. Forse collegare il paragrafo 266 di Ceronetti alla pagina 266
di Auden e infine al romanzo 2666 di Bolaño è una forzatura. Forse voglio solo
salvare gli autori che amo e perciò mi ostino a seguire le loro tracce fra un
libro e l’altro.
Sono cresciuto a pochi passi dalla casa in cui visse Ennio Flaiano, nel
quartiere di Monte Sacro, a Roma, ed è probabile che la sua vicinanza mi
suggestioni. Tuttavia un buon lettore deve essere un segugio, come scriveva
Claudio Magris, e d’altra parte l’Humboldt di Saul Bellow, autore molto amato da
Flaiano, si accomiatava dai suoi amici con queste parole:
> “E da ultimo, ricorda: non siamo esseri naturali, siamo esseri
> sovrannaturali.”
Credo di essere d’accordo.
Edoardo Pisani
L'articolo “Siamo esseri sovrannaturali”. Ritrovare “2666” di Bolaño a pagina
266 del canzoniere di Auden proviene da Pangea.