La recente decisione di una corte d’Appello degli Stati Uniti ha riacceso il
dibattito sulla neutralità della rete, un tema che coinvolge diretti interessi
economici e il futuro dell'accesso a Internet. Con l’annullamento delle
normative ripristinate dalla Federal Communications Commission nel 2024, emerge
la complessità di un sistema internet che continua a polarizzare opinioni e
schieramenti politici. Questo articolo esamina la questione della net neutrality
e le sue implicazioni a livello globale, con uno sguardo particolare all’Europa.
I fondamenti della net neutrality
La net neutrality, o neutralità della rete, è un principio fondamentale che
regola il comportamento delle aziende fornitrici di accesso a Internet, noti
come Internet Service Provider . Secondo questo principio, gli ISP non possono
bloccare né limitare l'accesso a determinati contenuti o applicazioni, né
possono imporre tariffe aggiuntive per avvantaggiare i propri partner
commerciali. L’obiettivo è garantire che tutti i dati siano trattati in modo
eguale, senza favoritismi o discriminazioni.
Nei fatti, ciò significa che fornitori come Comcast o Verizon negli Stati Uniti,
così come Telecom e Vodafone in Italia, non possono rallentare connessioni per
servizi come Skype o Netflix, favorendo invece i propri servizi. L’assenza di
garanzie sulla neutralità della rete apre il campo a interpretazioni arbitrarie:
un grande provider potrebbe avere la capacità di sovraccaricare la rete per far
prevalere le proprie applicazioni a discapito di competitor più piccoli, creando
una sorta di monopolio dell’informazione.
Leggi l'articolo
Tag - connessione internet
Secondo i dati dell'osservatorio trimestrale dell'Agcom, in aumento le
connessioni FTTC e FTTH nel nostro paese, in flessioni il rame mentre cresce
anche il consumo medio medio giornaliero di giga.
A fine giugno 2024 nella rete fissa gli accessi complessivi su base trimestrale
non mostrano variazioni di rilievo, e rimangono attestate intorno ai 20,24
milioni di linee. E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio trimestrale
dell’Agcom relativo al primo semestre del 2024.
Le linee in rame si sono ridotte di circa 170 mila unità su base trimestrale e
di 720 mila rispetto al giugno 2020, e nell’ultimo quadriennio sono diminuite di
4,95 milioni di accessi.
Pur se in flessione su base annua (-587 mila linee),gli accessi FTTC
rappresentano circa il 47% della base clienti complessiva. Quelli FTTH crescono
su base trimestrale di oltre 300 mila unità e di 1,09 milioni su base annua,
mentre rispetto al giugno 2020 l’incremento è di 3,71 milioni di linee.
Leggi l'articolo con tutti i dati
Guardare avanti, si dice. Guardare fisso, invece, la propria mano che sostiene
un apparecchietto nero con schermo, detto smartphone. Consultare, sbirciare,
controllare, scrollare, ascoltare, pagare, scrivere, parlare, filmare… Al
ristorante, per strada, in chiesa, nel passeggino, al cinema, in arrampicata, al
supermercato, in auto, in classe, in ospedale, sul bus, sul water, a letto, in
bici, al lavoro, ai mari e ai monti… in tasca, in mano. A testa bassa.
Paesaggio umano smisuratamente social. Ognuno di noi al guinzaglio del proprio
smartphone. Ad ogni latitudine, più o meno. Ad ogni età, neonato e pensionato,
per ogni sesso. Super intersezionale. La psichiatria, che ha il naso fino, ha
inventato il problematic smartphone use (PSU) Ma quale problematic? Obvious
smartphone use. Non è un gingillo, è una Lampada di Aladino dai mille favori. È
un essere più che uno strumento tecnico. Non sono un filosofo e torno a
incantarmi con questo congegno luccicante che ci ha catturati, dionisiacamente
“sussunti” direbbero gli intenditori. Se fossi nato vent’anni fa non mi
stupirebbe toccar quotidianamente con mano la nostra universale dedizione
all’Angelo Custode che ogni giorno ci accompagna e ci nutre, mi sarebbe
risuonato perfettamente naturale, oggettivo, da sempre. Una felice evoluzione
dell’umanità.
Di chi è figlia questa alchimia universale? Del capitalismo digitale, di quello
cognitivo, di quello zombi? Di un neo colonialismo psichico? Di una fantomatica
tecnodittatura? Di un dio cattivo, o anche buonino, che escogita una nuova
religione? Di quei cinque o sei giovanottoni diventati paperon de’ paperoni
giocando con il web e inventando questo e quello? Di un presente a capitalismo
morto, che sarebbe ancora peggio del capitalismo vivo? Di me boccalone e dei
miei simili che ci facciamo accalappiare da questa sbalorditiva pietra
filosofale rettangolare?
