Il sito Doge.gov del Dipartimento per l’efficienza governativa, gestito da Elon
Musk, sembra avere qualche problema. Creato di recente, dopo la registrazione
del dominio avvenuta il 21 gennaio 2025, dovrebbe tracciare e riportare i tagli
alle spese del governo federale, ma due dei contenuti pubblicati risultano
anomali. Il primo riporta la frase «Questo è uno scherzo di un sito .gov» («This
is a joke of a .gov site»), mentre il secondo «Questi “esperti” hanno lasciato
aperto il loro database – roro» («THESE “EXPERTS” LEFT THEIR DATABASE OPEN –
roro»).
DOGE è l’acronimo di Department Of Government Efficiency, organizzazione nata su
iniziativa della seconda amministrazione Trump e guidata da Elon Musk con
l’obiettivo dichiarato di ridurre gli sprechi e le spese federali nonché
snellire le regolamentazioni e il sistema burocratico statunitense.
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Tag - Musk
La reputazione liberale del settore è fuorviante. Le sue tendenze reazionarie,
che celebrano ricchezza, potere e mascolinità tradizionale, sono state chiare
sin dalla mania delle dotcom degli anni Novanta.
Questo crescente "tecnofascismo", come lo avevano chiamato i critici dell'epoca,
fu temporaneamente scongiurato dal crollo del mercato azionario delle dotcom del
2000. [...] Elon Musk , Peter Thiel e altri avevano assorbito le lezioni degli
anni '90. All'inizio del nuovo millennio, erano pronti a lasciare il segno sul
futuro, guidati dai sogni reazionari del passato.
I titani della Silicon Valley del 2025 stanno seguendo lo stesso schema. La
scorsa settimana, Mark Zuckerberg ha annunciato che Meta avrebbe terminato i
suoi programmi DEI (sulla diversità e identità di genere) e modificato le sue
policy di piattaforma per consentire post più discriminatori e molesti. Nel
podcast di Joe Rogan, Zuckerberg ha chiarito le sue motivazioni: ha affermato
che la cultura aziendale si era allontanata dall'"energia maschile" e aveva
bisogno di ripristinarla dopo essere stata "castrata".
Elon Musk ha rimodellato Twitter in X, una piattaforma che opera in gran parte
come risposta alle affermazioni di un "virus del woke", l'ultima iterazione del
"politicamente corretto". E lo stesso Marc Andreessen, il "bambino genio" degli
anni '90, ha tratto sempre più ispirazione dai futuristi italiani, un movimento
di artisti fascisti all'inizio del XX secolo che glorificavano la tecnologia
mentre cercavano di "demolire" il femminismo.
Ma la storia della valle suggerisce che non si tratta di un glitch o di
un'anomalia. È un crescendo di forze centrali per l'industria tecnologica, e
l'attuale ondata di titani della tecnologia di destra sta costruendo sulle
fondamenta della Silicon Valley.
Articolo completo (in inglese)
Primo di una serie di articoli di CIRCE sulla rivista Gli Asini.
Il secondo mandato presidenziale di Donald Trump è un nuovo capitolo della saga
“Tecnologie e politica”. Un uomo anziano, miliardario, bianco, plurindagato e
pluricondannato, un autocrate violento e vendicativo, si circonda di suoi simili
per governare gli Stati Uniti d’America, un paese che appare sempre più lacerato
e sempre meno affidabile anche per i suoi alleati storici in Europa. Fra gli
alleati di Trump, spiccano alcuni fra i più ricchi e potenti manager e
investitori delle cosiddette nuove tecnologie. Il più in vista è il padrone di
Tesla, di SpaceX e di X (ex Twitter), il controverso Elon Musk. Molti altri si
contendono il fronte del palco trumpiano: si pensi al vicepresidente J.D. Vance,
ma anche al padrone di Amazon nonché proprietario del Washington Post, Jeff
Bezos, che ha interferito con la decisione del consiglio di redazione del
giornale di sostenere la candidata democratica Kamala Harris, provocando le
dimissioni indignate di alcuni giornalisti e la cancellazione di decine di
migliaia di abbonamenti.
L’argomento è vasto e complesso. Anche al nostro interno abbiamo opinioni
diverse, che non trovano una sintesi unitaria. Ci limiteremo quindi a presentare
alcuni elementi della nostra discussione, tuttora in corso.
Il punto d’avvio, che ritorna in tanti dibattiti, può essere sintetizzato così:
qual è la relazione fra governi eletti e multinazionali della tecnologia
digitale? Sono queste ultime a essere strumenti dei primi, o viceversa? Come
stanno cambiando forma, influenzandosi reciprocamente? Qualcosa è cambiato?
