Quando a fine anni ’80 Deng Xiaoping affermò che “il Medio Oriente ha il
petrolio, la Cina le terre rare”, in pochi diedero il giusto peso alla
dichiarazione dell’allora leader della Repubblica Popolare cinese.
Come invece sempre più spesso accade, il Dragone asiatico dimostrò di avere la
capacità di immaginare e mettere in atto strategie di lungo termine: le terre
rare, infatti, rappresentano oggi uno dei maggiori motivi di frizione
geopolitica nel mondo, a causa dell’elevata richiesta e del loro complesso
approvvigionamento, di cui la Cina detiene il monopolio.
Praticamente nessun settore industriale ad alta tecnologia può farne a meno, da
quello militare – per missili guidati, droni, radar e sottomarini – a quello
medico, in cui sono impiegate per risonanze magnetiche, laser chirurgici,
protesi intelligenti e molto altro ancora.
Non fa eccezione il settore tecnologico e in particolare quello legato allo
sviluppo e all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Come spiega Marta Abbà,
fisica e giornalista esperta di temi ambientali, le terre rare possiedono
qualità magnetiche uniche e sono eccellenti nel condurre elettricità e resistere
al calore, e anche per questo risultano essenziali per la fabbricazione di
semiconduttori, che forniscono la potenza computazionale che alimenta l’AI, per
le unità di elaborazione grafica (GPU), per i circuiti integrati specifici per
applicazioni (ASIC) e per i dispositivi logici programmabili (FPGA, un
particolare tipo di chip che può essere programmato dopo la produzione per
svolgere funzioni diverse).
Sono inoltre cruciali per la produzione di energia sostenibile: disprosio,
neodimio, praseodimio e terbio, per esempio, sono essenziali per la produzione
dei magneti utilizzati nelle turbine eoliche.
Senza terre rare, quindi, si bloccherebbe non solo lo sviluppo dell’intelligenza
artificiale, ma anche quella transizione energetica che, almeno in teoria,
dovrebbe accompagnarne la diffusione rendendola più sostenibile. Insomma, tutte
le grandi potenze vogliono le terre rare e tutte ne hanno bisogno, ma pochi le
posseggono.
Leggi l'approfondito articolo di Del Monte
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Da culla del progressismo a cuore dell’industria bellica a stelle e strisce:
Meta, OpenAI, Microsoft, Anduril e l’inarrestabile crescita della defence tech.
“C’è un sacco di patriottismo che è stato a lungo tenuto nascosto e che adesso
sta venendo alla luce”, ha spiegato al Wall Street Journal, Andrew Bosworth,
direttore tecnico di Meta.
Bosworth – assieme a Kevin Weil e Bob McGrew, rispettivamente responsabile del
prodotto ed ex responsabile della ricerca di OpenAI, ai quali si aggiunge Shyam
Sankar, direttore tecnico di Palantir – è infatti uno dei quattro dirigenti tech
assoldati in quello che è stato ironicamente chiamato “Army Innovation Corps” -
Corpo degli ingegneri degli Stati Uniti (il nome ufficiale del programma è
Detachment 201).
Il clima che si respira oggi nella Silicon Valley è molto differente, la
maschera progressista che le Big Tech hanno a lungo indossato è stata infine
calata (come mostrato plasticamente dall’ormai storica foto che ritrae i
principali “broligarchs” celebrare l’insediamento di Donald Trump), e adesso
nessuno sembra più farsi scrupoli a seguire la strada tracciata dalle due più
note realtà del settore “defence tech”: Palantir e Anduril, aziende fondate
rispettivamente dall’eminenza grigia della tech-right Peter Thiel e dal
guerrafondaio Palmer Luckey (già noto per aver fondato Oculus, poi acquistata da
Meta, e per rilasciare dichiarazione come: “Vogliamo costruire tecnologie che ci
diano la capacità di vincere facilmente ogni guerra”).
Articolo completo qui
L’ascesa di Palantir, la controversa azienda di sorveglianza co-fondata da Peter
Thiel e guidata da Alex Karp, sta ridefinendo il rapporto tra tecnologia,
governo e sorveglianza. L’azienda, da sempre legata a contratti, appalti e
legami con il governo federale, sotto l’amministrazione Trump sta godendo del
rapporto di Thiel con il Presidente, avendolo sostenuto finanziariamente e
politicamente. Le accuse di aggregazione massiva di dati personali dei cittadini
statunitensi da parte delle agenzie governative, senza un’adeguata supervisione,
hanno scatenato allarmi su un potenziale strumento di spionaggio centralizzato.
Nonostante queste preoccupazioni, che avrebbero dovuto causare un problema
all’azienda tecnologica, Wall Street ha risposto con un’impennata del prezzo
delle azioni di Palantir, consolidando l’azienda tra i giganti.
Un modello di business tra profitto e controversie
Alex Karp, CEO di Palantir, durante una recente chiamata con gli investitori, ha
apertamente celebrato il successo finanziario dell’azienda, collegandolo a
operazioni che, con discutibile retorica, ha definito «omicidi di massa».
