Riprendiamo il tema, trattato nella scorsa puntata, dell'uso di un Signal
modificato da parte dell'amministrazione Trump. Ora sono emersi alcuni dettagli
sull'hack grazie al quale si sono scoperte molte informazioni, e i dettagli
mostrano un'inettitudine inaspettata.
Vediamo per sommi capi il programma dell'Hackmeeting (30 Maggio - 2 Giugno) a
Cagliari.
Un report curato da State Watch e La quadrature du net dettaglia l'uso dei
sistemi digitali, inclusi quelli di polizia predittiva, da parte delle polizie
francesi.
Entriamo nel terreno delle notiziole:
* furto di identità
* multe e vicissitudini varie per alcune delle grandi aziende della tecnologia
statunitensi
* Whatsapp vince la causa contro NSO relativa all'(ab)uso dei server di
Whatsapp per l'installazione di Pegasus
* Trump chiude di tutto un po': dal database degli eventi climatici estremi,
all'accesso internet nelle scuole pubbliche... in compenso dà il via libera
all'IA per sostituire gli impiegati licenziati.
Ascolta l'audio sul sito di Radio Onda Rossa
Tag - USA
Dal governo Usa, un'altra perla targata Mike Waltz: scoperto l'utilizzo di
un'applicazione di messaggistica "fork" di Signal che, a differenza
dell'originale, memorizza tutte le conversazioni in un archivio "sicuro",
accessibile a... tutto il mondo. A sviluppare questo Signal pezzotto, la
TeleMessage, una ditta israeliana legata all'IDF.
Facciamo una parentesi nel mondo del trasporto pubblico, guardando più nel
dettaglio la notizia relativa all'incremento di produttività: stagnazione della
busta paga e utilizzo dei bonus come strumento per erodere i diritti più
basilari, a partire da malattia e infortuni.
Torniamo all'informatica, con la sezione delle notiziole:
* progetti di software libero cercano di limitare l'impatto negativo dell'invio
di segnalazioni da parte di sistemi basati su LLM
* Meta torna a ricercare l'integrazione, sui suoi occhiali dotati di
telecamere, di sistemi di intelligenza artificiale che vi ricordano come si
chiama la persona che avete davanti
* una ricerca sulle possibilità di persuasione degli LLM viene condotta su
Reddit ignorando le regole della comunità e con discutibile attenzione
all'etica, in nome del bisogno di conoscenza
E non dimenticate: a fine mese c'è Hackmeeting!
Ascolta la puntata sul sto di Radio Onda Rossa
Edward Snowden, la gola profonda che nel 2013 ha svelato il programma di
sorveglianza di massa organizzato dall’agenzia di spionaggio civile degli Stati
Uniti, sosteneva che la macchina della tirannia automatizzata fosse già pronta e
che fossimo a un giro di chiave dal suo avviamento. Gli eventi recenti negli Usa
sembrano tristemente confermare questa profezia. E in Europa?
“Siate dunque decisi a non servire mai più e sarete liberi. Non voglio che
scacciate i tiranni e li buttiate giù dal loro trono; basta che non li
sosteniate più, e li vedrete crollare, […] come un colosso a cui sia stato tolto
il basamento”. Étienne de La Boétie, “Discorso sulla servitù volontaria”, 1576.
Giorgio vive a Roma ed è un militante a tempo pieno. Fa parte di un sindacato di
base della scuola, è segretario del circolo di uno dei tanti partiti della
diaspora della sinistra, è femminista, appassionato praticante dell’inclusione
dei suoi allievi con disabilità e non. La sua vita, a parte i rari momenti in
cui riposa o in cui si dedica ai suoi genitori molto anziani, è dedicata a
cercare di ricostruire quel “tessuto collettivo” in cui è cresciuto, negli anni
tra il sessantotto e il settantasette, e che lo ha visto prendere parte poi,
giovanissimo, al movimento ecologista e nonviolento dei primi anni 80.
Leggi l'articolo di Stefano Borroni Barale
Il suo ’Dipartimento’ ora appare come un’iniziativa che unisce la retorica
dell’efficienza ad un approccio ingegneristico al “problema” del governo
federale. E scompaiono migliaia di ’dataset’ dai siti federali, relativi a
genere, sanità, sessualità, inquinamento, disuguaglianza sociale e cambio
climatico: i dati di un’agenda progressista
Uno degli aspetti che più colpiscono di questo primo mese di amministrazione
Trump è stata la velocità con cui si è mosso il minuscolo esercito guidato da
Elon Musk sotto le insegne del dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE).
Da qualche settimana, questi ventenni – tra loro molti ingegneri informatici –
stanno scorrazzando nei corridoi del potere di Washington, richiedendo accesso a
informazioni riservate, e spedendo email di massa a migliaia di dipendenti – con
effetti che vanno dall’incredulità al caos amministrativo. Vari osservatori
hanno paragonato il loro entusiasmo zelante a quello di squadristi e camice
brune e Musk, a cui non dispiace indulgere nell’immaginario della destra
radicale, li ha definiti i suoi “spartani”.