Leggi l'articolo di Claudio Canal
La ong Acs Italia ha creato hotspot rudimentali nella Striscia. Ma sono le
relazioni umane a permettere il funzionamento
«La cosa più forte sono i legami umani. Il nostro è un movimento che va dal
basso verso il basso e l’obiettivo è di riuscire a mantenere un canale di
comunicazione tra le persone, tenere in piedi almeno una briciola di rete
sociale che mantenga le comunità coese. Che permetta di sapere, conoscere. Qual
è l’ordine di sgombero? Da dove arriveranno oggi le bombe? La mia vicina, mia
sorella, sono ancora vive?». Manolo Luppichini, videomaker, regista, con decenni
di attivismo (e mediattivismo, come si sarebbe detto nei primi 2000) alle
spalle, è una delle anime di Gazaweb. Il progetto della ong Acs Italia che ha
dato vita agli Alberi della rete, hotspot rudimentali che hanno permesso di
riportare la connessione internet in alcune zone della Striscia. «La nostra è
solo una goccia in mezzo al mare, una toppa» continua Luppichini, «e non può
essere la soluzione al problema». Dopo i primi bombardamenti israeliani su Gaza
e i primi blackout, la connessione è stata una delle prime cose a sparire.
Il modo trovato da questo gruppo di “nerd attempati” come li definisce lo stesso
Luppichini, è semplice, ma efficace. Pali su cui vengono issati dei secchielli
contenenti smartphone e powerbank alimentate con pannelli solari e delle e-sim.
Ogni “albero” diventa così un hotspot che permette a decine di gazawi di
collegarsi. «Il nostro è stato un riflesso quasi istantaneo. Acs non riusciva a
parlare con nessuno dei palestinesi con cui lavora da oltre 20 anni all’interno
della Striscia. Ci siamo resi subito conto che internet era il problema».
Leggi l'articolo
Sostieni il progetto
Il governo ha dato l’ok alla cessione al fondo Usa, che (dicono i documenti
ufficiali) farà profitti stellari tagliando su lavoro e investimenti: il 50% dei
ricavi verrà dall’ex monopolista
La vendita della rete Tim è una vicenda assurda ma tutto avviene alla luce del
sole e forse per questo nessuno si ribella. I numeri mostrano che il governo
Meloni ha fatto un enorme regalo al fondo Usa Kkr. Metterli in fila illumina
anche il modo con cui si vendono a questi giganti pezzi di industria, un pessimo
segnale in vista delle privatizzazioni da 20 miliardi che il ministro Giancarlo
Giorgetti ha promesso ai mercati, cioè ai “fratelli” di Kkr.
Il primo luglio Tim e il gigante Usa da 400 miliardi di asset gestiti hanno
siglato il contratto di vendita dopo mesi di negoziati. Agli americani passa la
rete telefonica e di connessione in rame e fibra per un prezzo di 18,8 miliardi
tra esborso diretto e debito accollato. Lo Stato – tramite il Tesoro – entra
nella partita spendendo due miliardi per il 20% del capitale della nuova società
della rete: “Netco”. Nell’operazione entrano anche il fondo infrastrutturale
italiano F2i che avrà il 10%, mentre il fondo sovrano di Abu Dhabi Adia e il
Canada Pension Plan avranno quote rispettivamente del 20% e del 17,5%. Senza la
rete, alla vecchia Tim resterà la parte servizi, “SerVco”, il cui secondo
azionista (dietro i francesi di Vivendi) è sempre lo Stato, con Cassa depositi e
prestiti (9,8%), che in questa storia ci perde due volte: venendo escluso dalla
partita della rete e rimanendo azionista di una società che da inizio anno, cioè
da quando il governo ha autorizzato la vendita della rete, ha visto il suo
valore in Borsa calare del 24%.
Per i vertici di Tim l’operazione era una via obbligata per salvare la società,
abbattendo il debito da oltre 20 miliardi che zavorra il gruppo, eredità delle
mitiche scalate a debito dei privati (che peraltro sono storicamente il piatto
forte di Kkr). Il punto d’arrivo dell’oscena privatizzazione degli anni Novanta.
leggi l'articolo
Your page content goes here.
Il primo luglio c'è stata la firma dal notaio per il passaggio della rete
primaria di Tim al fondo americano KKR. La rete e 20mila dipendenti passano così
in Fibercop, la società della rete secondaria di Tim.
L’operazione ha carattere epocale, perché Tim è l’unico grande operatore europeo
che si priva della rete, un asset fondamentale per qualunque operatore Tlc.