Studiamo da decenni l’impatto delle tecnologie su individui e società (in
particolare delle tecnologie digitali) ma i social media sono un caso a parte.
Non è la prima volta che rileviamo uno stretto rapporto fra chi si presenta come
innovatore a livello tecnologico, bisognoso di avere le mani libere rispetto a
una legislazione percepita come ostacolo all’innovazione, e programmi politici
che si raccontano come stravolgimenti dello status quo e rottamatori
dell’inefficienza burocratico-statale.
Leggi l'articolo
«Solo gli imprenditori sanno cosa c’è nella salsiccia: come funzionano sistemi
tecnici complessi. Per questo gli industriali sono i più adatti a fissare le
regole per la tecnologia». Così il 20 dicembre a Mar-a-Lago Tarek Waked, capo di
Type One Ventures, sintetizzò il senso dell’incontro tra imprenditori, tecnologi
e funzionari del futuro governo Trump intitolato dal promotore, il nuovo zar
dell’intelligenza artificiale, David Sacks, «America First: il futuro di
tecnologia, AI e spazio».
I capi di big tech che ieri hanno reso omaggio a Donald Trump alla cerimonia del
giuramento vengono descritti come genuflessi davanti al nuovo potere politico.
In realtà, però, loro — o, meglio, alcuni di loro — «sono» il nuovo potere
politico.
E non si tratta solo di Elon Musk, ormai presenza fissa al fianco del nuovo
presidente con la missione di ridisegnare uno Stato più «magro» ed efficiente:
mentre i capi di Amazon, Apple, Microsoft, OpenAI, Google, saltano sul carro del
vincitore per non essere lasciati indietro (o rischiare punizioni), e Mark
Zuckerberg (Meta-Facebook) compie acrobazie ancor più spregiudicate alla ricerca
di un posto al tavolo della rivoluzione tecnologica da portare nel cuore dello
Stato e del sistema politico, l’occupazione dei centri nervosi del governo e
delle agenzie federali è già iniziata.
Link all'articolo originale qui
Zuckerberg annuncia la "svolta" di Meta: un allineamento completo alla retorica
di Trump e alle modalità di X. Spariscono il fact checking, via libera
all'ulteriore attacco all'identità razziali, di genere e sessuali.
Il governo italiano invece cerca accordi con Musk per Starlink: si parla di
cifre spaziali per l'utilizzo dei satelliti di Starlink da parte dell'esercito
italiano. La mossa unisce 3 obiettivi: fare un favore all'amico; procedere con
la politica bellicista; colpire il progetto europeo di un sistema satellitare
simile a Starlink per gestire in proprio una simile infrastruttura militare.
Notiziole:
* la legge francese sull'amministrazione illecita di piattaforme online
utilizzata per il sito di chat Coco.fr, noto per essere stato usato come
piattaforma di comunicazione per gli stupri di Mazan; quanto si può estendere
l'uso di una legge del genere?
* Google fa finta che Chromium non sia suo, ma un progetto open source a cui
Google aderisce. La Linux Foundation facilita l'operazione.
Ascolta la trasmissione sul sito di Radio Onda Rossa
Secondo l'indiscrezione di Bloomberg, questa sarebbe una delle opzioni al vaglio
di Pechino per evitare che la piattaforma venga vietata negli Usa a partire dal
19 gennaio.
Il piano di emergenza è una delle opzioni che Pechino sta valutando mentre la
Corte Suprema degli Stati Uniti decide se confermare o meno una legge che chiede
alla società cinese ByteDance di cedere le attività statunitensi di TikTok entro
il 19 gennaio.
Un potenziale accordo di alto profilo con uno degli alleati più stretti di Trump
ha un certo fascino per il governo cinese, che dovrebbe avere voce in capitolo
sulla vendita finale di TikTok: il patron di Tesla ha speso più di 250 milioni
di dollari a sostegno della rielezione del tycoon ed è stato scelto per un ruolo
di primo piano nel migliorare l'efficienza del governo dopo l'insediamento del
repubblicano.
