Al rientro a scuola, studenti, famiglie e docenti hanno trovato l’ennesima
sorpresa: un dettagliato libriccino contenente le linee guida per una rapida
adozione – naturalmente consapevole, responsabile e senza ulteriori oneri a
carico del bilancio – dell’intelligenza artificiale in tutti gli ordini e gradi
di istruzione.
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A una prima analisi, le linee guida sembrano proseguire nella spinta verso
l'adozione di tecnologie digitali non facilmente controllabili dagli attori
della scuola, con un forte rischio che si riproponga lo scenario già visto con i
progetti PNRR Scuola 4.0: una corsa a spendere fondi per introdurre hardware e
software, senza possibilità di scelta consapevole da parte delle scuole,
terminata in un sostanziale trasferimento di fondi pubblici al privato.
L'enfasi sull'innovazione tecnologica e sulla transizione digitale delle scuole
raramente tiene conto delle esigenze didattiche della comunità scolastica, per
puntare l'obiettivo su un mero accumulo di tecnologie che si rivelano
ingestibili dalle scuole, vuoi per incapacità, vuoi perché le tecnologie
adottate sono spesso opache, o anche perché delegate completamente a imprese
private.
DIDATTICA: LA GRANDE ASSENTE
Basterebbe il mero dato statistico a rendersi conto di quanto siano vaghe le
Linee Guida su questo tema centrale per la scuola. Su 33 pagine solo due sono
riservate alla didattica in senso stretto, nel paragrafo dedicato alle aree di
applicazione per tipologia di destinatari (4.2).
La maggior parte del testo si sofferma sugli aspetti tecnico-normativi,
richiamando norme europee (AI act) e cosiddette buone pratiche consolidate. Se
non bastasse il dato statistico, la lettura del paragrafo mostra la genericità e
la confusione delle indicazioni . Riportiamo di seguito uno degli esempi di
possibili applicazioni pratiche dell'IA per docenti, perché esemplificativo
della poca conoscenza di strumenti che, in alcuni casi, sono in uso da tempo
nelle attività didattiche, senza avere nulla a che vedere con l'IA.
Strumenti interattivi e innovativi: l’IA permette l’elaborazione di risorse
didattiche (come simulazioni, giochi, mappe concettuali, riassunti per
l’apprendimento e quiz interattivi) che aumentano la motivazione e il
coinvolgimento degli studenti;
La domanda sorge spontanea: che senso ha far generare una mappa concettuale
all’IA, quando l'obbiettivo didattico di questa metodologia è proprio fare in
modo che lo studente possa "mappare" la propria conoscenza di un argomento e
collegarne i vari elementi?
AI COME AUTOMAZIONE
Le indicazioni divengono invece più definite laddove sono individuati i campi di
automazione dei processi lavorativi tipici dell'amministrazione e del
monitoraggio da parte del Dirigente Scolastico. In particolare risulta evidente
il riferimento all'automazione nei paragrafi Ottimizzazione nella
riorganizzazione dell’orario o Monitoraggio documenti programmatici, nei quali
si menziona l'evidenziazione di eventuali scostamenti di bilancio come risultato
dell’uso dell’IA.
D’altra parte l’Intelligenza Artificiale è un insieme di tecniche di cui le IA
generative sono solo un sotto insieme. Nelle Linee Guida si parla genericamente
di IA, senza distinguere un algoritmo per l’ottimizzazione dell’orario
scolastico, caso classico di automazione, da un Large Language Model, Chat GPT
per intendersi, lasciando alla scuola il compito di districarsi tra le molte e
confuse offerte private.
CONTRADDIZIONI E OSSIMORI
Oltre all’imbarazzante assenza dei temi della didattica, il secondo aspetto che
salta all’occhio sono le numerose contraddizioni interne ai messaggi del
Ministero.
Anzitutto le Linee Guida si pongono come obiettivi la sostenibilità e la tutela
dei diritti degli allievi, raccomandando alla dirigenza e al corpo docente di
rendere effettivamente esercitabile il diritto a non fornire i dati degli
allievi come pre-requisito per l’utilizzo dell’IA. Peccato che le IA generative,
che vengono proposte al suo interno, ossia i servizi SaaS (Software as a
service) come ChatGPT, siano incompatibili con entrambi questi principi: il
primo a causa dei pantagruelici consumi di elettricità e acqua dei datacenter
indispensabili per la fornitura del servizio, il secondo perché il modello SaaS
si basa per l’appunto sulla fornitura di questi dati, ossia il servizio erogato
è gratuito proprio perché i dati dell’utilizzatore sono parte del modello di
business delle imprese che producono questi software. Quando invece il servizio
è a pagamento, i dati sono usati per migliorare l’addestramento dell’IA.
