Puntata dedicata in gran parte al tema dell'internazionalizzazione dei nomi di
dominio. Infatti da diversi anni questi non sono più limitati ai caratteri
dell'alfabeto inglese, ma supportano anche caratteri di altre lingue. Il
dibattito è abbastanza aperto, e vede contrapposte delle esigenze tecniche di
semplicità e sicurezza alle esigenze di persone non inglesi di poter scrivere
nella propria lingua.
Passiamo poi alle notiziole: dall'acqua al fluoro passando dai licenziamenti
massivi del DOGE e dai suoi piani di automatizzazione. Si allarga l'uso del DNA
nelle indagini di polizia. Meta si rivendica l'uso di Torrent, sostenendo che
scroccare non è reato. Nonostante le censure e le multe e le minaccie di
licenziamento da parte dei grandi studi legali, una ricerca mostra che la
maggior parte degli avvocati americani usa l'Intelligenza Artificiale per il suo
lavoro.
Ascolta l'audio sul sito di Radio Onda Rossa
Tag - Meta
Secondo Meta, l'uso di Torrent per scaricare copie pirata dei libri non è
illegale, se non vengono distribuite tramite seeding dopo il download.
Emergono nuovi dettagli relativi al processo che vede Meta sul banco degli
imputati. L’azienda di Menlo Park, accusata di violazione del copyright da
diversi autori per aver addestrato i modelli Llama con copie digitali pirata di
numerosi libri, ha dichiarato che il torrenting senza seeding non è illegale.
I documenti depositati in tribunale hanno confermato che i dipendenti di Meta
sono stati autorizzati a scaricare circa 82 TB di dati tramite Torrent dal sito
Anna’s Archive. Le copie pirata dei libri sono state utilizzate per il training
dei modelli Llama. L’azienda californiana sostiene che il “fair use” è
consentito dalla legge.
Articolo completo qui
Zuckerberg annuncia la "svolta" di Meta: un allineamento completo alla retorica
di Trump e alle modalità di X. Spariscono il fact checking, via libera
all'ulteriore attacco all'identità razziali, di genere e sessuali.
Il governo italiano invece cerca accordi con Musk per Starlink: si parla di
cifre spaziali per l'utilizzo dei satelliti di Starlink da parte dell'esercito
italiano. La mossa unisce 3 obiettivi: fare un favore all'amico; procedere con
la politica bellicista; colpire il progetto europeo di un sistema satellitare
simile a Starlink per gestire in proprio una simile infrastruttura militare.
Notiziole:
* la legge francese sull'amministrazione illecita di piattaforme online
utilizzata per il sito di chat Coco.fr, noto per essere stato usato come
piattaforma di comunicazione per gli stupri di Mazan; quanto si può estendere
l'uso di una legge del genere?
* Google fa finta che Chromium non sia suo, ma un progetto open source a cui
Google aderisce. La Linux Foundation facilita l'operazione.
Ascolta la trasmissione sul sito di Radio Onda Rossa
Parigi chiede a Bruxelles di agire contro le ingerenze di Musk
Prima Elon Musk, poi Mark Zuckerberg. Quasi una manovra a tenaglia. Il primo
destabilizza l'Europa prendendo di mira capi di Stato e di governo nei suoi post
e spinge i movimenti di estrema destra, il secondo - sull'onda di una
conversione tardiva al trumpismo - si scaglia contro l'eccessiva
regolamentazione dell'Unione Europea ed evoca persino la censura.
Link all'articolo originale qui
Le mani sulle reti L’eccezionalismo muskiano sembra una categoria analitica
fallace (come anche «tecnodestra» ma sarebbe un altro discorso) che dietro la
cortina di fumo creata intorno al personaggio rischia di ostacolare la
comprensione di fenomeni strutturali ben più importanti.
Nel dibattito pubblico italiano ed europeo si sta affermando una sorta di
eccezionalismo muskiano. Molti commentatori e politici, infatti, descrivono Elon
Musk come fosse un fenomeno nuovo e totalmente a sé stante nel panorama del
digitale (o, più in generale, dei grandi detentori di capitali). Alcune
questioni di fondo vanno chiarite per evitare di trovarsi spiazzati quando un
altro miliardario tecnocrate, come è adesso il caso di Zuckerberg, compie mosse
che vanno incontro al nuovo potere trumpiano. Dove sarebbe allora questo
eccezionalismo di Musk? Quello che fa veramente la differenza non sono tanto le
sue parole.
Quello che mi sembra di gran lunga più importante è il processo che ha portato
tutti i principali Paesi europei, con l’Italia in prima fila, a consegnare a una
manciata di imprese statunitensi il controllo di tre infrastrutture essenziali,
ovvero, le infrastrutture di comunicazione, archiviazione ed elaborazione delle
informazioni. Stati che non controllino, anche fisicamente, queste
infrastrutture sono, per dirla in maniera delicata, a sovranità limitata.