«Palantir è qui per sconvolgere e rendere le istituzioni con cui collaboriamo le
migliori al mondo e, quando necessario, per spaventare i nemici. E a volte,
ucciderli» ha dichiarato Karp, esprimendo «super-orgoglio» per il ruolo
dell’azienda in «luoghi di cui non possiamo parlare», e ha persino predetto
«un’interruzione» sociale che sarebbe stata «molto buona per Palantir»,
suggerendo che la sua tecnologia potesse aiutare le élite a mantenere il
controllo durante periodi di disordini.
Leggi l'articolo
Nelle ultime settimane, hanno suscitato grande scalpore alcune applicazioni
sviluppate per segnalare alle autorità competenti i cittadini stranieri che
vivono illegalmente negli Stati Uniti. In particolare, secondo The Verge, a
ricevere il sostegno di Donald Trump e dei filotrumpiani è stata ICERAID, un’app
che promette di premiare con una criptovaluta proprietaria, il token RAID, “i
cittadini che acquisiscono, caricano e convalidano le prove fotografiche di otto
categorie di sospette attività criminali”. Tra queste i maltrattamenti di
animali, i rapimenti, gli omicidi, le rapine, gli atti terroristici e,
naturalmente, l’immigrazione clandestina.
[...] La tecnologia per difendersi dalla politica di Trump
Con l’intensificarsi delle azioni, politiche e non, messe in campo da Donald
Trump per combattere l’immigrazione clandestina, anche i migranti stanno
ricorrendo alla tecnologia per sfuggire ai raid delle forze dell’ordine e
assicurarsi una permanenza nel paese. Secondo quanto riferito da Newsweek, nelle
ultime settimane sta riscuotendo un buon successo SignalSafe, un’app di
community reporting usata dai migranti o chi li aiuta per segnalare le
operazioni degli agenti federali e della polizia locale. Una piattaforma che
dichiara di non voler ostacolare le attività dell’ICE (United States Immigration
and Customs Enforcement), ma che ha l’obiettivo di “dare potere alle comunità
fornendo ai cittadini uno strumento per segnalare e condividere quello che
accade negli spazi pubblici”, come riferiscono gli sviluppatori
dell’applicazione, che per il momento hanno preferito mantenere segreta la loro
identità.
[...]
Leggi l'articolo completo sul sito Guerre di Rete
Riprendiamo il tema, trattato nella scorsa puntata, dell'uso di un Signal
modificato da parte dell'amministrazione Trump. Ora sono emersi alcuni dettagli
sull'hack grazie al quale si sono scoperte molte informazioni, e i dettagli
mostrano un'inettitudine inaspettata.
Vediamo per sommi capi il programma dell'Hackmeeting (30 Maggio - 2 Giugno) a
Cagliari.
Un report curato da State Watch e La quadrature du net dettaglia l'uso dei
sistemi digitali, inclusi quelli di polizia predittiva, da parte delle polizie
francesi.
Entriamo nel terreno delle notiziole:
* furto di identità
* multe e vicissitudini varie per alcune delle grandi aziende della tecnologia
statunitensi
* Whatsapp vince la causa contro NSO relativa all'(ab)uso dei server di
Whatsapp per l'installazione di Pegasus
* Trump chiude di tutto un po': dal database degli eventi climatici estremi,
all'accesso internet nelle scuole pubbliche... in compenso dà il via libera
all'IA per sostituire gli impiegati licenziati.
Ascolta l'audio sul sito di Radio Onda Rossa
Dal governo Usa, un'altra perla targata Mike Waltz: scoperto l'utilizzo di
un'applicazione di messaggistica "fork" di Signal che, a differenza
dell'originale, memorizza tutte le conversazioni in un archivio "sicuro",
accessibile a... tutto il mondo. A sviluppare questo Signal pezzotto, la
TeleMessage, una ditta israeliana legata all'IDF.
Facciamo una parentesi nel mondo del trasporto pubblico, guardando più nel
dettaglio la notizia relativa all'incremento di produttività: stagnazione della
busta paga e utilizzo dei bonus come strumento per erodere i diritti più
basilari, a partire da malattia e infortuni.
Torniamo all'informatica, con la sezione delle notiziole:
* progetti di software libero cercano di limitare l'impatto negativo dell'invio
di segnalazioni da parte di sistemi basati su LLM
* Meta torna a ricercare l'integrazione, sui suoi occhiali dotati di
telecamere, di sistemi di intelligenza artificiale che vi ricordano come si
chiama la persona che avete davanti
* una ricerca sulle possibilità di persuasione degli LLM viene condotta su
Reddit ignorando le regole della comunità e con discutibile attenzione
all'etica, in nome del bisogno di conoscenza
E non dimenticate: a fine mese c'è Hackmeeting!
Ascolta la puntata sul sto di Radio Onda Rossa
Edward Snowden, la gola profonda che nel 2013 ha svelato il programma di
sorveglianza di massa organizzato dall’agenzia di spionaggio civile degli Stati
Uniti, sosteneva che la macchina della tirannia automatizzata fosse già pronta e
che fossimo a un giro di chiave dal suo avviamento. Gli eventi recenti negli Usa
sembrano tristemente confermare questa profezia. E in Europa?