L’ENNESIMA RIFORMA DALL’ALTO
A giudicare dalla letteratura scientifica citata dal ministero, in cui la parte
da leone la fanno le riflessioni sulla produttività più che quelle sul senso e
sulla missione della scuola, sembra evidente che queste prime Linee Guida siano
state redatte senza tenere nella dovuta considerazione le dinamiche sociali che
questa nuova tecnologia sta promuovendo. Questo spiega come sia possibile che lo
stesso ministero abbia, nella stessa giornata, varato un divieto draconiano
contro gli smartphone (i cui effetti tossici sono ormai riconosciuti da
letteratura bi-partisan) e promosso le Linee Guida per l’IA (i cui effetti
tossici stanno cominciando a manifestarsi lentamente solo ora).
VALORIZZARE LE COMUNITÀ
Nel frattempo in molte zone della penisola vengono adottati sistemi per la
didattica che valorizzano la creazione di conoscenza locale e condivisa, oltre
che utilizzare il denaro per pagare lavoro invece che licenze d’uso a grandi
aziende USA.
Ci sono esempi virtuosi di scuole che acquistano software (anche l’Intelligenza
Artificiale è software) rilasciati con licenze libere e/o aperte (F/LOSS)
modificabili secondo le esigenze delle comunità scolastiche. In questo modo le
scuole possono mettersi in rete per condividere risorse computazionali,
risparmiando, oltre che per confrontarsi e condividere esigenze e soluzioni.
Esistono già in Italia imprese che forniscono servizi con queste modalità,
l’esempio delle scuole della Provincia Autonoma di Bolzano è solo uno e il più
longevo. Il modello è quello delle Comunità Energetiche Rinnovabili che, secondo
gli ultimi dati del GSE, stanno crescendo vertiginosamente. Si può fare!
Maurizio Mazzoneschi e Stefano Barale per C.I.R.C.E
L'articolo è uscito nel quotidiano Domani il 14 settembre 2025
Tag - smartphone
Parassita perfetto: smartphone sfrutta dopamina e algoritmi per tenerci schiavi.
Scienza propone "polizia digitale" per liberarci.
Pensavate di possedere uno smartphone? Sbagliato: è lui che possiede voi. Se non
state leggendo queste righe da un cellulare, probabilmente il vostro telefono è
lì accanto che aspetta. Vibra, suona, lampeggia, fa di tutto per catturare la
vostra attenzione. Secondo Rachael Brown dell’Australian National University e i
suoi colleghi, questa non è più una relazione simbiotica dove entrambi traete
beneficio. È diventata una forma di parassitismo evoluto, dove voi fate da
ospiti inconsapevoli a un parassita digitale che ha imparato a manipolare i
vostri istinti più profondi per tenervi incollati allo schermo.
Dal mutualismo al parassitismo: un’evoluzione darwiniana
La ricerca applica i principi dell’evoluzione darwiniana al rapporto
uomo-tecnologia. Brown e il suo team spiegano che inizialmente la relazione era
mutualistica: noi traevamo beneficio dalla tecnologia e la tecnologia
“prosperava” grazie al nostro utilizzo. Ma poi è successo qualcosa di
evolutivamente prevedibile: il mutualismo si è trasformato in parassitismo. Non
è un fenomeno raro in natura. Molti organismi che iniziano come simbionti
benefici finiscono per diventare parassiti quando le condizioni evolutive lo
favoriscono.
Leggi l'articolo
Sarà obbligatoria da giugno, e conterrà informazioni relative alla durata della
batteria, alla resistenza a graffi o cadute e al grado di riparabilità
La Commissione Europea ha presentato la nuova etichetta che dovrà essere
applicata sulle confezioni degli smartphone e dei tablet venduti all’interno
dell’Unione dal prossimo 20 giugno.
L’etichetta ha uno stile simile a quelle già previste per elettrodomestici, come
televisori e frigoriferi; conterrà una classificazione dell’efficienza
energetica dei prodotti con un punteggio che va da A (il livello più alto) a G
(quello più basso), e informazioni relative ad altri aspetti: la durata della
batteria, la reperibilità dei pezzi di ricambio, la resistenza in caso di
cadute, graffi e contatto con l’acqua e la facilità di riparazione in caso di
guasti.
Leggi l'articolo
Il blackout di Madrid manda un messaggio molto chiaro: attenzione a concentrare
così tante funzionalità e servizi, sia pubblici, sia privati, sullo smartphone.
