La dipendenza europea dall’infrastruttura cloud americana solleva preoccupazioni
sulla sicurezza. Il Cloud Act permette agli USA di accedere ai dati globali,
mettendo a rischio la privacy e la sicurezza nazionale dell’Europa
Cinque settimane di Donald Trump e gli europei stanno scoprendo per la prima
volta quello che Vasco cantava 46 anni fa: non siamo mica gli americani. E non
solo non siamo gli americani, improvvisamente scopriamo che i loro interessi non
coincidono con i nostri. E non solo i loro interessi non coincidono con i
nostri, presto scopriremo che spesso sono opposti.
Indice degli argomenti
* La fine dell’alleanza transatlantica e le conseguenze per l’Europa
* L’incontro Trump-Zelensky e la vera natura della politica estera americana
* Terre rare: l’estorsione di Trump all’Ucraina e il destino dell’Europa
* Il problema dell’infrastruttura cloud e la dipendenza europea dagli Usa
* Il Gdpr e i fallimenti degli accordi per la protezione dei dati
* La soluzione per liberarsi dal cloud americano
* Il ritorno all’hosting come alternativa praticabile
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Tag - UE
L’Europa dipende dalle big tech americane, rischiando la sicurezza nazionale.
Servono alternative europee integrate a tutti i livelli dell’infrastruttura
digitale. La collaborazione pubblico-privato e l’open source sono fondamentali
per costruire l’EuroStack e garantire l’indipendenza tecnologica europea
La dipendenza dell’Europa dalle tecnologie digitali americane e cinesi
rappresenta una minaccia significativa per la sua sovranità, sicurezza e
competitività economica. Per affrontare questa sfida, è essenziale sviluppare un
“EuroStack“, un ecosistema digitale integrato che copra tutti i livelli, dai
chip alle applicazioni, garantendo così l’autonomia tecnologica del continente.
L’Eurostack è un’iniziativa proposta dall’Ucl all’Unione Europea per creare un
ecosistema tecnologico indipendente e sovrano, con l’obiettivo di ridurre la
dipendenza da colossi tecnologici stranieri come Alphabet, Amazon, Apple,
Microsoft e altri.
Questo progetto mira a sviluppare infrastrutture digitali completamente europee,
tra cui piattaforme cloud, intelligenza artificiale (AI), reti di
telecomunicazione e software, in linea con i valori europei di protezione dei
dati personali, sovranità digitale e supporto alle imprese locali.
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Tutti cercano l' “oro bianco”, il cui impiego cresce del 25% ogni anno. Il
“triangolo del litio” in Sudamerica diventa strategico. Anche in Italia parte la
caccia
La fame di litio del 2025 passa nuovamente per il Sud America. Ma l’appetito per
nuove miniere è tale che la febbre ha raggiunto persino l'Italia. Una corsa
sempre più incalzante: ma per farne cosa? In sostanza, veicolare la transizione
energetica nei settori più disparati, da quello automobilistico a quello
ciclistico, dall’aviazione alla missilistica, al nucleare: per non parlare degli
impieghi legati alla salute, con il litio che serve anche come elemento per i
più usati antidepressivi al mondo. E poi gli oggetti del quotidiano: smalti,
ceramiche, stoviglie, vetri, schermi di computer, tablet, cellulari. E,
soprattutto, le batterie delle auto elettriche.
Wired ha intervistato sul tema Michael Schmidt, funzionario della Dera,
l’Agenzia tedesca dedicata alle risorse minerarie all'interno dell'Istituto
federale per le geoscienze e le risorse naturali, all'ultimo Battery Forum
organizzato a Venezia da Alkeemia. Schmidt ha approfondito molti aspetti del
crescente interesse per il litio:
“Ci sono diverse ragioni" dice. "La transizione energetica richiederà batterie
elettriche e sistemi di accumulo energetici. L'adozione dei veicoli elettrici
crescerà perché molti governi hanno richiesto quote specifiche. L'Ue, ad
esempio, ha vietato la produzione di nuovi veicoli termici a partire dal 2035.
Nelle batterie agli ioni di litio, il metallo non può essere sostituito
facilmente senza sacrificare la densità energetica. Ciò è dovuto alle sue
proprietà chimiche. Pertanto, la domanda futura sarà determinata da evoluzioni
che interessano fattori sia chimici sia normativi”.
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Parigi chiede a Bruxelles di agire contro le ingerenze di Musk
Prima Elon Musk, poi Mark Zuckerberg. Quasi una manovra a tenaglia. Il primo
destabilizza l'Europa prendendo di mira capi di Stato e di governo nei suoi post
e spinge i movimenti di estrema destra, il secondo - sull'onda di una
conversione tardiva al trumpismo - si scaglia contro l'eccessiva
regolamentazione dell'Unione Europea ed evoca persino la censura.
Link all'articolo originale qui
Una campagna promossa da FSFE
Perché il software creato usando i soldi dei contribuenti non è rilasciato come
Software Libero?
Vogliamo che la legge richieda che il software finanziato pubblicamente e
sviluppato per il settore pubblico sia reso pubblicamente disponibile sotto una
licenza Software Libero/Open Source. Se è denaro pubblico (public money), allora
dovrebbe essere pubblico anche il codice sorgente (public code).
Il codice pagato dalle persone dovrebbe essere disponibile alle persone!
Informati sul sito della campagna dove si può firmare la lettera aperta.
Nel suo rapporto Draghi dice che non possiamo avere una forte tutela dei diritti
fondamentali e allo stesso tempo aspettarci di promuovere l’innovazione. La
critica è rivolta in particolare al GDPR, che protegge i nostri dati personali.
