Convenzionalmente, quando si parla di dipendenza da Internet (Internet Addiction
Disorder), scrivono Maria Pontillo e Stefano Vicari nel volume La paura di
essere disconnessi (il Mulino, 2025), ci si riferisce ad «una condizione
caratterizzata da un uso compulsivo e problematico della rete, accompagnato da
pensieri ossessivi sulla possibilità di connettersi, che compromettono
significativamente la vita quotidiana di chi ne è affetto» (p. 12).
Evidenze scientifiche hanno mostrato analogie tra la dipendenza da sostanze a
quella da Internet, tanto che alcuni studi hanno recentemente scoperto che il
cervello si attiva in maniera analoga in tutti questi tipi di dipendenza. Ad
accomunare le diverse esperienze di dipendenza sono, ad esempio: la centralità
che assume il comportamento da cui si è dipendenti sul resto della vita; le
alterazioni umorali che si provano ad ogni inizio dell’esperienza; la necessità
di incrementare la frequenza e la quantità dell’esperienza per ottenere i
medesimi effetti; i sintomi d’astinenza in caso di interruzione prolungata; la
conflittualità con gli altri e con sé stessi determinata dal comportamento
disfunzionale; la tendenza alla ricorrenza del comportamento nel tempo.
A differenza di altre tipologie di dipendenza da sostanze o da comportamenti,
nel caso della dipendenza da Internet, sottolineano gli autori, non è possibile,
né sarebbe sensato, mirare alla cancellazione totale del rapporto con l’oggetto
di dipendenza. Essendo che con l’universo online si è tenuti ad avere a che fare
nella quotidianità, scopo della terapia cognitivo-comportamentale non può che
essere quello di aiutare l’adolescente a ridurre e gestire consapevolmente il
tempo che vive in Internet senza farsi risucchiare da esso abbandonando il mondo
fuori dallo schermo.
Recensione completa qui
Tag - adolescenti
Nei mesi di febbraio e marzo 2025 abbiamo condotto un corso di Pedagogia Hacker
di trenta ore per una classe di III superiore presso l'istituto comprensivo
Carducci di Roma. A margine di questa esperienza siamo state intervistate da
Radio Carducci per raccontare cosa è la Pedagogia Hacker!
Ascolta l'intervista sul sito di Radio Carducci
https://www.radiocarducci.com/podcast/radio-scienza-pop-15-04-25/
Nei mesi di febbraio e marzo 2025 abbiamo condotto un corso di Pedagogia Hacker
di trenta ore per una classe di III superiore presso l'istituto comprensivo
Carducci di Roma. A margine di questa esperienza siamo state intervistate da
Radio Carducci per raccontare cosa è la Pedagogia Hacker!
Ascolta l'intervista sul sito di Radio Carducci
https://www.radiocarducci.com/podcast/radio-scienza-pop-15-04-25/
Vietare lo smartphone ai minori? Carlo Milani sulla rivista Gli Asini discute la
petizione “Stop smartphone e social sotto i 16 e 14 anni". Perché vietare non è
mai una buona idea e perché in quanto adulti dovremmo imparare a metterci
all'ascolto e a metterci in discussione.
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PROPOSTE PER VIETARE
Il 10 settembre 2024 sulla piattaforma statunitense change.org è stata
pubblicata la petizione “Stop smartphone e social sotto i 16 e 14 anni: ogni
tecnologia ha il suo giusto tempo”:
https://go.circex.org/petizione-vietare
L’appello è promosso da Daniele Novara, pedagogista e counselor – direttore del
CPPP e Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, a cui si sono unite quasi
centomila adesioni in pochi mesi. Il cuore dell’appello è questo:
“Chiediamo quindi al Governo italiano di impegnarsi per far sì che nessuno dei
nostri ragazzi e delle nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale
prima dei 14 anni e che non si possa avere un profilo sui social media prima dei
16. Aiutiamo le nuove generazioni.”
Mi è stato chiesto un parere in merito perché con le colleghe di C.I.R.C.E. –
circex.org lavoriamo sulla promozione di tecnologie conviviali, tramite il
metodo della pedagogia hacker. Siamo amanti delle tecnologie, anche di quelle
digitali. Ma non di tutte, anzi: consideriamo deleteri la maggior parte dei
sistemi oggi in uso: sistemi scientemente progettati, costruiti e continuamente
perfezionati per generare comportamenti di autoabuso. Sofferenze psicologiche e
sociali sono quindi sempre più diffuse non per una qualche mancanza da parte
degli utenti, incapaci di “usare bene” tecnologie sofisticate, ma per via del
design tossico di quelle tecnologie.
Leggi l'intero articolo qui
Illustrazione di David Marchetti