Nessun altro ex incumbent europeo, da Telefonica a BT (nonostante la separazione
della rete in Openreach), passando per DT e Orange, si era mai privato del suo
asset principale. Una scommessa, quella sulla Netco, che il mercato guarda con
curiosità ma non senza qualche timore.
Leggi l'articolo
Da alcuni mesi la ong ACS sperimenta un sistema di connessione internet
alternativo che permetta di aggirare il blocco imposto da Israele sulle
comunicazioni nella striscia di Gaza: gli Alberi della Rete.
Il progetto GazaWeb prevede sistemi multipli che forniscono l’accesso a reti di
telefonia e/o dati Assistendo all’embargo comunicativo imposto alla popolazione
di Gaza – rilevato quotidianamente a causa delle interruzioni di contatto con i
cooperanti operativi sul territorio – ACS riconosce il valore che rappresenta
l’accesso universale alla comunicazione, alle fonti di informazione e
all’interazione attraverso la rete telefonica e internet. Diritto riconosciuto
dalle Nazioni Unite, ma a Gaza gestito, ripetutamente negato e costantemente
sottoposto al controllo dalle autorità israeliane.
Per contrastare questo fenomeno e attivare sistemi di comunicazione stabile con
Gaza, la ong ACS ha lanciato il progetto GazaWeb.[
Leggi come funziona e come collaborare sul sito di
ACS-Italia](https://www.acs-italia.it/gazaweb-e-gli-alberi-della-rete/)
La violenza nel Mar Rosso porta all’attenzione un tema su cui sappiamo poco: i
cavi che garantiscono i collegamenti internet nel mondo. Ecco perché sono così
importanti
Negli ultimi mesi, l’escalation di violenza nel Mar Rosso, con i ripetuti
attacchi dei ribelli Houthi yemeniti, ha portato all’attenzione generale un tema
fino a poco tempo fa poco conosciuto: quello della strategicità (oltre che della
presenza) dei cavi sottomarini che garantiscono i collegamenti internet nel
mondo.
Non tutti sanno infatti che solo l’1% del traffico web globale scorre su cavi su
terraferma, mentre il restante 99% transita sotto i mari, dove il traffico
transatlantico di dati raddoppia in media ogni due anni.
Leggi l'articolo
Disconnessioni. Guasto al largo di Abidjan, da giovedì paesi popolosi come
Nigeria e Sudafrica sperimentano seri problemi di connettività. Cittadini,
imprese e istituzioni in tilt. Mistero sulle cause e incertezza sui tempi di
recupero
Lo scenario in cui oltre mezzo miliardo di persone, tutte allo stesso momento,
si ritrovano fuori dal mondo perché Internet va in down e non si riprende più è
una delle più inquietanti, distopiche e pericolose eventualità che il mondo
potrebbe fronteggiare.
IN REALTÀ QUESTO SCENARIO si è verificato in mezza Africa alle 12:30 di giovedì.
A farne le spese, in Costa d’Avorio, Liberia, Benin, Ghana, Burkina Faso (in
modo grave), Sudafrica, Lesotho, Nigeria (in modo lieve), Camerun, Gabon e
Namibia (a singhiozzo), milioni di individui che fanno fatica, ancora oggi, ad
accedere a internet. In questi Paesi vivono, complessivamente, oltre 400 milioni
di persone. E, con loro, le pubbliche amministrazioni, le imprese, i grandi
gruppi industriali, tutti stanno avendo problemi più o meno gravi con la
connettività. In Costa d’Avorio giovedì pomeriggio era al 4% della sua capacità,
il 14% in Benin, 17% in Liberia, 25% in Ghana.
Leggi l'articolo sul sito de "Il Manifesto"
Il progetto italiano Gazaweb: permettere l'accesso a internet alla popolazione
civile con gli «alberi della rete»: con un solo smartphone si dà connettività a
decine di persone. Un atto popolare in assenza di interventi istituzionali
esterni
Una carrucola, un secchiello, uno smartphone e una e-sim: un albero della rete,
a Gaza, nasce così. Obiettivo, fornire a più persone possibile l’accesso alla
rete internet. Che non serve solo a comunicare con il mondo esterno: serve a
tenersi in contatto con familiari e amici, coordinare i soccorsi, individuare i
dispersi, tenere in piedi un’idea di comunità sgretolata dalla guerra.
Da ottobre Gaza è un buco nero, o quasi. Il volume del traffico è crollato. Non
esistono più punti di emissione a causa dei raid sulle infrastrutture di
telecomunicazione, i blackout intenzionali e le restrizioni all’accesso
all’elettricità
leggi l'articolo su "Il Manifesto"