Aggiornamenti di attualità sul caso Paragon: le analisi smentiscono la difesa
del Copasir; letture sul tema del linguaggio che evoca lo schiavismo
nell'elettronica e informatica; Google usa le sue piattaforme per ostacolare le
alternative aperte.
Il 5 Giugno, il Copasir ha pubblicato la sua relazione sul Caso Paragon: tra le
altre cose, ci dice che Citizen Lab potrebbe averla sparata un po' grossa, e che
Francesco Cancellato potrebbe non esser mai stato intercettato. Peccato che una
settimana dopo esca un nuovo report di Citizen Lab, che indica che altri due
giornalistə europei sono stati attaccati con malware Paragon, e che uno di
questi lavora proprio a Fanpage, la testata diretta proprio da Cancellato.
Abbiamo già parlato di linguaggio escludente nell'informatica, continuiamo a
farlo ripercorrendo uno studio sull'origine dell'espressione master-slave
(padrone-schiavo). Un'espressione più recente di quanto potrebbe sembrare, e
abbastanza specifica di elettronica e informatica. Attraverso vari esempi,
vediamo che anche se è difficile dare una ricostruzione certa della sua genesi,
questa espressione non deriva dall'essere una metafora espressiva - per quanto
problematica - di un meccanismo tecnico, ma da una specifica concezione della
divisione del lavoro che prevede sempre l'esistenza di un dualismo tra
volontà/intelletto e forza bruta.
Nextcloud denuncia che Google, attraverso il Play Store, ha artificialmente
limitato le possibilità della sua applicazione per Android, rendendo più
difficile (ma non impossibile) l'utilizzo di alternative libere.
Chiudiamo con il ruolo italiano nei bombardamenti statunitensi contro l'Iran.
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Tag - servizi segreti
Da Etica digitale
Quando nel 2016 fu revisionata la legge sui servizi di intelligence del Paese,
per placare l'opinione pubblica il governo dell'epoca e il capo dei servizi
segreti dichiararono che non ci sarebbe stata una sorveglianza generalizzata
dellɜ cittadinɜ, e che la legge si sarebbe applicata solo alle persone
risiedenti al di fuori del confine elvetico.
Tuttavia, dai documenti e le ricerche fatte da Republik, risulta che:
1. il traffico internet dellɜ cittadinɜ svizzerɜ è stato letto e analizzato,
con tanto di archiviazione dei dati per ricerche successive
2. i tre grandi fornitori di rete (Sunrise, Swisscom e Salt) sono obbligati
dalla legge a monitorare e inviare i dati ai servizi segreti
3. l'intercettazione avviene tra mail e chat private, basandosi su alcune
parole chiave come nomi di persone, aziende, numeri di telefono e parole
cercate sui motori di ricerca
In loro difesa, i servizi segreti avevano dichiarato al Tribunale Federale
Amministrativo che sono in grado di monitorare solo il traffico che parte dalla
Svizzera e che arriva in una specifica regione (ad esempio la Siria). Tuttavia,
l'ingegnere Fredy Künzler smentisce questa affermazione, perché internet non
funziona così: il traffico è dinamico e muta nel tempo, ovvero ciò che oggi può
puntare in Siria, domani potrebbe puntare su un'altra area del mondo.
Sempre dal Tribunale risale la dichiarazione dell'attuale direttore dei servizi
segreti, Christian Dussey; che, nel rispondere alla causa intentata nel 2016 da
un gruppo di attivistɜ, giornalistɜ e avvocatɜ, che accusa la legge di violare
il diritto della tutela delle fonti e del segreto professionale, ha affermato
che nessuna comunicazione tra un`giornalista e la sua fonte è stata monitorata
dal 2017. Con il problema che, per fare un'affermazione del genere davanti al
tribunale c'è solo un modo: aver revisionato il contenuto di tutte le chat e le
mail setacciate.
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