Il proliferare delle intelligenze artificiale non farebbe altro che danneggiare
i creatori di contenuti e i siti indipendenti.
Matthew Prince, CEO di Cloudflare (una delle CDN più grandi al mondo), ha
lanciato un allarme sul futuro del web durante un'intervista al Council on
Foreign Relations: l'intelligenza artificiale starebbe distruggendo il modello
di business che ha sostenuto il web per oltre 15 anni.
«L'AI cambierà radicalmente il modello di business del web» ha affermato. «Negli
ultimi 15 anni, tutto è stato guidato dalla ricerca online» ma ora le cose
stanno cambiando: se un tempo la ricerca su Google portava traffico ai siti
tramite i famosi «10 link blu», oggi quella stessa ricerca è fatta per tenere
gli utenti sulla piattaforma, fornendo risposte e contenuti tramite la IA.
Dieci anni fa, per ogni due pagine indicizzate, Google rimandava un visitatore
al sito; ora, secondo Prince, servono sei pagine per un solo visitatore, con un
calo del 200% nel valore restituito ai creatori di contenuti.
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È passato da pochi giorni il trentaduesimo anniversario della nascita formale
del Web, ossia di Internet come la conosciamo oggi. Rispetto all’idea originale,
però, sono cambiate tante cose, non tutte per il meglio.
Questa è la storia di come è nato il Web, di cosa è andato storto e di come
rimediare, con una lista di “No” da usare come strumento correttivo per
ricordare a chi progetta siti, e a noi che li usiamo, quali sono i princìpi
ispiratori di un servizio straordinario come l’Internet multimediale che ci
avvolge e circonda oggi, e a volte ci soffoca un po’ troppo con il suo abbraccio
commerciale.
[...]
Oggi siamo abituati a un’Internet commerciale, ma va ricordato che inizialmente
Internet era un servizio dedicato alla comunicazione tra membri di istituzioni
accademiche, basato su standard aperti, pensato per abbattere le barriere e le
incompatibilità fra i computer e i sistemi operativi differenti e facilitare la
condivisione del sapere.
Adesso, invece, le barriere vengono costruite appositamente: per esempio, invece
della mail, che è aperta a tutti, non è monopolio di nessuno e funziona senza
obbligare nessuno a installare un unico, specifico programma, si usano sempre di
più i sistemi di messaggistica commerciali, come per esempio WhatsApp, che
appartengono a una singola azienda, funzionano soltanto con l’app gestita e
aggiornata da quell’azienda e sono incompatibili tra loro.
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