Meta ha usato anche LibGen, un database illegale online, per allenare la sua AI,
scavalcando così il diritto d'autore e il lavoro di chi fa ricerca, che finisce
sfruttato due volte. Ma il copyright non è la soluzione.
Notizia di queste settimane è quella relativa all’utilizzo da parte di Meta di
LibGen, un archivio online di materiali, anche accademici, piratati, per aiutare
ad addestrare i suoi modelli linguistici di intelligenza artificiale generativa.
La notizia è un paradosso, soprattutto, in particolare se letta dalla
prospettiva della ricerca accademica. Chi scrive è l’opposto di un sostenitore
del copyright: è un sistema che offre pochissima autonomia e un lievissimo
sostegno ai piccoli, e dona, invece, un enorme potere ai grandi gruppi
editoriali, oltre a essere un ostacolo alla libera circolazione della conoscenza
e della cultura. [...]
La razzia spregiudicata di questi contenuti è predatoria perché omette
completamente l’esistenza di chi quei contenuti li ha creati, e non perché non
ne rispetta il copyright, ma perché avanza una pretesa di possesso su quei
contenuti come se non esista alcun livello ulteriore. È predatoria perché si
rivolge, senza alcun ragionamento culturale, alla pirateria, che è stata creata
per indebolire un sistema iniquo. Così facendo Meta crea un livello di
sfruttamento ulteriore su quei contenuti, facendosi gioco di una strategia di
resistenza, di fatto svuotandola. Il fatto che Meta si sia rivolta a un database
illegale per questa operazione dimostra due cose: che il copyright è finito e
non serve assolutamente a nulla (ma questo lo sapevamo già da molto) e, allo
stesso tempo, che non esiste limite alcuno all’azione delle aziende tecnologiche
e alle loro dinamiche estrattive. Non vi erano limiti all’estrazione di dati per
la pubblicità targetizzata, perché dovrebbero esistere per l’AI generativa?
Credere che questo contribuirà a indebolire il copyright o a finalmente mandarlo
in soffitta è una favola che può funzionare solo in qualche narrazione
determinista dove l’AI è un agente neutro, inevitabile e irrefrenabile, cui non
è possibile, né giusto, porre limiti. È una narrazione tossica e di comodo, e
molto pericolosa, ed è la stessa da decenni. La risposta non può certamente
essere il copyright, ma nemmeno la resa incondizionata a questo pensiero che
mischia linguaggio corporate a filosofia spiccia. Non abbiamo fatto e sostenuto
le battaglie per la Rete libera, il fair use, le licenze creative commons e per
la memoria di Aaron Swartz per fare finta che finire sfruttati da Meta una volta
in più sia una cosa di cui essere contenti.
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Tag - pirateria
Secondo Meta, l'uso di Torrent per scaricare copie pirata dei libri non è
illegale, se non vengono distribuite tramite seeding dopo il download.
Emergono nuovi dettagli relativi al processo che vede Meta sul banco degli
imputati. L’azienda di Menlo Park, accusata di violazione del copyright da
diversi autori per aver addestrato i modelli Llama con copie digitali pirata di
numerosi libri, ha dichiarato che il torrenting senza seeding non è illegale.
I documenti depositati in tribunale hanno confermato che i dipendenti di Meta
sono stati autorizzati a scaricare circa 82 TB di dati tramite Torrent dal sito
Anna’s Archive. Le copie pirata dei libri sono state utilizzate per il training
dei modelli Llama. L’azienda californiana sostiene che il “fair use” è
consentito dalla legge.
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Rischiano nella migliore delle ipotesi di essere ignorate, nella peggiore di
mandare il tilt le procure.
Non solo una svolta “autoritaria” per bloccare i pirati che trasmettono in
streaming la Serie A: gli emendamenti del governo approvati in questi giorni
contengono un errore clamoroso che rischia di rendere la vita impossibile agli
operatori del web e intasare le procure con miliardi di segnalazioni
perfettamente inutili.
Ha senso una norma del genere in un paese come l’Italia? Secondo Giovanni
Ziccardi, professore di Informatica Giuridica all’Università degli Studi di
Milano, qualche problema c’è. “Nel prevedere interventi legislativi che
riguardano il mondo dell’informatica è necessario avere delle competenze
tecniche importanti”, spiega Ziccardi. “Risolvere in poche righe il tema del
controllo delle attività online è impossibile, soprattutto considerando le
complessità legate a strumenti come le vpn”.
Non solo: i problemi nascono anche dal fatto che qualsiasi intervento in merito
dovrebbe tenere conto del quadro normativo europeo. “Quando si parla di obblighi
di comunicazione o segnalazione da parte dei provider internet – prosegue -
bisogna tenere presente che l’Unione Europea sta portando avanti un’azione
coordinata tra i vari paesi, sulla base per esempio del Digital Services Act”.
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AGCOM ha multato Assoprovider per ostacolo all'attività di vigilanza, ma si è
rifiutata di fornire l'elenco degli indirizzi IP che sono stati oscurati. Nel
frattempo tutti si chiedono quando arriveranno le multe per gli utenti del
pezzotto.
La piattaforma antipirateria Piracy Shield è ancora al centro delle polemiche,
ed è bombardata da critiche che si riversano automaticamente sull’Autorità per
le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), che tanto l’ha voluta e che la gestisce
direttamente, anche se non l’ha sviluppata in casa ma se l’è fatta regalare
dalla Lega Serie A di calcio.
Alle critiche l’AGCOM risponde con un muro sempre più alto, con la tolleranza
zero e minimizzando gli effetti collaterali dello scudo antipezzotto. Ma anche
con le multe, come testimonia l’ultima comunicazione dell’associazione italiana
degli Internet Provider, Assoprovider, che rappresenta oltre 250 aziende grandi
e piccole.
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Atresmedia, Movistar, Egeda e Mediaset sostengono che sulla popolare app di
messaggistica istantanea proliferassero link per violare il diritto d'autore
Dal 25 marzo 2024, Telegram non funziona più in Spagna. Almeno temporaneamente.
La popolare app di messaggistica istantanea – utilizzata, secondo le ultime
stime, dal 19% dei cittadini spagnoli – non potrà più operare sul suolo iberico
dopo la decisione presa dal giudice Santiago Pedraz in seguito alle molteplici
reclami avanzati da almeno quattro grandi gruppi di media audio-visivi nei
confronti della piattaforma. Si parla di pirateria e di violazione delle leggi
sul copyright. Soprattutto quello legato ai diritti di trasmissione di film,
serie tv e partite di calcio (e altri sport).
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