Tra body cam, riconoscimento facciale e decreto sicurezza i diritti umani in
Italia vanno sempre peggio. Il rapporto annuale di Amnesty International,
presentato lunedì 28 aprile a Roma, non fa classifiche, come accade per altri
indici, come quello internazionale sulla trasparenza. Ma dalla conferenza stampa
e, soprattutto, dalle pagine del volume, si delinea un quadro a dir poco
complesso.
A preoccupare la ong è, tra gli altri temi, anche l'utilizzo indiscriminato
delle nuove tecnologie, dell'intelligenza artificiale e delle piattaforme come
strumenti di repressione e di diffusione di notizie false e fuorvianti, Quella
che il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, definisce
“miscela malefica tra autoritarismo e tecnocrazia”.
Il paradosso italiano è che invece di dare la possibilità a chi manifesta
pacificamente di segnalare abusi commessi dalle forze dell'ordine attraverso
codici identificativi apposti sulle divise, si dotano queste ultime di strumenti
tecnologici avanzati per colpire e identificare i manifestanti.
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Tag - Privacy
Il 9 maggio 2025, il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, ha annunciato
un accordo storico con Google, che pagherà un maxi risarcimento di 1,375
miliardi di dollari per chiudere due cause legali intentate nel 2022 e
riguardanti gravi violazioni della privacy dei consumatori.
Secondo le accuse, il colosso tecnologico di Mountain View avrebbe violato la
privacy degli utenti texani senza il loro consenso esplicito, e in particolare
avrebbe:
* raccolto dati biometrici, come impronte vocali e geometria facciale,
attraverso servizi come Google Photos e Google Assistant
* tracciato la posizione degli utenti anche quando la funzione di
geolocalizzazione era disattivata
* pubblicizzato in modo ingannevole le funzionalità della modalità “Incognito”
come strumento di navigazione privata, mentre in realtà continuava a
raccogliere dati sulle attività online degli utenti
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È passato da pochi giorni il trentaduesimo anniversario della nascita formale
del Web, ossia di Internet come la conosciamo oggi. Rispetto all’idea originale,
però, sono cambiate tante cose, non tutte per il meglio.
Questa è la storia di come è nato il Web, di cosa è andato storto e di come
rimediare, con una lista di “No” da usare come strumento correttivo per
ricordare a chi progetta siti, e a noi che li usiamo, quali sono i princìpi
ispiratori di un servizio straordinario come l’Internet multimediale che ci
avvolge e circonda oggi, e a volte ci soffoca un po’ troppo con il suo abbraccio
commerciale.
[...]
Oggi siamo abituati a un’Internet commerciale, ma va ricordato che inizialmente
Internet era un servizio dedicato alla comunicazione tra membri di istituzioni
accademiche, basato su standard aperti, pensato per abbattere le barriere e le
incompatibilità fra i computer e i sistemi operativi differenti e facilitare la
condivisione del sapere.
Adesso, invece, le barriere vengono costruite appositamente: per esempio, invece
della mail, che è aperta a tutti, non è monopolio di nessuno e funziona senza
obbligare nessuno a installare un unico, specifico programma, si usano sempre di
più i sistemi di messaggistica commerciali, come per esempio WhatsApp, che
appartengono a una singola azienda, funzionano soltanto con l’app gestita e
aggiornata da quell’azienda e sono incompatibili tra loro.
Ascolta il podcast o leggi il testo sul sito di Paolo Attivissimo
La Commissione irlandese per la protezione dei dati (Dpc) annuncia una multa di
530 milioni di euro a TikTok, accusata di aver inviato illegalmente i dati degli
utenti europei in Cina.
L’accusa dell’autorità è di aver trasferito illecitamente i dati degli utenti
europei in Cina, aumentando per altro le tensioni e lo scetticismo (soprattutto
dei legislatori occidentali) nei confronti di Bytedance, l’azienda di Pechino
proprietaria del social network.
L’importo della multa è superiore alle indiscrezioni che erano trapelate a
inizio mese ed è la terza sanzione più alta di sempre, dopo quelle ad Amazon
(746 milioni) e Meta-Facebook (1,2 miliardi).
Fonte RaiNews.it
"Con l'invenzione e lo sviluppo della televisione, e il progresso tecnico che
rese possibile di ricevere e trasmettere simultaneamente sullo stesso
apparecchio, il concetto di vita privata si poteva considerare del tutto
scomparso. Ogni cittadino, o meglio ogni cittadino che fosse abbastanza
importante e che valesse la pena di sorvegliare, poteva essere tenuto
comodamente sotto gli occhi della polizia e a portata della propaganda
ufficiale"
George Orwell, l'autore del celeberrimo libro distopico 1984 dal quale sono
tratte queste parole, era un ottimista. Pensava che la sorveglianza tramite la
tecnologia sarebbe stata applicata solo a chi fosse abbastanza importante. Oggi,
invece, la sorveglianza tecnologica si applica a tutti, in massa, e per di più
siamo noi utenti a pagare per i dispositivi che la consentono.
