Il Viminale ci tiene all’oscuro su come e quanto usa il sistema di riconoscimento faccialeSi conosce il numero di ricerche ogni mille reati, di molto maggiore rispetto ad
altri Paesi europei. Avere un dibattito pubblico sull’argomento è impossibile: i
dati sono incompleti
In Italia non è consentito sapere come e se funziona l’infrastruttura per il
riconoscimento dei volti in uso alle forze dell’ordine. È una conclusione
inevitabile, quella tratta da IrpiMedia e StraLi – associazione non profit che
promuove la tutela dei diritti attraverso il sistema giudiziario – da tempo
impegnate in un braccio di ferro burocratico con il ministero dell’Interno,
restio a fornire dati e informazioni richieste tramite l’accesso agli atti
generalizzato. Questo strumento dovrebbe garantire ai cittadini la possibilità
di accedere a documenti e informazioni in possesso della pubblica
amministrazione.
Tuttavia a dire del Viminale, oggi retto dal ministro Matteo Piantedosi, ne
sarebbero escluse le statistiche relative all’efficacia del riconoscimento
facciale: informazioni aggregate che non possono certo minare l’andamento delle
indagini in corso. Dall’altra, proprio queste informazioni sono tasselli
indispensabili a ricostruire lo sfaccettato puzzle delle tecnologie di cui fa
uso la sorveglianza di Stato in Italia e che per ora è destinato a rimanere
incompleto. Leggi la storia