Leggi l'articolo di J.C. De Martin
Ultimo atto di una strategia di avvicinamento a Donald Trump, ma anche punto
finale del distanziamento di Meta dalla stagione “liberal” aperta nel 2016. La
decisione avrà riflessi sulle organizzazioni giornalistiche che si occupavano di
verificare le notizie
Meta chiude il suo programma di fact-checking e punta a sostituirlo con un
sistema di “note della comunità” simile a quello introdotto sul social
concorrente X, di proprietà di Elon Musk. È un passo definitivo per l’azienda di
Mark Zuckerberg, che rivoluziona l’approccio del gruppo che possiede i social
Facebook, Instagram e Threads e la app di messaggistica Whatsapp rispetto
all’informazione e ai media tradizionali.
Il Ceo di Meta lo ha annunciato di persona martedì in un video su Facebook. Nel
suo discorso fa esplicito riferimento al mutato panorama politico e sociale, e
parlando del desiderio di abbracciare “la libertà di parola”, ossia il free
speech che è diventato lo slogan di Elon Musk dopo l’acquisto della piattaforma
Twitter, oggi rinominata X. Ma cita anche i “troppi errori” commessi dal sistema
di moderazione dei contenuti di Meta e in particolare gli scandali scoppiati
durante le elezioni presidenziali Usa.
Leggi tutto
Come riporta l'Ansa, Facebook ha fortemente limitato la capacità delle agenzie
di stampa palestinesi di raggiungere il pubblico durante la guerra tra Israele e
Gaza.
In un'analisi completa dei dati di Facebook, Bbc ha scoperto che le redazioni
nei territori palestinesi (a Gaza e in Cisgiordania) hanno subito un forte calo
del coinvolgimento del pubblico dall'ottobre 2023.
Nel corso dell'ultimo anno, i giornalisti palestinesi hanno espresso il timore
che i loro contenuti online siano stati sottoposti allo shadow ban da parte di
Meta, ovvero che il numero di persone che li visualizzano sia stato limitato.
Meta è stata già in passato accusata dai palestinesi e dai gruppi per i diritti
umani di non aver moderato equamente l'attività online.
Un rapporto indipendente del 2021 commissionato dall'azienda ha affermato che
ciò non era intenzionale, ma dovuto alla mancanza di competenze di lingua araba
tra i moderatori. Parole e frasi venivano interpretate come offensive o
violente, quando in realtà erano innocue.
Rispondendo alla ricerca della BBC, Meta ha ammesso di aver adottato "misure
temporanee sui prodotti e sulle politiche" nell'ottobre 2023, per affrontare una
sfida nel bilanciare il diritto alla libertà di parola con il fatto che Hamas
era sanzionato dagli Stati Uniti e allo stesso tempo considerato
un'organizzazione pericolosa dalle politiche dello stesso Meta.
Qui la notizia completa sul sito della BBC.
La Commissione irlandese per la protezione dei dati (Dpc) ha emesso una sanzione
di 251 milioni di euro nei confronti di Meta, la società madre di Facebook, per
aver trasgredito le normative europee sulla privacy dei dati (Gdpr).
La multa, annunciata martedì 17 dicembre, è il risultato di un’indagine su una
violazione di sicurezza risalente a luglio 2017, che ha compromesso oltre tre
milioni di account nel territorio dell’Unione Europea.
“Gli individui sono stati esposti a rischi significativi per i loro diritti
fondamentali a causa della mancata integrazione dei requisiti di protezione dei
dati”, ha affermato Graham Doyle, vice commissario del Dpc irlandese.
La falla è stata causata da un errore di progettazione nella piattaforma
Facebook, che ha consentito a soggetti non autorizzati di accedere a profili
utente non altrimenti visibili.
Clicca qui per l'articolo completo.
Chiuse le indagini per una presunta evasione fiscale di oltre 887 milioni di
euro nei confronti dei rappresentanti legali di Meta Platforms Ireland Limited
(società che controlla Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger). Lo ha reso
noto con un comunicato stampa il procuratore di Milano, Marcello Viola.
Al gruppo Meta viene contestato di aver omesso la dichiarazione di oltre 3,9
miliardi di euro fra il 2015 e il 2021 e aver evaso l’Iva per oltre 887 milioni
di euro. Le indagini avrebbero verificato come Meta “acquisisca e gestisca, per
scopi commerciali, dati, informazioni personali e interazioni sulle piattaforme
di ciascun iscritto” per “consentire agli utenti l’utilizzo” gratuito “del
proprio software e dei correlati servizi digitali”, fa sapere il procuratore di
Milano. Un “rapporto“, secondo gli investigatori, che andrebbe assoggettato a
regimi Iva in quanto ricompreso nella “cornice normativa” della “operazione
permutativa“.
Leggi l'articolo
Un breve documentario di Al Jazeera.
Meta ha un problema con la Palestina. Se usate Facebook o Instagram,
probabilmente avete visto voi stessi la censura. Dena Takruri scopre una cultura
interna di censura, intimidazione e paura all'interno di Meta, la società madre
di Instagram e Facebook.
Parla con i dipendenti di Meta che hanno cercato di risolvere il problema o di
far sentire la propria voce e che hanno detto di essere stati messi a tacere o
addirittura licenziati. L'autrice indaga anche sui profondi legami dei leader di
Meta con Israele, che potrebbero spiegare perché Meta sopprime e censura i
contenuti palestinesi per miliardi di utenti in tutto il mondo.