“Siate dunque decisi a non servire mai più e sarete liberi. Non voglio che
scacciate i tiranni e li buttiate giù dal loro trono; basta che non li
sosteniate più, e li vedrete crollare, […] come un colosso a cui sia stato tolto
il basamento”. Étienne de La Boétie, “Discorso sulla servitù volontaria”, 1576.
Giorgio vive a Roma ed è un militante a tempo pieno. Fa parte di un sindacato di
base della scuola, è segretario del circolo di uno dei tanti partiti della
diaspora della sinistra, è femminista, appassionato praticante dell’inclusione
dei suoi allievi con disabilità e non. La sua vita, a parte i rari momenti in
cui riposa o in cui si dedica ai suoi genitori molto anziani, è dedicata a
cercare di ricostruire quel “tessuto collettivo” in cui è cresciuto, negli anni
tra il sessantotto e il settantasette, e che lo ha visto prendere parte poi,
giovanissimo, al movimento ecologista e nonviolento dei primi anni 80.
Leggi l'articolo di Stefano Borroni Barale
Il suo ’Dipartimento’ ora appare come un’iniziativa che unisce la retorica
dell’efficienza ad un approccio ingegneristico al “problema” del governo
federale. E scompaiono migliaia di ’dataset’ dai siti federali, relativi a
genere, sanità, sessualità, inquinamento, disuguaglianza sociale e cambio
climatico: i dati di un’agenda progressista
Uno degli aspetti che più colpiscono di questo primo mese di amministrazione
Trump è stata la velocità con cui si è mosso il minuscolo esercito guidato da
Elon Musk sotto le insegne del dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE).
Da qualche settimana, questi ventenni – tra loro molti ingegneri informatici –
stanno scorrazzando nei corridoi del potere di Washington, richiedendo accesso a
informazioni riservate, e spedendo email di massa a migliaia di dipendenti – con
effetti che vanno dall’incredulità al caos amministrativo. Vari osservatori
hanno paragonato il loro entusiasmo zelante a quello di squadristi e camice
brune e Musk, a cui non dispiace indulgere nell’immaginario della destra
radicale, li ha definiti i suoi “spartani”.
In realtà il modello per l’azione di questi novelli agenti del caos è molto più
vicino: è Silicon Valley. Il motto move fast and break things si adatta
perfettamente a quello che stanno facendo, come pure il verbo preferito dal
mondo tech: to disrupt, che potrebbe essere tradotto letteralmente come produrre
caos.
Leggi l'articolo su Il Manifesto
La dipendenza europea dall’infrastruttura cloud americana solleva preoccupazioni
sulla sicurezza. Il Cloud Act permette agli USA di accedere ai dati globali,
mettendo a rischio la privacy e la sicurezza nazionale dell’Europa
Cinque settimane di Donald Trump e gli europei stanno scoprendo per la prima
volta quello che Vasco cantava 46 anni fa: non siamo mica gli americani. E non
solo non siamo gli americani, improvvisamente scopriamo che i loro interessi non
coincidono con i nostri. E non solo i loro interessi non coincidono con i
nostri, presto scopriremo che spesso sono opposti.
Indice degli argomenti
* La fine dell’alleanza transatlantica e le conseguenze per l’Europa
* L’incontro Trump-Zelensky e la vera natura della politica estera americana
* Terre rare: l’estorsione di Trump all’Ucraina e il destino dell’Europa
* Il problema dell’infrastruttura cloud e la dipendenza europea dagli Usa
* Il Gdpr e i fallimenti degli accordi per la protezione dei dati
* La soluzione per liberarsi dal cloud americano
* Il ritorno all’hosting come alternativa praticabile
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L’Europa dipende dalle big tech americane, rischiando la sicurezza nazionale.
Servono alternative europee integrate a tutti i livelli dell’infrastruttura
digitale. La collaborazione pubblico-privato e l’open source sono fondamentali
per costruire l’EuroStack e garantire l’indipendenza tecnologica europea
La dipendenza dell’Europa dalle tecnologie digitali americane e cinesi
rappresenta una minaccia significativa per la sua sovranità, sicurezza e
competitività economica. Per affrontare questa sfida, è essenziale sviluppare un
“EuroStack“, un ecosistema digitale integrato che copra tutti i livelli, dai
chip alle applicazioni, garantendo così l’autonomia tecnologica del continente.
L’Eurostack è un’iniziativa proposta dall’Ucl all’Unione Europea per creare un
ecosistema tecnologico indipendente e sovrano, con l’obiettivo di ridurre la
dipendenza da colossi tecnologici stranieri come Alphabet, Amazon, Apple,
Microsoft e altri.
Questo progetto mira a sviluppare infrastrutture digitali completamente europee,
tra cui piattaforme cloud, intelligenza artificiale (AI), reti di
telecomunicazione e software, in linea con i valori europei di protezione dei
dati personali, sovranità digitale e supporto alle imprese locali.
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