In realtà il modello per l’azione di questi novelli agenti del caos è molto più
vicino: è Silicon Valley. Il motto move fast and break things si adatta
perfettamente a quello che stanno facendo, come pure il verbo preferito dal
mondo tech: to disrupt, che potrebbe essere tradotto letteralmente come produrre
caos.
Leggi l'articolo su Il Manifesto
La dipendenza europea dall’infrastruttura cloud americana solleva preoccupazioni
sulla sicurezza. Il Cloud Act permette agli USA di accedere ai dati globali,
mettendo a rischio la privacy e la sicurezza nazionale dell’Europa
Cinque settimane di Donald Trump e gli europei stanno scoprendo per la prima
volta quello che Vasco cantava 46 anni fa: non siamo mica gli americani. E non
solo non siamo gli americani, improvvisamente scopriamo che i loro interessi non
coincidono con i nostri. E non solo i loro interessi non coincidono con i
nostri, presto scopriremo che spesso sono opposti.
Indice degli argomenti
* La fine dell’alleanza transatlantica e le conseguenze per l’Europa
* L’incontro Trump-Zelensky e la vera natura della politica estera americana
* Terre rare: l’estorsione di Trump all’Ucraina e il destino dell’Europa
* Il problema dell’infrastruttura cloud e la dipendenza europea dagli Usa
* Il Gdpr e i fallimenti degli accordi per la protezione dei dati
* La soluzione per liberarsi dal cloud americano
* Il ritorno all’hosting come alternativa praticabile
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L’Europa dipende dalle big tech americane, rischiando la sicurezza nazionale.
Servono alternative europee integrate a tutti i livelli dell’infrastruttura
digitale. La collaborazione pubblico-privato e l’open source sono fondamentali
per costruire l’EuroStack e garantire l’indipendenza tecnologica europea
La dipendenza dell’Europa dalle tecnologie digitali americane e cinesi
rappresenta una minaccia significativa per la sua sovranità, sicurezza e
competitività economica. Per affrontare questa sfida, è essenziale sviluppare un
“EuroStack“, un ecosistema digitale integrato che copra tutti i livelli, dai
chip alle applicazioni, garantendo così l’autonomia tecnologica del continente.
L’Eurostack è un’iniziativa proposta dall’Ucl all’Unione Europea per creare un
ecosistema tecnologico indipendente e sovrano, con l’obiettivo di ridurre la
dipendenza da colossi tecnologici stranieri come Alphabet, Amazon, Apple,
Microsoft e altri.
Questo progetto mira a sviluppare infrastrutture digitali completamente europee,
tra cui piattaforme cloud, intelligenza artificiale (AI), reti di
telecomunicazione e software, in linea con i valori europei di protezione dei
dati personali, sovranità digitale e supporto alle imprese locali.
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Radio Blackout ha intervistato Silvano Cacciari, ricercatore presso il NAFF
dell’Università di Firenze e il CheerLab dell’Università di Prato
La competizione strategica tra Cina e Stati Uniti è più complessa e meno lineare
di come viene solitamente rappresentata dai media generalisti. Conta, in prima
luogo l’interdipendenza economica tra i due giganti che da qualche decennio
struttura quel fenomeno che abbiamo conosciuto come “globalizzazione”, basato
sui due macro-fenomeni: una corposa delocalizzazione delle produzione verso il
polo asiatico (centro cinese); una sempre maggiore finanziarizzazione
dell’economia euro-atlantica (polo statunitense). Questa interdipendenza è
ancora più evidente se si osserva il livello degli scambi delle merci ad alto
contenuto di tecnologia incorporata, dove l’uno e il maggiore cliente
dell’altro, e viceversa. Si tratta però di un equilibrio perennemente instabile
e a-simmetrico, che in questo momento storico viene rimesso in discussione da
una Cina sempre meno disponibile a restare confinata negli scalini più bassi
della scala del valore.
L’uscita politicamente ben orchestrata delle nuova intelligenza artificiale Made
in China DeepSeek ha causato profondi tonfi nelle borse statunitensi ma, a
differenza del passato (vedi crisi dei subprime, 2008) questa volta l’innesco è
stato estern, cinese appunto, e non interno alle dinamiche della
finanziarizzazione americano-centrica. Dopo qualche decennio di osservazione sui
meccanismi predatori della finanza a stelle e strisce , i cinesi hanno imparato
a condurre, pro domo loro, la guerra finanziaria e ne hanno fornito un primo
assaggio ai competitor strategici. Tra le realtà più colpite, oltre alla ben
nota Chat GPT c’è anche la più nascosta, e meno conosciuta dai non addetti ai
lavori, Palantir, specializzata nel servizio di controllo e fornitura dati,
all’interno di quello che potremmo chiamare paradigma del “capitalismo della
sorveglianza” e della “guerra ibrida”. Il CEO di questa azienda, Peter Thiel,
già fondatore di PayPal autore di diversi manifesti politici tecno-reazionari,
si è preso il compito nell’ultimo lustro di dare una strigliata ideologica (e
politica) alla Silicon Valley libertaria e rizomatica degli anni ’90 per
intrupparla in un nuovo corso dove devono essere chiare le gerarchie e le
finalità (nemesi) politiche.
