Riprendiamo il tema, trattato nella scorsa puntata, dell'uso di un Signal
modificato da parte dell'amministrazione Trump. Ora sono emersi alcuni dettagli
sull'hack grazie al quale si sono scoperte molte informazioni, e i dettagli
mostrano un'inettitudine inaspettata.
Vediamo per sommi capi il programma dell'Hackmeeting (30 Maggio - 2 Giugno) a
Cagliari.
Un report curato da State Watch e La quadrature du net dettaglia l'uso dei
sistemi digitali, inclusi quelli di polizia predittiva, da parte delle polizie
francesi.
Entriamo nel terreno delle notiziole:
* furto di identità
* multe e vicissitudini varie per alcune delle grandi aziende della tecnologia
statunitensi
* Whatsapp vince la causa contro NSO relativa all'(ab)uso dei server di
Whatsapp per l'installazione di Pegasus
* Trump chiude di tutto un po': dal database degli eventi climatici estremi,
all'accesso internet nelle scuole pubbliche... in compenso dà il via libera
all'IA per sostituire gli impiegati licenziati.
Ascolta l'audio sul sito di Radio Onda Rossa
Meta ha usato anche LibGen, un database illegale online, per allenare la sua AI,
scavalcando così il diritto d'autore e il lavoro di chi fa ricerca, che finisce
sfruttato due volte. Ma il copyright non è la soluzione.
Notizia di queste settimane è quella relativa all’utilizzo da parte di Meta di
LibGen, un archivio online di materiali, anche accademici, piratati, per aiutare
ad addestrare i suoi modelli linguistici di intelligenza artificiale generativa.
La notizia è un paradosso, soprattutto, in particolare se letta dalla
prospettiva della ricerca accademica. Chi scrive è l’opposto di un sostenitore
del copyright: è un sistema che offre pochissima autonomia e un lievissimo
sostegno ai piccoli, e dona, invece, un enorme potere ai grandi gruppi
editoriali, oltre a essere un ostacolo alla libera circolazione della conoscenza
e della cultura. [...]
La razzia spregiudicata di questi contenuti è predatoria perché omette
completamente l’esistenza di chi quei contenuti li ha creati, e non perché non
ne rispetta il copyright, ma perché avanza una pretesa di possesso su quei
contenuti come se non esista alcun livello ulteriore. È predatoria perché si
rivolge, senza alcun ragionamento culturale, alla pirateria, che è stata creata
per indebolire un sistema iniquo. Così facendo Meta crea un livello di
sfruttamento ulteriore su quei contenuti, facendosi gioco di una strategia di
resistenza, di fatto svuotandola. Il fatto che Meta si sia rivolta a un database
illegale per questa operazione dimostra due cose: che il copyright è finito e
non serve assolutamente a nulla (ma questo lo sapevamo già da molto) e, allo
stesso tempo, che non esiste limite alcuno all’azione delle aziende tecnologiche
e alle loro dinamiche estrattive. Non vi erano limiti all’estrazione di dati per
la pubblicità targetizzata, perché dovrebbero esistere per l’AI generativa?
Credere che questo contribuirà a indebolire il copyright o a finalmente mandarlo
in soffitta è una favola che può funzionare solo in qualche narrazione
determinista dove l’AI è un agente neutro, inevitabile e irrefrenabile, cui non
è possibile, né giusto, porre limiti. È una narrazione tossica e di comodo, e
molto pericolosa, ed è la stessa da decenni. La risposta non può certamente
essere il copyright, ma nemmeno la resa incondizionata a questo pensiero che
mischia linguaggio corporate a filosofia spiccia. Non abbiamo fatto e sostenuto
le battaglie per la Rete libera, il fair use, le licenze creative commons e per
la memoria di Aaron Swartz per fare finta che finire sfruttati da Meta una volta
in più sia una cosa di cui essere contenti.
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Nei settori più a Sud della striscia di Gaza sono ancora attivi gli alberi della
rete che consentono di connettersi a internet.
A Deir Balah, l'albero della rete gestito da Nour funziona regolarmente e
continua a fornire accesso soprattutto ai più giovani che, grazie alla
connessione seguono le lezioni e danno esami a distanza.
Nelle zone a nord la situazione sta precipitando.
Il palazzo dal quale Youssef attiva uno degli alberi della rete di Gaza City è
stato colpito due volte in due giorni. Youssef e sua moglie sono stati feriti e
trasportati a sud per essere curati poiché in quella zona gli ospedali sono
tutti fuori uso. Le loro scorte di cibo sono andate distrutte.
Non lasciamo sole i nostri fratelli e sorelle, coltiviamo solidarietà!
Sottoscrivi al croudfunding: https://aiutagazaweb.vado.li
YouTube sta modificanda le sue strategie pubblicitarie e l'intelligenza
artificiale è al centro di questa evoluzione.
Stando alle indiscrezioni, la piattaforma sta sperimentando un sistema basato
sull'IA per inserire annunci nei momenti in cui gli utenti sono più propensi a
notarli, spesso durante le pause naturali dei video. L'obiettivo è chiaro:
massimizzare l'impatto delle pubblicità, anche se un approccio come questo ha
l'aria di essere essere un po' troppo invasivo.
L'IA analizza il contenuto dei video per identificare i punti in cui
l'attenzione dell'utente è al massimo, come la fine di una scena intensa o un
momento di silenzio. Questi istanti, che l'algoritmo considera ideali, diventano
il bersaglio perfetto per gli annunci.
Se da un lato questo può (almeno inizialmente) aumentare l'efficacia delle
campagne pubblicitarie, dall'altro rischia di interrompere l'esperienza di
visione in modo più evidente, suscitando frustrazione negli spettatori.
