Una settimana di sentenze per il mondo della silicon valley, tanto in Europa
quanto negli Usa. Nonostante Google prenda una multa da quasi 3 miliardi di
dollari per abuso di posizione dominante, non si può lamentare: il "rischio"
antitrust è scongiurato, e l'Unione Europea si mostra più tenera del solito.
Infatti nonostante negli Usa Google sia riconosciuto come monopolista nel
settore delle ricerche sul Web, il giudice ha valutato di dare dei rimedi
estremamente blandi, molto lontani da quelli paventati. Ricordiamo che si era
parlato addirittura di obbligare Google a vendere Chrome.
Anche nell'Ue i giudici sono clementi. Il caso Latombe, che poteva diventare una
sorta di Schrems III, non c'è stato: la corte ha dichiarato che il Data
Protection Framework è valido, e che quindi la cessione di dati di cittadini Ue
ad aziende Usa è legale. È un grosso passo indietro nel braccio di ferro interno
all'unione europea tra organismi che spingevano per questa soluzione (la
Commissione) e altri che andavano in senso opposto (la Corte di Giustizia).
Difficile pensare che i recenti accordi sui dazi non c'entrino nulla.
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Lo ha deciso un giudice al termine di una lunga battaglia legale in cui
l'azienda era accusata di aver violato le leggi sulla concorrenza
Un giudice statunitense ha deciso che Google non dovrà vendere il suo browser
Chrome, come aveva invece richiesto il dipartimento della Giustizia
statunitense, che accusava l’azienda di aver violato le norme su monopoli e
concorrenza. Il processo era iniziato nel 2019 e ad agosto del 2024 Google era
stata dichiarata colpevole, ma la pena è stata stabilita solo martedì.
Chrome rappresenta il 60 per cento del mercato globale dei browser, con circa
3,5 miliardi di utenti: quasi tutti usano il motore di ricerca Google, tramite
cui l’azienda guadagna con la vendita di inserzioni pubblicitarie.
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Dal 2019, le cinque Big Tech hanno assorbito quasi 200 aziende. Ma solo il 4%
delle operazioni è stato oggetto di indagine
Alphabet, la holding a cui fa capo Google, ha recentemente annunciato la più
grande acquisizione della sua storia: l’acquisto della startup israeliana di
cybersicurezza Wiz per la cifra record di 32 miliardi di dollari. Nonostante
l’entità dell’operazione, esiste il rischio concreto che l’accordo sfugga ai
controlli normativi, in particolare in giurisdizioni come l’Unione europea. Si
tratta dell’ultimo esempio – tra i più emblematici – della strategia di
espansione silenziosa portata avanti dalle Big Tech negli ultimi anni.
Tutte le acquisizioni delle Big Tech, in un unico database
Il tracker, realizzato dalla ong olandese SOMO (Centre for Research on
Multinational Corporations), raccoglie e rende accessibili tutte le acquisizioni
effettuate dalle cinque Big Tech dal 2010 a oggi. Ma il dato più allarmante
riguarda gli ultimi sei anni, in cui si sono fatte più frequenti e aggressive.
Un fenomeno giudicato positivamente dalle stesse Big Tech. Ad esempio, nel 2019
il Ceo di Apple Tim Cook ha dichiarato che «in media Apple acquista un’azienda
ogni due o tre settimane».
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Puntata del 27 aprile
La prima parte della puntata è dedicata ad analizzare come sta andando la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sottolineando le
differenze tra quello che avviene in Cina e in Europa.
Nella seconda parte, alcune notiziole su temi digitali, prevalentemente
riguardanti Google e i suoi problemi con l'antitrust.
Ma non mancano informazioni su quanto avviene in Europa: multe morbide a Meta ed
Apple, esposti sugli eccessi del piracy shield spagnolo, autodifesa digitale
alla commissione europea: forniti cellulari usa e getta e sistemi di schermatura
varia per membri dello staff che visitano gli Stati Uniti... e l'Ungheria.
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La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha respinto il ricorso che era stato
presentato dal gruppo Alphabet Google contro una maximulta da 2,4 miliardi, che
era stata inflitta dall'Antitrust europeo nel 2017 per abuso di posizione
dominante nei risultati di ricerca.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha respinto il ricorso che era stato
presentato dal gruppo Alphabet Google contro una maximulta da 2,4 miliardi, che
era stata inflitta dall’Antitrust europeo nel 2017 per abuso di posizione
dominante.
Con un comunicato, la Corte Ue spiega di aver così confermato l’ammenda inflitta
a Google per aver abusato della propria posizione dominante favorendo il proprio
servizio di comparazione di prodotti.
Continua
Apriamo la puntata parlando del Piracy Shield, anzi lasciamo parlare l'AGCOM a
riguardo. La scoperta delle più moderne tecnologie Internet, quali i siti e le
CDN, mette l'AGCOM di fronte ad una grossa questione: bloccare i siti illeciti
senza bloccare quelli leciti è difficile.
Negli USA, il complottismo (rappresentato da Schmitt, trumpiano DOC) arriva di
fronte alla corte suprema, protestando per le limitazioni alla libertà di
espressione subite, secondo lui, da account di estrema destra. Vista la
composizione attuale della corte suprema, c'è da tremare.
Apple è stata accusata dall'antitrust USA di abusare della condizione di
monopolio, facendo il tipo di cose che hanno sempre fatto: evitare
l'interoperabilità.
L'ONU approva a larghissima maggioranza una risoluzione non vincolante
sull'intelligenza artificiale. Si parla di rispetto dei diritti umani, ma sempre
rimanendo sul vago. Non stupisce quindi ci sia stata l'unanimità.
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Il dipartimento di Giustizia: la big tech viola le leggi antitrust penalizzando
le compagnie che potrebbero farle concorrenza
Per la terza volta in 14 anni il Dipartimento di Giustizia, Doj, e i procuratori
di 16 stati, hanno citato in giudizio Apple, accusata di impedire alle società
concorrenti di accedere alle funzionalità hardware e software di iPhone e Smart
Watch, violando le leggi antitrust.La causa è stata depositata presso un
tribunale federale del New Jersey e rappresenta il culmine della cosiddetta
«indagine del secolo» avviata nel 2019, quando il dipartimento ha citato in
giudizio Google e Alphabet per monopolizzazione del mercato. L’anno seguente
un’indagine della sottocommissione giudiziaria della Camera ha poi stabilito che
Apple, insieme a Google, Amazon e Meta esercitava «tipologie di monopoli» simili
a quelli visti «all’era dei baroni del petrolio e dei magnati delle ferrovie», e
che potevano essere considerate colpevoli «di aver ucciso la concorrenza
acquisendo i competitor, e di aver privilegiato e sostenuto i loro servizi
affossando quelli di soggetti terzi di più piccole dimensioni».
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