O più precisamente: attenzione a farlo senza lasciare alternative reali
funzionanti. Perché lo smartphone funzioni, infatti, devono essere soddisfatte
due condizioni: Internet deve funzionare (sia l’accesso wireless, sia
l’infrastruttura complessiva, fatta di cavi, data centers, apparecchiature di
rete e molto altro) e deve esserci elettricità per caricare la batteria (oltre
che per far funzionare Internet).
Invece di riporre una fiducia incondizionata nella nostra capacità di far
funzionare le infrastrutture cruciali con affidabilità totale, quindi,
identifichiamo piuttosto, con pragmatismo, e anche un po’ di umiltà, alcuni
strumenti e servizi di cui è opportuno preservare la versione “analogica”, a
prescindere dalla diffusione delle equivalenti versioni digitali. Senza pretese
di esaustività, vediamo tre esempi: il denaro contante, la radio FM e i
documenti d’identità fisici.
Leggi l'articolo su Il Manifesto
Un gruppo di ricerca dell'Università di Heidelberg e dell'Università di Colonia
(in Germania), ha indagato cosa accade al nostro cervello se ne riduciamo
l'utilizzo per 72 ore, e scoperto che rinunciare a questi dispositivi anche per
poche ore può addirittura rimodellare l'attività cerebrale. I dettagli della
ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Computers in Human Behavior.
Durante le scansioni cerebrali eseguite dopo il periodo di 72 ore, ai
partecipanti sono state mostrate diverse immagini, tra cui immagini di
smartphone accesi e spenti, nonché immagini "neutre" di soggetti come barche e
fiori. Quando venivano mostrare le immagini del telefono, nei partecipanti sono
stati osservati cambiamenti nelle aree del cervello proposte all'elaborazione
della ricompensa e del desiderio, simili a quelli osservati nella dipendenza da
sostanze, il che suggerisce che questi dispositivi possono creare dipendenza
come la nicotina o l’alcol.
"I nostri dati non distinguono tra il desiderio di usare lo smartphone e il
desiderio di interagire socialmente, due processi oggi strettamente
interconnessi - hanno affermato i ricercatori -. Sebbene i nostri dati mostrino
risultati solidi senza svelare questi processi, gli studi futuri dovrebbero
mirare ad affrontare questo aspetto".
E’ da quando è apparso il primo smartphone che gli scienziati stanno indagando
su come il loro utilizzo influenzi l'attività del nostro cervello. Grazie a
questa ricerca sappiamo qualcosa in più sui sintomi (simili all'astinenza da
alcune sostanze stupefacenti) come ansia, insonnia, inappetenza, agitazione
fisica, irritabilità, che compaiono quando non utilizziamo il telefonino per un
pò di tempo.
Link alla ricerca qui
Il 10 settembre 2024 sulla piattaforma statunitense change.org è stata
pubblicata la petizione “Stop smartphone e social sotto i 16 e 14 anni: ogni
tecnologia ha il suo giusto tempo”:
L’appello è promosso da Daniele Novara, pedagogista e counselor – direttore del
CPPP e Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, a cui si sono unite quasi
centomila adesioni in pochi mesi. Il cuore dell’appello è questo:
“Chiediamo quindi al Governo italiano di impegnarsi per far sì che nessuno dei
nostri ragazzi e delle nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale
prima dei 14 anni e che non si possa avere un profilo sui social media prima dei
16. Aiutiamo le nuove generazioni.”
"Mi è stato chiesto un parere in merito perché con le colleghe di C.I.R.C.E. –
circex.org lavoriamo sulla promozione di tecnologie conviviali, tramite il
metodo della pedagogia hacker. Siamo amanti delle tecnologie, anche di quelle
digitali. Ma non di tutte, anzi: consideriamo deleteri la maggior parte dei
sistemi oggi in uso: sistemi scientemente progettati, costruiti e continuamente
perfezionati per generare comportamenti di autoabuso. Sofferenze psicologiche e
sociali sono quindi sempre più diffuse non per una qualche mancanza da parte
degli utenti, incapaci di “usare bene” tecnologie sofisticate, ma per via del
design tossico di quelle tecnologie."
Leggi l'articolo sul sito "Gli Asini"
Non dobbiamo dare lo smartphone per acquisito e limitarci a discuterne l’uso.
Dovremmo anche mettere in discussione come è fatto lo smartphone, a tutti i
livelli
Da molti mesi si parla con particolare intensità di smartphone e adolescenti.
