La frontiera politica dello smartphoneL’infrastruttura grazie alla quale miliardi di persone comunicano realizza i due
sogni del potere: sapere chi parla con chi e influenzare le conversazioni
L’arresto in Francia del fondatore di Telegram sta provocando forti reazioni,
anche a livello politico. Come però già in casi precedenti, basti pensare alle
controversie relative a Facebook o a TikTok, le polemiche contingenti rischiano
di oscurare le questioni strutturali di fondo. Si tende a dimenticare, infatti,
che le tecnologie della comunicazione sono sempre state cruciali strumenti di
potere e quindi sono sempre state – e oggi, più che mai, sono – tecnologie
intrinsecamente politiche. Chi comunica con chi, quando, con quale frequenza, di
che cosa e in quali circostanze sono informazioni che il potere – nelle sue
varie forme e articolazioni, sia pubbliche, sia private – ha sempre desiderato
possedere.
Inoltre, il potere ha sempre desiderato controllare il più possibile il flusso
di informazioni che in qualche modo potevano influenzarne l’azione o intaccarne
la legittimità. Due pulsioni, quella di tutto conoscere e quella di tutto
controllare, rese entrambe ancora più intense in periodi di guerra o, comunque,
di tensioni politico-sociali.
Leggi l'articolo di De Martin su "Il Manifesto"