Articolo originale qui
Nessun accordo. Per ora. Ma c’è un’istruttoria in corso: e comunque non ci sono
alternative ai servizi offerti dall’azienda di Musk. È questa la sintesi di
quanto detto in conferenza stampa della presidente del Consiglio Meloni in
merito al possibile contratto con SpaceX da 1,5 miliardi di euro per fornire
comunicazioni satellitari al governo e ai militari. Istruttoria che - secondo
l’agenzia Bloomberg, che per prima aveva dato la notizia e il cui articolo mi
sembra sia rimasto centrale per inquadrare la vicenda - sarebbe stata in fase
avanzata. Chiariamo subito che Bloomberg non ha scritto che l’accordo fosse
chiuso. Ha però affermato che il progetto fosse già stato approvato dai servizi
segreti italiani e dal Ministero della Difesa. E che i negoziati, in corso dal
2023, osteggiati da alcuni funzionari italiani e arenatisi fino a poco tempo fa,
avrebbero ripreso ad avanzare dopo il recente incontro a sorpresa di Meloni con
Trump in Florida.
In questo numero della newsletter Guerre di Rete
* Italia, Musk e Ue: che partite si stanno giocando
* Tutti i guai di OpenAI
* Arriva la Nato a proteggere i cavi del Baltico
Leggi la newsletter di Carola Frediani per tutti i dettagli
Le mani sulle reti L’eccezionalismo muskiano sembra una categoria analitica
fallace (come anche «tecnodestra» ma sarebbe un altro discorso) che dietro la
cortina di fumo creata intorno al personaggio rischia di ostacolare la
comprensione di fenomeni strutturali ben più importanti.
Nel dibattito pubblico italiano ed europeo si sta affermando una sorta di
eccezionalismo muskiano. Molti commentatori e politici, infatti, descrivono Elon
Musk come fosse un fenomeno nuovo e totalmente a sé stante nel panorama del
digitale (o, più in generale, dei grandi detentori di capitali). Alcune
questioni di fondo vanno chiarite per evitare di trovarsi spiazzati quando un
altro miliardario tecnocrate, come è adesso il caso di Zuckerberg, compie mosse
che vanno incontro al nuovo potere trumpiano. Dove sarebbe allora questo
eccezionalismo di Musk? Quello che fa veramente la differenza non sono tanto le
sue parole.
Quello che mi sembra di gran lunga più importante è il processo che ha portato
tutti i principali Paesi europei, con l’Italia in prima fila, a consegnare a una
manciata di imprese statunitensi il controllo di tre infrastrutture essenziali,
ovvero, le infrastrutture di comunicazione, archiviazione ed elaborazione delle
informazioni. Stati che non controllino, anche fisicamente, queste
infrastrutture sono, per dirla in maniera delicata, a sovranità limitata.
Leggi l'articolo di J.C. De Martin
Puntata del 24 novembre 2024
Apriamo la puntata collegandoci con l'Hacklabbo di Bologna per segnalare la loro
prossima iniziativa: Hack or di(y|e), due giorni di workshop, capture the flag e
quant'altro. A proposito: 20-21 Dicembre AvANa (yours truly) fa 30 anni,
siateci! Le selezioni musicali di stasera ne sono un assaggio.
Tutto il resto della puntata è dedicata al rapporto tra aziende della tecnologia
e politica statunitense. Iniziamo con il ruolo dei Venture Capitalist nel nuovo
governo statunitense, con JD Vance vicepresidente e Musk che ha già iniziato a
parlare di tagli politicamente orientati.
Nel frattempo l'antitrust, che ha riconosciuto Google come monopolista, avanza
la proposta di separare Chrome da Google. Facciamo un po' di ipotesi a riguardo.
Ascolta la puntata nel sito di Radio Onda Rossa
Si fa il nome della società di comunicazioni satellitari di Musk per un progetto
pilota per superare i ritardi dei piani sulla banda larga.
Se sarà Starlink si saprà a valle del bando, ma la società di telecomunicazioni
satellitari fondata da Elon Musk è il nome più quotato per aggiudicarsi il
progetto pilota di internet dallo spazio in Lombardia. Un test che si inserisce
nel tentativo del governo Meloni di tamponare le falle del programma Italia a 1
Giga, che utilizza 3,65 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e
resilienza (Pnrr) per cablare con la fibra ottica aree remote del Paese entro
giugno 2026, ma rischia di mancare l'obiettivo.
Nonostante i due vincitori del bando, Open Fiber e Fiber Cop (la società della
rete nata dallo scorporo di Tim) dicano di essere in linea con la tabella di
marcia di connessione di 7 milioni di numeri civici in zone difficilmente
raggiungibili e con pochi abitanti (e pertanto poco appetibili per gli operatori
di telecomunicazioni), Palazzo Chigi ormai da tempo accarezza l'idea di
affidarsi al satellite per non sforare le scadenze del Pnrr e, di conseguenza,
perdere i fondi europei. L'internet dallo spazio, però, rischia di non garantire
la stessa qualità di connessione.
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