In questi giorni molte testate stanno scrivendo della fine supporto di Windows
10, che è prevista per il 14 ottobre, con toni più o meno catastrofici, e alcuni
utenti si stanno facendo prendere dal panico, in alcuni casi a torto, in altri a
ragione. La visione apocalittica che va per la maggiore parla di 400.000.000 di
computer, che ancora hanno Windows 10, e che da metà ottobre diventeranno una
montagna rifiuti elettronici.
Considerando che un computer portatile (anche se ovviamente non tutti sono
computer portatili, ma vogliamo indicare cifre per difetto) pesa in media poco
meno di due chili, staremmo parlando quindi di almeno 800.000 tonnellate di RAEE
(rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), da aggiungere alle
circa 60-70 milioni di tonnellate che già produciamo (e mal gestiamo) ogni anno,
a livello globale. Questa stima estremamente prudenziale rappresenta già di per
sé uno tsunami di rifiuti tossici, sia per il suo volume, che per la complessità
di gestione che richiedono i RAEE informatici in particolare, i quali hanno
molti più materiali dalla chimica complessa e componenti miniaturizzati di altre
AEE, come lavatrici o televisori.
Sfumature di cui tener conto
Ma prima di rassegnarci all’apocalisse, cerchiamo di mettere un po’ di ordine
tra tutte le considerazioni che si possono fare su questo evento, che è
obbiettivamente molto importante per gli addetti ai lavori, sia in campo
informatico che in campo ambientale, e che solleva numerose questioni legate
proprio alle tematiche dell’economia circolare.
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Tag - ambiente
Con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale i data center consumano sempre più
acqua, lasciando a secco intere comunità
Una famiglia che abita nella contea di Newton, a un’ora e mezza in macchina da
Atlanta, da diversi anni ha problemi con l’acqua. Racconta infatti il New York
Times che dal 2018 la lavastoviglie, la macchina del ghiaccio, la lavatrice e il
gabinetto hanno smesso uno per uno di funzionare. Poi, nel giro di un anno, la
pressione dell’acqua si è ridotta a un rivolo. Finché dai rubinetti del bagno e
della cucina non usciva più acqua. Nulla. Ma il problema, ovviamente, non
riguarda solo questa famiglia.
[...]
Tutto questo perché? Perché dal 2018, appunto, è cominciata la costruzione del
nuovo data center di Meta. I data center sono immensi centri di elaborazione
dati che in breve tempo sono diventati la spina dorsale della nostra economia.
Sono l’infrastruttura critica che alimenta l’archiviazione cloud, i servizi di
emergenza, i sistemi bancari, le comunicazioni e la logistica. Ma sono i data
center sono strutture gigantesche che consumano quantità immense di energia,
suolo e acqua. Con il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale, questi
consumi sono destinati a crescere a ritmo esponenziale.
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I costi energetici di migliaia di server che effettuano miliardi di calcoli al
secondo e i rischi per i cittadini
Bollette più alte e nuove centrali a gas per soddisfare la fame d’energia di
Meta, il colosso tech di Mark Zuckerberg. La multinazionale sta costruendo un
gigantesco data center in Louisiana, nelle campagne di Holly Ridge (una vasta
area rurale nel nord-est dello stato). Sono infrastrutture strategiche per Big
Tech: i data center contengono migliaia di server che, a loro volta, effettuano
miliardi di calcoli al secondo, lavorando senza sosta. È il “cervello”
dell’intelligenza artificiale, che se ne serve per eseguire i compiti che gli
vengono commissionati o, più banalmente, per fornirci le risposte richieste. Ma
proprio perché i computer lavorano ininterrottamente in condizioni normali si
surriscalderebbero; dunque, per evitare guasti tecnici, vanno raffreddati
artificialmente (ad esempio, tramite aria condizionata industriale ad alta
potenza). Bisogna poi alimentare la potenza di calcolo e sostenere i costi
energetici relativi ai sistemi d’illuminazione o di sicurezza
dell’infrastruttura. In definitiva, il fabbisogno complessivo di energia dei
data center è già di per sé molto elevato.
Ma Zuckerberg vuole costruire un arcipelago informatico che si estenderà su
370.000 metri quadrati (a grandi linee, un’area coperta da cinquantadue campi di
calcio regolamentari). E secondo le stime di una Ong locale, Alliance for
Affordable Energy, avrà bisogno del doppio dell’energia di cui vive New Orleans,
una città che conta quasi quattrocentomila abitanti.
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Un’inchiesta del New York Times parte da un rapporto Wood MacKenzie e dagli
aumenti dei prezzi degli ultimi anni: privati e piccole imprese potrebbero
caricarsi ulteriormente sulle spalle gli oneri degli aggiornamenti della rete
necessari a Big tech.
Famiglie e piccole imprese statunitensi stanno pagando l’energia a prezzi
maggiorati, negli ultimi anni, ma le tariffe elettriche a loro carico potrebbero
aumentare ulteriormente, a breve. E la ragione non è in quel che consumano loro,
ma in quel che consuma il settore Big tech per mandare avanti datacenter e
servizi di Intelligenza artificiale (Artificial intelligence, AI).
Secondo i dati citati dal NYT si prevede che la domanda di elettricità in alcune
parti degli Stati Uniti aumenterà fino al 15% solo nei prossimi quattro anni.
«Il rapido aumento dei datacenter, che utilizzano l'elettricità per alimentare i
server di computer e mantenerli freschi, ha messo a dura prova molte utility»,
scrive il quotidiano statunitense. Oltre a investire per soddisfare la domanda,
i servizi pubblici stanno spendendo miliardi di dollari per rendere i loro
sistemi più sicuri contro incendi, uragani, ondate di calore, tempeste invernali
e altre condizioni meteorologiche estreme: «I disastri naturali, molti dei quali
sono legati al cambiamento climatico, hanno reso le reti elettriche più
inaffidabili degli Stati Uniti. Questa spesa è uno dei motivi principali per cui
le tariffe dell'elettricità sono aumentate negli ultimi anni».
Negli Stati Uniti e in Europa tali costi vengono al momento “socializzati” e
redistribuiti sulle bollette di tutti gli utenti. Un approccio comprensibile se
l’obiettivo è un bene comune (per esempio la decarbonizzazione grazie al
passaggio alle rinnovabili). Ma se invece gli investimenti in infrastrutture
energetiche servono a facilitare i già colossi guadagni dei giganti digitali, è
giusto che a pagare siano le famiglie e le piccole imprese?