Uno di questi dispositivi è il televisore, o meglio la "Smart TV", come va di
moda chiamarla adesso. Sì, perché buona parte dei televisori moderni in
commercio è dotata di un sistema che raccoglie informazioni su quello che
guardiamo sullo schermo e le trasmette a un archivio centralizzato. Non a scopo
di sorveglianza totalitaria, ma per mandarci pubblicità sempre più mirate,
basate sulle nostre abitudini e i nostri gusti. In sostanza, molti televisori
fanno continui screenshot di quello che state guardando, non importa se sia una
serie di Netflix, un videogioco o un vostro video personale, e li usano per
riconoscere cosa state guardando e per suggerire ai pubblicitari quali prodotti
o servizi mostrarvi.
Leggi l'articolo di Paolo Attivisiimo su ZEUS News
Oppure ascolta il podcast
Meta inizierà ad addestrare la sua IA generativa usando contenuti pubblici
condivisi da utenti adulti in Europa. Gli utenti riceveranno notifiche non solo
per essere informati sulla novità, ma anche per esercitare il diritto di
opposizione.
Dopo lo stop dello scorso anno, Meta ha annunciato che anche in Europa inizierà
ad addestrare i suoi modelli linguistici sfruttando i contenuti pubblici
condivisi dagli utenti adulti sui social, insieme alle interazioni con Meta AI.
Una svolta che punta a rendere l'IA più vicina alle specificità culturali,
linguistiche e storiche del Vecchio Continente, ma che riaccende anche il
dibattito sulla privacy.
A partire da questa settimana, gli utenti maggiorenni dell'Unione Europea che
utilizzano piattaforme come Facebook, Instagram e WhatsApp inizieranno a
ricevere notifiche - via app ed email - per informarli su quali dati verranno
utilizzati e con quale scopo. Ogni notifica conterrà anche un link diretto a un
modulo per esercitare il diritto di opposizione: chi non desidera che i propri
dati vengano utilizzati per addestrare l'IA potrà negare il consenso.
Articolo completo qui
Meta AI è comparsa su WhatsApp senza preavviso, generando polemiche e
preoccupazioni sulla privacy. Inoltre, l’assistente virtuale introdotto
forzatamente dal gruppo Zuckerberg non può essere disattivato e fornisce
istruzioni fuorvianti per la rimozione.
Avete notato quel pulsantino bianco con un cerchio blu comparso di recente nella
schermata di Whatsapp sul vostro smartphone? Si tratta dell’icona di Meta AI,
l’intelligenza artificiale sviluppata dal gruppo di Mark Zuckerberg. Il sistema,
progettato per essere semplice e intuitivo, garantisce un accesso immediato alla
chatbot, la finestra di conversazione alimentata da Llama 3.2, la versione più
avanzata di AI di Meta, dotata di capacità multimodali.
Violazione della privacy?
Nulla di male, in apparenza. Il problema è che Meta AI è entrato a far parte
della nostra quotidianità, su milioni di schermi, senza alcuna notifica
preventiva, né esplicito consenso.
Leggi l'articolo
Apple pagherà 95 milioni di dollari per evitare un lungo scontro in tribunale.
L’accordo extragiudiziale (PDF) è stato raggiunto con lo studio legale che ha
denunciato l’azienda di Cupertino per violazione della privacy. Le conversazioni
degli utenti sono state registrate tramite Siri e condivise con terze parti.
Link all'articolo qui
È sufficiente una veloce ricerca su Shodan o Censys per scoprire oltre 680
stream RTSP pubblici di webcam italiane che mostrano interni di abitazioni,
negozi, studi medici… senza alcuna protezione!
Nei momenti di relax mi diverte esplorare i risultati su shodan.io, piattaforma
che raccoglie e indicizza le informazioni tecniche sui nodi connessi a Internet.
In particolare, la sezione dedicata alle immagini, tra cui flussi RTSP, VNC e
RDP, regala sempre sorprese interessanti. Per gioco ho voluto vedere se, a
distanza ormai di qualche anno dai miei articoli relativamente ai rischi
connessi dalle telecamere domestiche esposte su Internet senza protezione
(Insecam, il database delle telecamere pubbliche (a loro insaputa), Oltre 1800
telecamere di sorveglianza italiane esposte sul Web e via dicendo), qualcosa nel
panorama nazionale fosse cambiato.
È così bastata una banale query sui flussi RTSP (Real Time Streaming Protocol,
il protocollo di trasmissione dati per lo streaming di flussi video, porta tcp
554) geolocalizzati in Italia per ottenere oltre 680 risultati (per la cronaca:
“country:it rtsp“).
Tra i vari flussi video esposti in Rete senza protezione, troviamo case private,
giardini privati, sale di attesa di studi professionali, negozi e molto altro.
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Il processo a Pegasus L'azienda israeliana condannata a pagare un risarcimento
al social network di Meta che verrà fissato in un secondo processo nel 2025
Venerdì 20 dicembre il tribunale del Northern District della California ha dato
ragione a Whatsapp in una causa intentata dal social network contro la compagnia
di spyware israeliana Nso Group, produttrice e distributrice del software
Pegasus.
Per la giudice Phyllis Hamilton Nso Group ha violato la legge federale
statunitense in materia di hacking e i termini di servizio di Whatsapp,
sfruttando il social network per infettare più di mille smartphone con il
proprio spyware Pegasus.
L’entità dei danni che Nso Group dovrà pagare a Whatsapp sarà stabilità in un
secondo processo l’anno prossimo.
Pegasus era stato sviluppato da Nso Group nel 2011 e promosso tra le agenzie
governative internazionali come strumento per combattere terrorismo e
criminalità organizzata.
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