"Con l'invenzione e lo sviluppo della televisione, e il progresso tecnico che
rese possibile di ricevere e trasmettere simultaneamente sullo stesso
apparecchio, il concetto di vita privata si poteva considerare del tutto
scomparso. Ogni cittadino, o meglio ogni cittadino che fosse abbastanza
importante e che valesse la pena di sorvegliare, poteva essere tenuto
comodamente sotto gli occhi della polizia e a portata della propaganda
ufficiale"
George Orwell, l'autore del celeberrimo libro distopico 1984 dal quale sono
tratte queste parole, era un ottimista. Pensava che la sorveglianza tramite la
tecnologia sarebbe stata applicata solo a chi fosse abbastanza importante. Oggi,
invece, la sorveglianza tecnologica si applica a tutti, in massa, e per di più
siamo noi utenti a pagare per i dispositivi che la consentono.
Uno di questi dispositivi è il televisore, o meglio la "Smart TV", come va di
moda chiamarla adesso. Sì, perché buona parte dei televisori moderni in
commercio è dotata di un sistema che raccoglie informazioni su quello che
guardiamo sullo schermo e le trasmette a un archivio centralizzato. Non a scopo
di sorveglianza totalitaria, ma per mandarci pubblicità sempre più mirate,
basate sulle nostre abitudini e i nostri gusti. In sostanza, molti televisori
fanno continui screenshot di quello che state guardando, non importa se sia una
serie di Netflix, un videogioco o un vostro video personale, e li usano per
riconoscere cosa state guardando e per suggerire ai pubblicitari quali prodotti
o servizi mostrarvi.
Leggi l'articolo di Paolo Attivisiimo su ZEUS News
Oppure ascolta il podcast
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Un'agenzia di marketing americana, CMG, utilizzerebbe un sistema chiamato Active
Listening, in grado di rilevare le conversazioni degli utenti in tempo reale per
migliorare gli annunci pubblicitari.
Un documento pervenuto alla redazione di 404 Media e attribuibile all'agenzia
Cox Media Group (CMG), ha spiegato in un «pitch deck» come riuscirebbe a
raccogliere informazioni dalla voce degli utenti per illustrare annunci
pubblicitari in linea con le aspettative e con le soluzioni che l'utente è
pronto ad acquistare. La tecnologia, descritta come «The Power of Voice» e
chiamata Active Listening si avvarrebbe dei microfoni di dispositivi
intelligenti come gli smartphone.
Non è la prima volta che l'agenzia di marketing viene sottoposta alla lente di
ingrandimento di 404Media e colta di sorpresa in attività presumibilmente poco
ortodosse. Qualche sospetto ai giornalisti di 404 Media era sorto già lo scorso
dicembre.
In un post condiviso sul sito Web di CMG e presto cancellato, l'agenzia ha
affermato che il suo modus operandi volto ad acquisire informazioni dalle
conversazioni degli utenti non solo esisterebbe, ma sarebbe anche legale: «È
legale che telefoni e dispositivi ti ascoltino. Quando un nuovo download o
aggiornamento di un'app richiede ai consumatori un accordo di termini di
utilizzo di più pagine da qualche parte nella stampa fine, spesso è incluso
l'ascolto attivo».
Link all'articolo originale.
In «La réclame dell’apocalisse» Marco Carnevale «segue il denaro» e analizza i
meccanismi dell’AdTech, il settore delle inserzioni online dal valore globale di
circa 750 miliardi di dollari
Oggi la pubblicità rappresenta il 75% dei ricavi di Google, quasi il 90% di
quelli di Meta (Facebook e Instagram) e di TikTok.
Il fatturato globale dell’AdTech (la pubblicità online) è stimato intorno ai 750
miliardi di dollari. È una cifra enorme, ma in pochi si sono presi la briga di
seguire il denaro e capire i meccanismi di un settore che oggi raccoglie più
della metà di tutti gli investimenti pubblicitari.
Lo ha fatto Marco Carnevale, uno dei maggiori pubblicitari italiani (sue le
campagne «Rai. Di tutto. Di più» e «Per tutto il resto c’è Mastercard»), in un
pamphlet dal titolo La réclame dell’apocalisse (Prospero editore, 17 euro).
Se è vero che la pubblicità è l’ultimo strumento legale di concorrenza sleale,
con la pubblicità digitale si è passato il segno. Secondo Carnevale, non si
dovrebbe nemmeno parlare di pubblicità, perché l’AdTech ha davvero poco a che
fare con la dimensione pubblica.
Leggi l'articolo di Andrea Natella su "Il Manifesto"