Ma è una critica senza fondamento.
Tra le cause della scarsa competitività delle imprese europee nei settori
avanzati dell’informatica, oggi chiamata “intelligenza artificiale”, il rapporto
Draghi individua la regolamentazione dell’Unione Europea sull’uso dei dati1.
Considerata troppo complessa e onerosa rispetto ai sistemi in vigore nei
principali paesi leader, come USA e Cina, tale regolamentazione penalizzerebbe i
ricercatori e gli innovatori europei impegnati nella competizione globale.
[...]
Il senso è chiaro: non possiamo avere una forte tutela dei diritti fondamentali
e allo stesso tempo aspettarci di promuovere l’innovazione. Il trade-off è
inevitabile, e prepariamoci ad affrontarlo.
Ma quali sarebbero gli ostacoli che questa “strong ex ante regulatory safeguard”
pone all’innovazione e alla competitività delle imprese europee? Il rapporto
Draghi ne individua tre: i) il GDPR impone oneri alle imprese europee impegnate
nei settori di punta dell’intelligenza artificiale che le penalizzano rispetto
ai concorrenti USA e cinesi; ii) l’applicazione frammentaria e incoerente del
GDPR crea incertezza sull’uso legittimo dei dati e iii) questa incertezza
impedisce, in modo particolare, l’uso efficiente dei dati sanitari per lo
sviluppo di strumenti di intelligenza artificiale nel settore medico e
farmaceutico.
Verifichiamo se gli argomenti a sostegno di queste tesi possono reggere a
un’analisi un po’ approfondita.
Leggi l'articolo di Maurizio Borghi
La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha respinto il ricorso che era stato
presentato dal gruppo Alphabet Google contro una maximulta da 2,4 miliardi, che
era stata inflitta dall'Antitrust europeo nel 2017 per abuso di posizione
dominante nei risultati di ricerca.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha respinto il ricorso che era stato
presentato dal gruppo Alphabet Google contro una maximulta da 2,4 miliardi, che
era stata inflitta dall’Antitrust europeo nel 2017 per abuso di posizione
dominante.
Con un comunicato, la Corte Ue spiega di aver così confermato l’ammenda inflitta
a Google per aver abusato della propria posizione dominante favorendo il proprio
servizio di comparazione di prodotti.
Continua
Secondo le informazioni rivelate dalla Commissione Europea dal 2003 al 2014
l’aliquota pagata da Apple in Unione Europea è stata minima. Come riporta
Politico parliamo di percentuali che vanno dall’1% allo 0,005%. Gli accordi
erano stati firmati con il governo irlandese, dove la Big Tech aveva deciso di
mettere la sua sede europea. La Corte di Giustizia Europea non ha ritenuto
validi questi accordi: ora Apple deve restituire tutti gli arretrati.
Il tempismo non è dei migliori. A poche ore dal lancio di iPhone 16, Apple si è
trovata sulla scrivania dei suoi legali una sentenza attesa da tempo. La Corte
di Giustizia Europea ha deciso: Apple dovrà pagare 13,8 miliardi di tasse
arretrate in Irlanda. Il motivo? I giudici hanno ritenuto non validi gli accordi
fiscali stipulati da Dublino con la Big Tech californiana, accordi che
prevedevano una serie di sconti in cambio della scelta dell’Irlanda come sede
europea dell’azienda.
Questa decisione arriva da un contenzioso lungo dieci anni. Un contenzioso che a
lungo è stato condotto da Margrethe Vestager, Commissaria europea per la
concorrenza. È lei a commentare questa decisione della Corte di Giustizia: “È
stata una vittoria che mi ha fatto piangere perché è molto importante. È molto
importante mostrare ai contribuenti europei che ogni tanto si può fare giustizia
fiscale”.
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La localizzazione del dato sta diventando sempre di più un "false friend". il 24
giugno Microsoft ha ammesso agli organi di polizia scozzesi che non può
garantire che i dati sensibili delle forze dell'ordine rimangano nel Regno
Unito.
Può sembrare che processare i dati nei confini territoriali dello Stato sia una
garanzia assoluta di sovranità. Purtroppo non è così, intanto perchè banalmente
non sempre accade. Ed il caso inglese è emblematico. Ma comunque c’è sempre un
dato fattuale che non possiamo più far finta di non vedere. L’operatore cloud
extraeuropeo spesso si processa i dati in casa: la sua.
Nella migliore delle ipotesi, tiene fermi i dati degli utenti inattivi, ma gli
altri li porta fuori e sono proprio quelli in elaborazione.
[...]
Di quale sovranità stiamo parlando quando reclamiamo la localizzazione dei dati
nei confini UE? Lo capiamo facilmente seguendo il filo conduttore che ha portato
al rinnovo dell’accordo di data flow UE/US.
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Big Tech. Alphabet (che controlla Google), Apple e Meta avrebbero violato il
Digital Markets Act. La Commissione europea avvia un’indagine contro le tre
aziende
È ancora scontro tra Europa e Big Tech americane, sempre in nome dell’apertura
del mercato e del rispetto delle regole della concorrenza. Solo tre settimane
dopo la pesante multa da 1,8 miliardi di euro comminata ad Apple da Bruxelles
per violazione alla competitività in merito allo streaming musicale, la
Commissione europea ha avviato ora un’indagine per non rispetto del Digital
Market Act (Dma) – la legge sui mercati digitali entrata in vigore da due
settimane – contro tre colossi digitali: Aphabet, che controlla Google, Meta, a
cui fanno riferimento i social network Facebook e Instagram, e di nuovo contro
il gigante di Cupertino.
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