Era qualche anno che se ne discuteva, dando anche vita alle prime iniziative, ma
è solo nel 2024 che l’argomento dell’impatto dello smartphone sul benessere
psicologico e sulle prestazioni scolastiche dei più giovani è entrato con forza
nel dibattito pubblico, conquistando spazio nei media e diventando oggetto di
iniziative politiche. In particolare, sono due le proposte intorno alle quali si
polarizzano l’attenzione e le proposte: se proibirne o meno l’uso a scuola (come
è stato deciso di recente in Italia e in altre Paesi, europei e non) e se
proibire o meno del tutto lo smartphone sotto una certa età (per esempio, sotto
i 16 anni).
Il modello, insomma, è quello delle sigarette...
Leggi l'articolo di Juan Carlos De Martin sul sito de "Il Manifesto"
Guardare avanti, si dice. Guardare fisso, invece, la propria mano che sostiene
un apparecchietto nero con schermo, detto smartphone. Consultare, sbirciare,
controllare, scrollare, ascoltare, pagare, scrivere, parlare, filmare… Al
ristorante, per strada, in chiesa, nel passeggino, al cinema, in arrampicata, al
supermercato, in auto, in classe, in ospedale, sul bus, sul water, a letto, in
bici, al lavoro, ai mari e ai monti… in tasca, in mano. A testa bassa.
Paesaggio umano smisuratamente social. Ognuno di noi al guinzaglio del proprio
smartphone. Ad ogni latitudine, più o meno. Ad ogni età, neonato e pensionato,
per ogni sesso. Super intersezionale. La psichiatria, che ha il naso fino, ha
inventato il problematic smartphone use (PSU) Ma quale problematic? Obvious
smartphone use. Non è un gingillo, è una Lampada di Aladino dai mille favori. È
un essere più che uno strumento tecnico. Non sono un filosofo e torno a
incantarmi con questo congegno luccicante che ci ha catturati, dionisiacamente
“sussunti” direbbero gli intenditori. Se fossi nato vent’anni fa non mi
stupirebbe toccar quotidianamente con mano la nostra universale dedizione
all’Angelo Custode che ogni giorno ci accompagna e ci nutre, mi sarebbe
risuonato perfettamente naturale, oggettivo, da sempre. Una felice evoluzione
dell’umanità.
Di chi è figlia questa alchimia universale? Del capitalismo digitale, di quello
cognitivo, di quello zombi? Di un neo colonialismo psichico? Di una fantomatica
tecnodittatura? Di un dio cattivo, o anche buonino, che escogita una nuova
religione? Di quei cinque o sei giovanottoni diventati paperon de’ paperoni
giocando con il web e inventando questo e quello? Di un presente a capitalismo
morto, che sarebbe ancora peggio del capitalismo vivo? Di me boccalone e dei
miei simili che ci facciamo accalappiare da questa sbalorditiva pietra
filosofale rettangolare?
Leggi l'articolo di Claudio Canal
I raccapriccianti atti di terrorismo avvenuti nei giorni scorsi in Libano
attraverso cercapersone e ricetrasmittenti sono una eclatante manifestazione di
uno degli aspetti meno compresi della rivoluzione digitale.
Relativamente poche persone, infatti, hanno messo a fuoco il fatto il mondo si
sta computerizzando, processo che sta causando, oltre al resto, alterazioni
profonde nei rapporti con l’ambiente in cui viviamo, oggetti inclusi.
La prima fase della computerizzazione del mondo è stata palese perché è stata
semplicemente la fase della diffusione dei computer tradizionali, dai cosiddetti
mainframe agli attuali desktop e notebook. Negli ultimi 20-30 anni, però, la
miniaturizzazione dei componenti e il drastico calo dei costi (anche della
connessione a Internet) ha avviato una seconda fase, meno visibile e soprattutto
meno compresa, che sta portando a computerizzare un numero crescente di esseri
umani, di spazi e di cose.
leggi l'articolo di Juan Carlos De Martin
Venerdì 27 settembre dalle ore 18.30 alle 20.30, nella Sala Cenacolo del Museo
Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di via San Vittore
21, Milano, all’interno del programma della Open Night, un incontro dal titolo
“Il benessere dei genitori nell’era digitale” al quale partecipa, tra gli altri,
Stefano Borroni Barale, autore di “L’intelligenza inesistente”.
Oggi consegnare il primo smartphone è diventato un rito tecnologico che spesso
segna il passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado. Molte
volte è un gesto automatico, frutto della convinzione di non avere alternative
se non l’esclusione dalla socialità. Ma cosa accade se gruppi di mamme e papà si
accordano per cambiare le carte in tavola? Riflettiamo con associazioni e mondo
della ricerca su come si declina la genitorialità nell’era di smartphone,
algoritmi e piattaforme. Tutte le informazioni su Altreconomia.it