Parassita perfetto: smartphone sfrutta dopamina e algoritmi per tenerci schiavi.
Scienza propone "polizia digitale" per liberarci.
Pensavate di possedere uno smartphone? Sbagliato: è lui che possiede voi. Se non
state leggendo queste righe da un cellulare, probabilmente il vostro telefono è
lì accanto che aspetta. Vibra, suona, lampeggia, fa di tutto per catturare la
vostra attenzione. Secondo Rachael Brown dell’Australian National University e i
suoi colleghi, questa non è più una relazione simbiotica dove entrambi traete
beneficio. È diventata una forma di parassitismo evoluto, dove voi fate da
ospiti inconsapevoli a un parassita digitale che ha imparato a manipolare i
vostri istinti più profondi per tenervi incollati allo schermo.
Dal mutualismo al parassitismo: un’evoluzione darwiniana
La ricerca applica i principi dell’evoluzione darwiniana al rapporto
uomo-tecnologia. Brown e il suo team spiegano che inizialmente la relazione era
mutualistica: noi traevamo beneficio dalla tecnologia e la tecnologia
“prosperava” grazie al nostro utilizzo. Ma poi è successo qualcosa di
evolutivamente prevedibile: il mutualismo si è trasformato in parassitismo. Non
è un fenomeno raro in natura. Molti organismi che iniziano come simbionti
benefici finiscono per diventare parassiti quando le condizioni evolutive lo
favoriscono.
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Un gruppo di ricerca dell'Università di Heidelberg e dell'Università di Colonia
(in Germania), ha indagato cosa accade al nostro cervello se ne riduciamo
l'utilizzo per 72 ore, e scoperto che rinunciare a questi dispositivi anche per
poche ore può addirittura rimodellare l'attività cerebrale. I dettagli della
ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Computers in Human Behavior.
Durante le scansioni cerebrali eseguite dopo il periodo di 72 ore, ai
partecipanti sono state mostrate diverse immagini, tra cui immagini di
smartphone accesi e spenti, nonché immagini "neutre" di soggetti come barche e
fiori. Quando venivano mostrare le immagini del telefono, nei partecipanti sono
stati osservati cambiamenti nelle aree del cervello proposte all'elaborazione
della ricompensa e del desiderio, simili a quelli osservati nella dipendenza da
sostanze, il che suggerisce che questi dispositivi possono creare dipendenza
come la nicotina o l’alcol.
"I nostri dati non distinguono tra il desiderio di usare lo smartphone e il
desiderio di interagire socialmente, due processi oggi strettamente
interconnessi - hanno affermato i ricercatori -. Sebbene i nostri dati mostrino
risultati solidi senza svelare questi processi, gli studi futuri dovrebbero
mirare ad affrontare questo aspetto".
E’ da quando è apparso il primo smartphone che gli scienziati stanno indagando
su come il loro utilizzo influenzi l'attività del nostro cervello. Grazie a
questa ricerca sappiamo qualcosa in più sui sintomi (simili all'astinenza da
alcune sostanze stupefacenti) come ansia, insonnia, inappetenza, agitazione
fisica, irritabilità, che compaiono quando non utilizziamo il telefonino per un
pò di tempo.
Link alla ricerca qui
E' un testo conciso e pungente, Contro lo smartphone. Per una tecnologia più
democratica (Add editore, 2023, pp. 200), il nuovo libro di Juan Carlos De
Martin, professore ordinario al Politecnico di Torino e co-fondatore del Nexa
Center for Internet & Society. Onnipresente, lo smartphone si è imposto prima
come gadget alla moda, poi come «oggetto simbolo della nostra era», argomenta De
Martin. In poco più di centocinquanta pagine, bibliografia esclusa, l’autore
riesce a condurre il lettore in un vero giro del mondo lungo le catene di
produzione di questi «piccoli parallelepipedi» di plastica e silicio che hanno
penetrato le scuole, l’intimità casalinga o i mezzi di trasporto.
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