Ascolta l'audio sul sito di Radio Blackout
Primo di una serie di articoli di CIRCE sulla rivista Gli Asini.
Il secondo mandato presidenziale di Donald Trump è un nuovo capitolo della saga
“Tecnologie e politica”. Un uomo anziano, miliardario, bianco, plurindagato e
pluricondannato, un autocrate violento e vendicativo, si circonda di suoi simili
per governare gli Stati Uniti d’America, un paese che appare sempre più lacerato
e sempre meno affidabile anche per i suoi alleati storici in Europa. Fra gli
alleati di Trump, spiccano alcuni fra i più ricchi e potenti manager e
investitori delle cosiddette nuove tecnologie. Il più in vista è il padrone di
Tesla, di SpaceX e di X (ex Twitter), il controverso Elon Musk. Molti altri si
contendono il fronte del palco trumpiano: si pensi al vicepresidente J.D. Vance,
ma anche al padrone di Amazon nonché proprietario del Washington Post, Jeff
Bezos, che ha interferito con la decisione del consiglio di redazione del
giornale di sostenere la candidata democratica Kamala Harris, provocando le
dimissioni indignate di alcuni giornalisti e la cancellazione di decine di
migliaia di abbonamenti.
L’argomento è vasto e complesso. Anche al nostro interno abbiamo opinioni
diverse, che non trovano una sintesi unitaria. Ci limiteremo quindi a presentare
alcuni elementi della nostra discussione, tuttora in corso.
Il punto d’avvio, che ritorna in tanti dibattiti, può essere sintetizzato così:
qual è la relazione fra governi eletti e multinazionali della tecnologia
digitale? Sono queste ultime a essere strumenti dei primi, o viceversa? Come
stanno cambiando forma, influenzandosi reciprocamente? Qualcosa è cambiato?
Studiamo da decenni l’impatto delle tecnologie su individui e società (in
particolare delle tecnologie digitali) ma i social media sono un caso a parte.
Non è la prima volta che rileviamo uno stretto rapporto fra chi si presenta come
innovatore a livello tecnologico, bisognoso di avere le mani libere rispetto a
una legislazione percepita come ostacolo all’innovazione, e programmi politici
che si raccontano come stravolgimenti dello status quo e rottamatori
dell’inefficienza burocratico-statale.
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Dopo le rivelazioni di Snowden, sappiamo che gli Stati Uniti sono impegnati
nella sorveglianza di massa degli utenti dell'UE, raccogliendo dati personali
dalle Big Tech statunitensi. Il "Privacy and Civil Liberties Oversight Board"
(PCLOB) è la principale autorità di controllo statunitense per queste leggi. I
media statunitensi riportano orache i membri democratici del PCLOB sono stati
rimossi e i loro account di posta elettronica sono stati chiusi. Questo porta il
numero di membri nominati al di sotto della soglia necessaria per il
funzionamento del PCLOB. Il fatto che il Presidente degli Stati Uniti abbia
semplicemente rimosso delle persone da un'autorità (presumibilmente)
indipendente, mette in dubbio l'indipendenza di tutti gli altri organi di
ricorso esecutivo negli Stati Uniti.
L'Unione europea si è basata su queste commissioni e tribunali statunitensi per
ritenere che gli Stati Uniti offrano una protezione "adeguata" dei dati
personali. Basandosi sul PCLOB e su altri meccanismi, la Commissione europea
permette ai dati personali europei di fluire liberamente verso gli Stati Uniti
nel cosiddetto "Quadro transatlantico sulla privacy dei dati" (TADPF). Il PCLOB
è l'unico elemento di "supervisione" rilevante dell'accordo. Gli altri elementi
fungono solo da organi di ricorso. Migliaia di aziende, agenzie governative o
scuole dell'UE fanno affidamento su queste disposizioni. Senza il TADPF,
dovrebbero smettere immediatamente di utilizzare i fornitori di cloud
statunitensi come Apple, Google, Microsoft o Amazon.
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I piani di Trump ricalcano le strategie messe a punto dal Bitcoin Policy
Institute e dal Satoshi Action Fund che ha profondi legami con il Koch Network,
un consorzio di società petrolifere e chimiche che ruotano attorno alla famiglia
Koch
[...]
Un’indagine del sito di inchiesta statunitense The Lever ha ricostruito l’opaca
rete di interessi che spingono per la svolta monetaria digitale della nuova
presidenza. A delineare e sostenere la nuova linea trumpiana sono, in
particolare, attivisti di destra espressione dell’industria dei combustibili
fossili che puntano ad uno smantellamento delle normative ambientali che sia il
più radicale possibile. Come noto, il sistema bitcoin consuma immensi
quantitativi di energia. I soli “minatori” presenti negli Stati Uniti utilizzano
70 tetrawattora in un anno, tanto quanto l’intero stato del New Jersey. Ciò
significa anche un aumento dei costi, in diverse aree del paese le bollette sono
salite di circa 8 dollari in media a causa dell’energia chiesta dall’industria
delle cripto.
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