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Newsletter N. 205 - 11 maggio 2025
Numero centrato soprattuto su AI, lavoratori e rapporti di potere
Dopo l’ondata di attenzione e infatuazione mediatica che ha accompagnato il
lancio di ChatGPT e di molti altri strumenti di intelligenza artificiale
generativa, dopo che per molti mesi si è parlato di vantaggi per la
produttività, o di sostituzione del lavoro (soprattutto delle mansioni noiose e
ripetitive) con l’AI, siamo arrivati a un punto dove si intravedono più che
altro le prime sostituzioni di lavoratori. E ciò sebbene la promessa crescita di
produttività lasci ancora molto a desiderare (non parliamo della sostituzione di
ruoli).
Mentre gli stessi lavoratori del settore tech (un’elite che per anni ha
viaggiato in prima classe anche nelle peggiori fluttuazioni del mercato del
lavoro) si sono resi conto di trovarsi in una situazione piuttosto scomoda: più
licenziabili, da un lato, e più esposti ai dilemmi etici di lavorare per aziende
che hanno abbandonato precedenti remore per contratti di tipo militare,
dall’altro.
Partiamo proprio dalla guerra.
Una parte di dipendenti di Google DeepMind (l’unità di Alphabet che lavora
sull’intelligenza artificiale e tra le altre cose ha rilasciato Gemini, la
famiglia di modelli linguistici di grandi dimensioni) stanno cercando di
sindacalizzarsi per contestare la decisione dell'azienda di vendere le sue
tecnologie ai militari, e a gruppi legati al governo israeliano. ...
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Il chatbot era velocissimo, ma impersonale e impreciso.
Nella corsa frenetica a sostituire i dipendenti umani con la IA che sembra
coinvolgere ogni azienda, si è verificata una piccola inversione di tendenza.
Klarna, l'azienda svedese di servizi finanziari specializzata in pagamenti
rateizzati, dopo aver sostituito 700 dipendenti con un chatbot AI nel 2024, ora
sta tornando ad assumere personale umano per il servizio clienti.
La decisione arriva dopo che un sondaggio interno ha rivelato che soltanto un
progetto AI su 4 ha portato un ritorno sull'investimento atteso. Il sondaggio ha
evidenziato i limiti dell'automazione in un settore che, a causa
dell'interazione con i clienti, non richiede soltanto efficienza ma empatia e
flessibilità.
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Il proliferare delle intelligenze artificiale non farebbe altro che danneggiare
i creatori di contenuti e i siti indipendenti.
Matthew Prince, CEO di Cloudflare (una delle CDN più grandi al mondo), ha
lanciato un allarme sul futuro del web durante un'intervista al Council on
Foreign Relations: l'intelligenza artificiale starebbe distruggendo il modello
di business che ha sostenuto il web per oltre 15 anni.
«L'AI cambierà radicalmente il modello di business del web» ha affermato. «Negli
ultimi 15 anni, tutto è stato guidato dalla ricerca online» ma ora le cose
stanno cambiando: se un tempo la ricerca su Google portava traffico ai siti
tramite i famosi «10 link blu», oggi quella stessa ricerca è fatta per tenere
gli utenti sulla piattaforma, fornendo risposte e contenuti tramite la IA.
Dieci anni fa, per ogni due pagine indicizzate, Google rimandava un visitatore
al sito; ora, secondo Prince, servono sei pagine per un solo visitatore, con un
calo del 200% nel valore restituito ai creatori di contenuti.
Leggi l'articolo su ZEUS News
Dal governo Usa, un'altra perla targata Mike Waltz: scoperto l'utilizzo di
un'applicazione di messaggistica "fork" di Signal che, a differenza
dell'originale, memorizza tutte le conversazioni in un archivio "sicuro",
accessibile a... tutto il mondo. A sviluppare questo Signal pezzotto, la
TeleMessage, una ditta israeliana legata all'IDF.
Facciamo una parentesi nel mondo del trasporto pubblico, guardando più nel
dettaglio la notizia relativa all'incremento di produttività: stagnazione della
busta paga e utilizzo dei bonus come strumento per erodere i diritti più
basilari, a partire da malattia e infortuni.
Torniamo all'informatica, con la sezione delle notiziole:
* progetti di software libero cercano di limitare l'impatto negativo dell'invio
di segnalazioni da parte di sistemi basati su LLM
* Meta torna a ricercare l'integrazione, sui suoi occhiali dotati di
telecamere, di sistemi di intelligenza artificiale che vi ricordano come si
chiama la persona che avete davanti
* una ricerca sulle possibilità di persuasione degli LLM viene condotta su
Reddit ignorando le regole della comunità e con discutibile attenzione
all'etica, in nome del bisogno di conoscenza
E non dimenticate: a fine mese c'è Hackmeeting!
Ascolta la puntata sul sto di Radio Onda Rossa
Il 9 maggio 2025, il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, ha annunciato
un accordo storico con Google, che pagherà un maxi risarcimento di 1,375
miliardi di dollari per chiudere due cause legali intentate nel 2022 e
riguardanti gravi violazioni della privacy dei consumatori.
Secondo le accuse, il colosso tecnologico di Mountain View avrebbe violato la
privacy degli utenti texani senza il loro consenso esplicito, e in particolare
avrebbe:
* raccolto dati biometrici, come impronte vocali e geometria facciale,
attraverso servizi come Google Photos e Google Assistant
* tracciato la posizione degli utenti anche quando la funzione di
geolocalizzazione era disattivata
* pubblicizzato in modo ingannevole le funzionalità della modalità “Incognito”
come strumento di navigazione privata, mentre in realtà continuava a
raccogliere dati sulle attività online degli utenti
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