L’11 settembre 1973 viene rovesciato il governo di Salvador Allende. L’episodio
segna storicamente l’ascesa del neoliberismo. Insieme al colpo di stato
politico, però, ve ne è stato un altro che ha segnato la storia dell’informatica
e che ha portato all’attuale sviluppo dell’Intelligenza Artificiale secondo una
direzione determinata da un preciso apparato
politico-economico-militare-culturale. Ne parliamo con il professore Andrea
Cerroni, docente all’Università Bicocca di Milano, che, da sempre, approfondisce
questi e altri temi e che ci ha spiegato la correlazione tra Salvador Allende e
l’informatica.
Storicizzare, criticizzare, conoscere sono, oggi, le armi fondamentali per
scalfire la retorica che avvolge sia il neoliberismo sia la tecnologia digitale
e decostruire la loro capacità di imporsi “ontologicamente”, come necessità e
dato di fatto incontrovertibile, inibendo la possibilità di immaginare altro:
altre strade, altre soluzioni, altri digitali, altre società.
Abbiamo incontrato il professore Andrea Cerroni, docente all’Università Bicocca
di Milano, che, da sempre, approfondisce questi e altri temi e ci ha spiegato la
correlazione tra Salvador Allende e l’informatica. Che cosa lega IA e
neoliberismo; per quale motivo è stato modificato il titolo di uno dei testi più
importanti della cibernetica cancellando l’originale “uso umano degli esseri
umani”; come è possibile ipotizzare una “tecnologia umanistica”, che da Dante
arriva ad Adriano Olivetti (che ha inventato il primo PC della storia). Cerroni
ci fa anche una raccomandazione: chiamiamola “Artificial Intelligence, perché
nella traduzione italiana si perde il collegamento con i Servizi (segreti o
meno)”.
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Seminario AN-ICON: Intelligenza artificiale. Prospettive critiche dove Carlo
Milani e Vivien Garcia interverranno su "IA per metafore" e "Fare storie con
l’Intelligenza Artificiale". Il seminario si svolge il 14 gennaio 2024 presso
l'Università statale di Milano.
Il seminario AN-ICON: Intelligenza artificiale. Prospettive critiche è
organizzato dall'Università degli Studi di Milano, non è aperto al pubblico ma
si propone di essere una prima occasione di confronto nel dipartimento di
Filosofia sulle varie prospettive adottate nella ricerca sull'IA.
Carlo Milani interverrà su: "IA per metafore"
L’espressione “IA” implica una serie di metafore, similitudini e comparazioni.
Per spiegare di cosa si tratta si ricorre a tutto un armamentario retorico, un
intero vocabolario strutturato in maniera da colpire l’immaginazione individuale
e strutturare l’immaginario collettivo. Per cominciare a sbrogliare la matassa
delle Übertragungen, trasposizioni arbitrarie di significati, applichiamo il
metodo della “pedagogia hacker”. Seguiremo i fili delle nostre connessioni con
alcune di queste invenzioni linguistiche. Lungi dall’essere mere descrizioni,
veicolano invece precise visioni del mondo, attingendo a piene mani dai miti che
da sempre popolano l’avventura delle tecnologie. Golem, elettrodomestici, robot
industriali vengono convocati insieme per gettare una luce diversa sul bizzarro
mosaico dell’IA contemporanea.
Vivien Garcia parlerà di "Fare storie con l’Intelligenza Artificiale"
Una delle caratteristiche dell’attuale “boom” dell’IA è senza dubbio la quantità
industriale di discorsi che si generano attorno di essa. In mezzo a tutto questo
rumore, le prospettive storiche rimangono rare o meno visibili, tranne quando
riprendono la grande narrazione lineare in cui, sullo sfondo del “progresso
tecnologico”, la storia dell’intelligenza artificiale si confonde con la storia
tout court, di cui l’IA sarebbe diventata la ragione. Questo contributo sostiene
la pertinenza di un approccio storico all’IA nel contesto della massiccia
alienazione tecnica che caratterizza la nostra epoca. Intende anche mostrare
l’interesse che la filosofia può avere nell’afferrare questa materia estranea.
Qui maggiori informazioni sull'evento:
https://an-icon.unimi.it/calendars/intelligenza-artificiale-prospettive-critiche/
Dal n. 6/2024 di “Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe” un
articolo di Stefano Borroni Barale con importanti proposte di lotta per il mondo
della scuola.
Rifiutare la formazione obbligatoria è un poderoso primo passo. Siamo pronti per
il successivo?
La transizione digitale a marce forzate, iniziata con lo stanziamento l’anno
scorso di 2,1 Miliardi di euro per l’acquisto di laboratori e aule “digitali”
entra ora nel vivo, con un programma di formazione dei docenti mastodontico. È
la fase che l’ex Ministro Bianchi aveva definito “riaddestramento” del corpo
docente. Per fortuna questo passaggio sembra risvegliare almeno una minoranza di
docenti dal loro torpore: giungono echi di ribellione da alcuni collegi docenti
(quello del Liceo Socrate, così come dell’IIS Di Vittorio Lattanzio, a Roma),
che fortunatamente hanno rigettato il programma di formazione al digitale
previsto dal D.M. 66. L’impressione, però, è che manchi ancora una visione
d’insieme, anche tra queste minoranze critiche. Certo, abbiamo compreso che i
piani di formazione ministeriali (Piano Nazionale Scuola Digitale – PNSD e Piano
Scuola 4.0, per citare solo gli ultimi) hanno dell’innovazione tecnologica
un’idea talmente antidiluviana che vi si possono scorgere elementi di una
retorica “neo-coloniale”, quella che poneva al centro l’uomo bianco, maschio e
cristiano pronto a salpare per conquistare e sottomettere la natura selvaggia e
incolta grazie alla forza della tecnologia, portando –grazie a questa– la
civiltà “in salsa digitale”. Manca però, da parte nostra, una pars construens
solida abbastanza da riuscire a imporre narrazioni e percorsi alternativi verso
il futuro. Certamente la cultura non procede con i tempi della tecnologia,
sarebbe folle aspettarselo. Quello che sostengo, però, è che alcuni strumenti di
analisi hanno visto la luce quasi un secolo fa, per essere poi abbandonati, in
parte perché troppo avanzati per l’epoca, in parte per colpa dell’azione nel
tempo degli inventori del termine “intelligenza artificiale” e della visione del
mondo brutalmente riduzionista ad essa collegata. Il problema dell’impatto
sociale della tecnologia dell’informazione e della comunicazione, è stato
infatti oggetto dell’analisi di veri e propri giganti del pensiero: Norbert
Wiener con la sua Cibernetica, Marshall McLuhan e Lewis Mumford con le loro
teorie sociologiche, solo in apparenza opposte, del villaggio globale e della
megamacchina.
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